La commissione nazionale Via del ministero dell'Ambiente blocca il progetto della Cmi Energia che da anni vorrebbe avviare la sua attività nel lago di Bomba. Tra le altre motivazioni anche i pericoli che riguardano la tenuta di una diga in caso di sisma
Una documentazione carente sotto diversi aspetti e rischi concreti legati alla sicurezza, compresi quelli che riguardano la tenuta della diga in caso di terremoto. Ma anche eventuali frane. Sono queste le principali motivazioni che hanno spinto la commissione nazionale per le valutazioni di impatto ambientale del ministero dell’Ambiente a esprimere parere negativo sul progetto di estrazione di gas a Bomba, 790 anime tra le colline della Val di Sangro, nella provincia abruzzese di Chieti. Un intero paese che da anni cerca con tutte le sue forze di tenere alla larga i petrolieri dal giacimento di gas che si trova sotto un lago artificiale. Tra le motivazioni che sostengono il no al progetto anche il fatto che per la prima volta viene riconosciuto un possibile collegamento tra sismicità e attività estrattiva.
Il progetto su cui la commissione ha espresso parere negativo è quello presentato dalla Cmi Energia spa, acquisita nel 2015 dalla canadese Avanti Energy. Ma prima la Cmi altro non era che la filiale italiana della Forest Oil Corporation di Denver, ossia la Forest Oil Cmi che a Bomba aveva già provato a portare avanti un altro progetto bocciato a maggio 2015 dal Consiglio di Stato. Sembrava una guerra vinta per Bomba, che invece continua a combattere. A ragione, secondo la Commissione Via, che ha tenuto conto – in buona parte – delle perplessità già espresse dell’Ispra, l’istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale. Diversi esperti negli anni hanno sottolineato come la sponda del lago sia franosa, ricordando quella del Monte Toc del Vajont. Un’analogia che fa paura. Ed è per questo che a Bomba ci si augura che questo parere porti alla definitiva bocciatura del progetto.
Nell’esprimere il suo parere negativo sul progetto la Commissione ministeriale ha, tra l’altro, tenuto in considerazioni le perplessità manifestate dall’Ispra in un documento ufficiale, nel quale vengono sollevate 25 criticità. Dalla subsidenza alla sismicità (anche innescata), fino agli effetti sulla stabilità della diga e alle emissioni in atmosfera. L’organismo del ministero ha ritenuto che su 25 criticità, 18 siano relative a rischi concreti e persistenti. In alcuni casi sono stati sollevati problemi per quanto riguarda la documentazione presentata. È la prima volta che si riconosce da parte del Via nazionale la possibile relazione fra sismicità e attività estrattiva. “Anche a fronte della esplicita richiesta di approfondimento sulle interferenze derivanti dalle attività di estrazione in termini di sismicità innescata – scriveva l’Ispra – il proponente non ha fornito analisi sui possibili effetti derivanti da dette attività in progetto, tenuto conto della prossimità dei pozzi alla struttura sismogenetica composita ritenuta responsabile dell’evento sismico del 1706 di magnitudo 6,8”. Il tema è stato anche oggetto di una delle osservazioni che erano state depositate nel 2016 dalla Stazione ornitologica abruzzese. “Anche la Commissione – evidenzia la Soa in una nota – ha rilevato i rischi derivanti dalla presenza, proprio nella zona del giacimento, della sorgente sismogenetica ‘Deep Abruzzo citeriore basal thrust’ e ha giudicato rischioso per la stabilità della diga di Bomba il possibile innesco di questa sorgente con conseguente sisma di grande magnitudo”.
L’istanza di concessione di idrocarburi liquidi e gassosi “Colle Santo” era stata presentata dalla Forest Cmi a febbraio 2009 per portare avanti l’attività estrattiva iniziata da Eni venti anni prima, con la trivellazione di tre pozzi. Il progetto prevedeva cinque nuovi pozzi e la costruzione di una centrale di desolforazione e raffinazione, in un territorio geologicamente instabile, in una zona sismica e franosa e non lontano dalla diga costruita negli anni Cinquanta che contiene 70 milioni di metri cubi d’acqua. I residenti, però, non si sono mai arresi e hanno lottato, uniti nel “Comitato Gestione Partecipata del Territorio”. Una pronuncia del Consiglio di Stato ha dato ragione al Comitato Via della Regione Abruzzo che aveva respinto il progetto e, dopo oltre 5 anni di battaglie, sembrava aver messo la parola fine a questa storia, costata ai petrolieri del Colorado una perdita di 35 milioni di dollari.
Invece la storia non era affatto finita. La Forest Oil, a causa dei debiti, delle multe ambientali e anche in seguito all’affaire Bomba, è stata costretta a cessare le proprie attività nel 2014 ed è stata venduta alla texana Sabine Oil and Gas, andata a sua volta in bancarotta nel 2015. La Forest Oil Cmi, invece, è stata venduta alla Dove Energy di Dubai e, nel 2015, con il nome di Cmi, è stata acquistata dalla canadese Avanti Energy. Quest’ultima fondata nel 2013 da John Mc Intyre, ex vicepresidente della Forest Oil. E, allora, cosa ha fatto la nuova Cmi Energia SpA? Nel 2015 ha riproposto il progetto, ampliandolo fino ad arrivare a coinvolgere 11 Comuni della Val di Sangro: Perano, Roccascalegna, Atessa, Pennadomo, Torricella Peligna, Colledimezzo, Altino, Villa Santa Maria, Archi, Bomba e Paglieta. Il procedimento è stato avviato, a giugno 2016, grazie al decreto Sblocca Italia di Matteo Renzi. Ora, però, ha subito un nuovo stop, forse definitivo.
Soddisfatta la deputata Patrizia Terzoni, M5s, vicepresidente della commissione Ambiente alla Camera che sulla vicenda ha presentato diverse interrogazioni. “Da anni – sottolinea – sulle migliori riviste scientifiche al mondo escono ricerche che pongono questo problema che nel nostro Paese assume un’enorme valenza in considerazione della sismicità naturale e delle numerose sorgenti sismogenetiche presenti sul territorio”. Terzoni ricorda tra l’altro come il progetto dei petrolieri canadesi riguardi “un’area fortemente sismica dell’Abruzzo con tanto di diga che poteva essere destabilizzata”. E, proprio riguardo alla diga, è Tommaso Giambuzzi del movimento Nuovo Senso Civico a chiarire che “la sismicità della zona di Bomba è sostanzialmente dovuta a una faglia” studiata già da tempo e su cui insiste la diga di Bomba. In pratica la diga si trova proprio sopra la faglia e questo, spiega Giambuzzi, “pone anche un altro problema che è quello della sua manutenzione”.