Il ministro della Giustizia, appena domenica pomeriggio, aveva definito la legge sul conflitto d’interessi una priorità del governo. Ma per Matteo Salvini non è in calendario, almeno per il momento. E il leader del Carroccio frena sulla rapidità con cui l’esecutivo Lega-M5s si occuperà (o meno) di uno dei temi più cari al Movimento, provocandone la reazione immediata. “La legge sul conflitto di interessi è nel contratto di governo, per noi è una battaglia fondamentale e si farà. Su questo c’è l’impegno del MoVimento da sempre. Ci occuperemo anche di conflitto di interessi in editoria per avere finalmente stampa libera e pluralismo in Italia”, scrive su twitter il Guardasigilli Alfonso Bonafede, ribadendo quanto affermato durante In Mezz’ora su Rai Tre.
“Per me non è una priorità“, aveva tagliato corto Salvini con una smorfia. “La mia priorità è incontrare domattina il rappresentante degli arbitri dopo le violenze subite nel week end”.
Il Guardasigilli, domenica pomeriggio, aveva spiegato che da parte del governo – o almeno dei Cinque Stelle – c’è tutta l’intenzione di andare avanti su un provvedimento-bandiera: “Sicuramente ci sarà una legge sul conflitto di interessi, è una nostra priorità”, diceva sottolineando che una parte della norma riguarderà l’editoria, tema caldo dopo l’assoluzione di Virginia Raggi. “Abbiamo sempre detto che la stampa deve essere libera”, ripete oggi Bonafede. “E per questo servirebbe una legge sul conflitto d’interesse che riguarda anche gli editori, affinché non ci sia dietro ai giornali un editore che abbia un conflitto di interessi e abbia interesse a orientare l’informazione in un senso rispetto che a un altro, affinché che la narrazione non sia condizionata“.
Il tema è entrato nel contratto di governo tra M5s e Lega, ma finora non era stato trattato per dare la precedenza ad altre misure come “anticorruzione e reddito di cittadinanza”, aveva aggiunto Bonafede. Adesso i Cinque Stelle, almeno per bocca del ministro della Giustizia, vorrebbero riportarlo al centro del dibattito interno alla maggioranza. L’altolà di Salvini è arrivato in sei parole.