Ora che è stato assolto con formula piena dal Tribunale di Roma per i reati di associazione a delinquere e traffico illecito di rifiuti, il "Supremo" può riprendere a pieno diritto a recitare un ruolo di influenza preminente nella politica romana e laziale sul tema a lui più caro da 60 anni: la "monnezza" della Capitale
Guidonia, Rocca Cencia e non solo: adesso il ‘Supremo’ torna in gioco. Su tutta la linea. Non che fosse mai uscito dalla partita, sia chiaro. Ma ora che “non è più mafioso”, assolto con formula piena dal Tribunale di Roma per i reati di associazione a delinquere e traffico illecito di rifiuti, il 92enne Manlio Cerroni può riprendere a pieno diritto a recitare un ruolo di influenza preminente nella politica romana e laziale sul tema a lui più caro da 60 anni: la “monnezza” della Capitale.
Iniziando dai suoi impianti già pronti all’uso e finora snobbati da Regione Lazio e Comune di Roma per ragioni di opportunità: il tritovagliatore di Rocca Cencia (confinante con il tmb di Ama) e il tmb di Guidonia. Per non parlare delle possibili “soluzioni” che l’imprenditore ha messo sul piatto in questi anni, dall’attivazione del gassificatore di Malagrotta (“perché quelli di Hera vanno bene e i miei no?”) a una possibile discarica di servizio nei pressi di Riano (a nord di Roma). Cosa importa se da 60 anni ha praticamente monopolizzato la gestione e lo smaltimento dei rifiuti di Roma, lavorando a stretto contatto con i politici di tutti gli schieramenti? La vittoria definitiva il Supremo potrebbe ottenerla con l’anno nuovo, quando alla luce delle motivazioni fornite dal giudice sulla sentenza di assoluzione, potrà chiedere di far decadere l’interdittiva antimafia e riprendere pieno possesso del suo gruppo Colari.
GUIDONIA E ROCCA CENCIA PER “SALVARE” ROMA – Il tema è semplice. La città di Roma ha poco meno di 1.000 tonnellate al giorno di rifiuti indifferenziati che non riesce a lavorare e deve conferire in impianti fuori dal Lazio. La società capitolina Ama Spa, infatti, già tratta circa 600 tonnellate al giorno nel suo tmb di Rocca Cencia e, negli ultimi mesi, oltre 500 nell’impianto di Salario, in questo caso con grande sacrificio della popolazione dei quartieri limitrofi asfissiati dal cattivo odore (l’impianto funziona solo al 40%). Altre 1.200 tonnellate al giorno circa vengono smaltite nei due tmb di Malagrotta, di proprietà proprio del Colari. All’appello, mancano circa 700-800 tonnellate giornaliere, ad oggi in gran parte inviate in altre Regioni, come Abruzzo e in Puglia, in seguito ad accordi trimestrali o quadrimestrali. E allora ecco rispuntare l’ipotesi di un quinto tmb, quello di Guidonia, cittadina a 30 km dalla Capitale.
Qui il Colari ha un impianto pronto e finito che attende soltanto l’autorizzazione della Regione Lazio – mai concessa alla luce delle inchieste in corso – fra l’altro “sbloccato” dal precedente Governo, il 22 dicembre 2017. E poco importa se nel mese scorso il pm Alberto Galanti – lo stesso del processo appena vinto da Cerroni – ha aperto una nuova inchiesta ai danni del Supremo sugli sversamenti nella vicina discarica dell’Inviolata. Ma non è tutto. Se i comitati dei cittadini, sostenuti dal centrosinistra, dovessero vincere la loro battaglia e ottenere la chiusura (o comunque del tmb Salario, allora diverrebbe indispensabile anche utilizzare il tritovagliatore di Rocca Cencia, limitrofo al tmb di Ama e sempre di proprietà del Supremo, dove già 52 comuni del Lazio portano la loro immondizia.
LO SPETTRO DELL’INCENERITORE – C’e’ dell’altro. Da 7 anni, Manlio Cerroni propone due soluzioni per “superare Malagrotta” e “rendere autosufficiente la Capitale”. La prima è la riaccensione dell’inceneritore di sua proprietà che si trova proprio nel sito dove sorgeva la discarica più grande d’Europa, con un progetto di revamping mai autorizzato dalla Regione Lazio. La seconda, è la realizzazione di una “discarica di servizio” nei pressi del comune di Riano – circa 20 km a nord di Roma – sulla quale nel 2011 era stato già trovato un accordo fra l’allora presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti, e quelli che all’epoca erano governatore del Lazio e sindaco della Capitale, ovvero Renata Polverini e Gianni Alemanno. Ipotesi un po’ più difficili, queste ultime, perché la tecnologia nel settore va avanti spedita e proprio la Giunta regionale guidata da Zingaretti nei giorni scorsi ha approvato una delibera dove autorizza la società regionale Lazio Ambiente Spa – alla cui guida dovrebbe arrivare nei prossimi giorni l’ex ad di Ama, Daniele Fortini – a realizzare a Colleferro l’ancora misterioso impianto iper-moderno (e “iper-ecologico”) concordato con il ministro Sergio Costa. Il nuovo impianto, tuttavia, non sarà operativo prima del 2022.
LE TARIFFE E LE INCHIESTE – Le valutazioni tali da influenzare le scelte degli amministratori, di qui a breve, saranno essenzialmente di due tipi, ovvero di natura contabile e giudiziaria. Sul fronte economico, Cerroni potrebbe avere un altro coltello dalla parte del manico. Oggi come oggi, i rifiuti indifferenziati in città vagano come trottole da nord a sud del Paese, dalla Puglia al Veneto, e fino a pochi mesi fa arrivavano anche in Austria. Nelle scorse settimane, è andata deserta la maxi-gara di Ama da 188 milioni che avrebbe consentito a soggetti privati esterni – l’emiliana Hera, ma non solo – di accaparrarsi il trasporto e il conferimento dell’immondizia romana. Un prezzo valutato dal mercato come ancora troppo basso. Alla gara non ha potuto (e voluto) partecipare Colari, che per motivi strettamente geografici non avrebbe avuto rivali, sebbene ad oggi debba servirsi degli inceneritori portoghesi per sopperire all’assenza di impianti di smaltimento funzionanti.
Sul fronte giudiziario, invece, ci sono le due inchieste aperte dal pm Galanti, una sulla discarica dell’Inviolata e l’altra sul percolato di Malagrotta con conseguenze devastanti per l’ambiente circostante la discarica” destinate ad “aumentare esponenzialmente” con “il permanere di questa situazione di illegittimità. E allora ecco pronta la contromossa: una volta ottenuta la revoca dell’interdittiva antimafia, Cerroni potrebbe nominare amministratore delegato del suo gruppo Luigi Palumbo, il commissario indicato dal Tribunale che fin qui ha tenuto in piedi la “baracca”. Se quest’ultima operazione andasse in porto, come farebbero Zingaretti e Raggi (o chi per loro) a rifiutare il dialogo?