Vivo da sempre nelle sabbie mobili di me stesso, il cinema è movimento, è la forza cinetica che mi permette di uscire da queste sabbie mobili immaginarie. Truffaut, Welles, Hitchcock, Renoir, Rossellini, Antonioni, Fellini, Dreyer, Kubrick li considero tutti miei colleghi, senza complessi di inferiorità. Questo è matto, alcuni diranno. Lo ammetto: sono matto. Sentirmi inferiore a qualcuno è qualcosa che i miei genitori non mi hanno trasmesso.

Naturalmente non mi sento superiore nemmeno al videomaker della domenica. Credo che la cosa fondamentale sia questa: seguire la propria verità, la propria vocazione. La mia vocazione è quella di raccontare la mia vita e quella degli altri, e lo faccio con verità. Non esiste una verità inferiore a un’altra. Se sei sincero sei valido, se hai uno stile da applicare alla tua sincerità sei un autore. Un autore come un altro. Ovviamente la differenza ricade sull’importanza storica, nella storia del cinema io sono un emerito nulla, Ricky Farina non pervenuto, ma questo non significa che non ci sia bellezza e valore in quello che faccio. Non conto nulla dal punto di vista economico e non conto nulla nella storia del cinema, ed è questa la mia forza.

Alcuni diranno: questo è veramente matto. Lo ammetto: sono veramente matto. Oggi non voglio parlarvi dei miei colleghi più famosi, quelli hanno già fiumi di inchiostro e rischierei di annegarci dentro. Voglio parlarvi dei Logo, un collettivo creativo, e del mio collega Federico Tinelli. Con i Logo ho montato i miei primi film, era bellissimo andare a trovarli nel loro spazio, mi sembrava di salire sul Millennium Falcon di Ian Solo, un’astronave scalcagnata ma capace di fare il salto nell’iperspazio. Ci univa la mancanza di soldi e l’urgenza espressiva di raccontare la realtà che ci circonda. Avevano anche un tavolo da ping pong, quante partite abbiamo fatto tra una sessione di montaggio e l’altra! Nel loro palazzo una volta ho pure incontrato Diego Abatantuono, gli ho tenuto aperto il portone, lui mi ha detto “grazie” e si è incamminato verso la sua vita e la sua carriera.

Noi non facciamo film con Diego Abatantuono, facciamo film con i passanti, con i barboni, con gli amici, con gli attori che per sopravvivere prestano la loro voce ai cattivi della PlayStation. I Logo ormai si sono sciolti per motivi economici: l’affitto dello spazio e le bollette. Francesco Villa e Claudio Cecconi erano i componenti principali del collettivo creativo, due ragazzi di estremo talento, ma senza un minimo di talento per fare soldi, come il sottoscritto. Francesco era anche bravo a ping pong, ma lo battevo quasi sempre. Federico Tinelli l’ho incontrato dai Logo, lui è uno leggermente più sgamato, riesce a frequentare anche dei produttori, ma poi nei suoi film li denuda, li mette in mutande nel vero senso della parola, e i produttori si fanno riprendere in mutande, mostrando un senso dell’umorismo non da poco.

Nei film di Federico le parole hanno lo stesso peso delle immagini, sono film “ombelicali”, ma Federico ha un ombelico bellissimo, quindi perché non mostrarlo? Nel suo ultimo film mette in scena se stesso attraverso il suo cellulare, facendo di WhatsApp un’applicazione visionaria, un vero e proprio attacco a ogni forma di conformismo, iniziando dallo stravolgimento iconografico delle emoticon. Vi lascio con due link, uno al film di Federico che verrà proiettato a Milano il 15 novembre (nel link trovate i dettagli) e poi vi lascio un link di un lavoro dei miei amati Logo, per farvi capire il loro spirito. Nel mio piccolo cerco di sostenerli, usando questo blog, e mi sembra giusto: noi registi “marginali” dobbiamo aiutarci, ai margini ci sono sempre le emozioni più interessanti, le sorprese, gli atti creativi più liberi: quelli che devono rispondere solo alla propria coscienza di autori e non rispondere a un produttore, per quanto ironico e in mutande. Buona fortuna amici miei. La nostra ricompensa è la libertà.

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