Il governatore del Piemonte, Sergio Chiamparino, ha affermato in aula consiliare che vorrà far sentire tramite un referendum la volontà del Piemonte, qualora il governo prima ed il parlamento poi, decidessero di bloccare la Tav Torino-Lione. È singolare, ma comprensibile, conoscendo i nostri governanti (da quando è nata la repubblica), che usino l’arma del referendum quando gli fa comodo o quando per lo meno pensano che gli possa fare comodo, in previsione del risultato che otterrebbero.
Quando il popolo della Valsusa chiedeva che si indicesse un referendum consultivo sull’opera, il governo piemontese ha sempre fatto orecchie da mercante, temendo evidentemente una débacle. Ora che teme invece che l’opera possa essere stoppata, si ricorda, guada caso, che esiste lo strumento della democrazia diretta. Lo ricorda giustamente in una intervista la consigliera regionale Francesca Frediani.
Ma, a proposito di referendum, vorrei ricordare a Chiamparino che quando il popolo piemontese ha richiesto che si celebrasse il referendum contro la caccia, le varie giunte succedutesi nel tempo, dal 1987 in poi, hanno escogitato tutti i modi perché non si celebrasse, prima modificando ad arte la legge regionale, poi addirittura abolendola. E non mi si venga a dire che il Pd è estraneo a queste manovre, visto che nei venticinque anni di battaglia, c’è anche stato anche un governo sedicente di sinistra, con Mercedes Bresso. E oggi che una nuova legge regionale sulla caccia c’è, quella legge non accoglie le istanze dell’allora comitato referendario.
Questo senza contare le enne volte che invece a livello nazionale i nostri governanti si sono guardati bene di collegare le consultazioni referendarie con le elezioni, sperando che non si raggiungesse il quorum, oppure hanno addirittura invitato all’astensione, come accaduto nel 2016 con il referendum sulle trivelle. Gradirei un minimo di coerenza da parte loro. Che si celebri un preventivo referendum consultivo quando si vuole realizzare una grande opera inutile, e che si lasci esprimere ai cittadini la propria legittima opinione quando si sono raccolte le firme necessarie per la celebrazione di uno abrogativo.