E’ iniziata la Conferenza sulla Libia organizzata dal governo gialloverde a Palermo. Khalifa Haftar è arrivato a Villa Igiea dove è stato accolto dal premier Giuseppe Conte. Atteso per tutto il giorno, tra dubbi sul suo arrivo, il capo dell’Esercito nazionale libico che fa capo alle autorità di Tobruk, si è finalmente materializzato nella sede del summit intorno alle 20.30. Dopo un lungo scambio con il presidente del Consiglio, a favore di telecamere, il generale ha lasciato la sede della Conferenza, non partecipando alla cena delle delegazioni. Secondo fonti del governo, Haftar tornerà più tardi per il bilaterale con il capo del governo italiano previsto alle 23.
Nel pomeriggio Conte ha incontrato in un bilaterale il rappresentante speciale Onu per la Libia Ghassan Salamè. Tra i protagonisti attesi del summit anche gli altri due attori di primo piano dello scacchiere libico: il presidente del parlamento di Tobruk, Aguila Saleh, e il capo dell’Alto Consiglio di Stato di Tripoli, Khaled Al Mishri. Così come il vicepremier di Sarraj, Ahmed Maitig, in rappresentanza delle potenti milizie di Misurata. A Villa Igiea sono presenti tra gli altri Ahmed Ouyahia, premier dell’Algeria, Andrej Babis, premier della Repubblica Ceca, Abdel Fatah Al Sisi, presidente dell’Egitto, Alexis Tsipras, premier delle Grecia, Joseph Muscat, premier di Malta, Mahamadou Issoufou, presidente del Niger, Dmitry Medvedev, premier della Russia, Alain Berset, presidente della Confederazione Svizzera, Beji Caid Essebsi, presidente della Tunisia e Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo.
Il premier ha accolto i rappresentanti delle 38 delegazioni presenti poco dopo le 19 e si è intrattenuto a lungo con David Satterfield, l’assistente del segretario di Stato Usa per il Medioriente. L’obiettivo del summit è rilanciare e concretizzare il piano messo a punto dalle Nazioni Unite per superare lo stallo politico e preparare il futuro del Paese. Il programma, che Salamè ha presentato al Consiglio di Sicurezza quattro giorni fa e che funge da base di discussione della Conferenza, si basa su tre pilastri: un progetto per la sicurezza di Tripoli, riforme economiche per lo sviluppo della Libia e una road map per il cammino istituzionale del Paese.
L’attesa era tutta per Haftar, comandante dell’Esercito nazionale libico e avversario di Fayez Al Sarraj, capo del governo patrocinato dall’Italia e dall’Onu con sede a Tripoli. Nuovo tentativo per lanciare un processo elettorale e politico mirato a rimettere la Libia in carreggiata, il summit segue quello di Parigi del maggio scorso, che aveva portato Sarraj e Haftar a un accordo per elezioni nazionali da tenersi il 10 dicembre, ipotesi che aveva incontrato lo scetticismo di Italia e Stati Uniti e così poco realistica che l’Onu, incaricata di trovare una soluzione per la stabilizzazione del Paese, ha annunciato giovedì che il processo che porterà il Paese al voto comincerà soltanto nella primavera del 2019.
Secondo indiscrezioni circolate nel pomeriggio, l’uomo forte della Cirenaica era atteso a Palermo per partecipare ad un mini-summit a margine dell’evento con il presidente egiziano Al Sisi, i presidenti di Tunisia, Ciad, Niger, il premier russo Medvedev e a Giuseppe Conte. Il vertice sarebbe stato organizzato per convincere il generale a essere a Palermo, con l’obiettivo anche di garantire la sua presenza alla sessione plenaria di domani. Uno scenario, questo, smentito soltanto in serata da fonti di Palazzo Chigi.
Fonti dell’autoproclamato Esercito nazionale libico comandato dal generale hanno riferito che Haftar ha trascorso la giornata di oggi nel suo ufficio a Bengasi e “non ha discusso della conferenza di Palermo” con i suoi interlocutori. Nel tardo pomeriggio, poi, Ali Saidi, deputato della Camera dei rappresentanti di Tobruk, numero due nella delegazione nel capoluogo siciliano guidata dal presidente Aguila Saleh, molto vicino ad Haftar, ha detto a Libya 24 che “non c’è utilità a restare alla Conferenza di Palermo, non voglio essere falso testimone del mio Paese”. Saidi ha spiegato di aver deciso di andare via dopo “aver scoperto i veri fini della Conferenza”, da lui definita “una sceneggiata“.
Una giornata fitta di colloqui per Salamé, secondo “padrone di casa” in Sicilia per il ruolo avuto con l’Italia nella formazione del governo Sarraj. In mattinata l’inviato Onu e la sua vice, l’americana Stephanie Williams, hanno incontrato il presidente dell’Alto consiglio di stato di Tripoli, Khaled al-Meshri, prima dell’apertura dei lavori della conferenza. Al centro del colloquio, riferisce via Twitter la Missione Onu in Libia (Unsmil), “i prossimi passi per l’attuazione del Piano d’Azione Onu, comprese le riforme economiche, la Conferenza nazionale (Al-Multaqa Al-Watani) e le elezioni”. Nel primo pomeriggio Salamè ha incontrato il ministro degli Esteri del Governo di concordia nazionale libico Mohamed Taher Siala e l’omologo tunisino Khemaies Jhinaoui. Qualche ora più tardi l’inviato Onu ha avuto un faccia a faccia anche con il capo del Consiglio presidenziale libico Fayez Al Sarraj e con Saleh.
Sembrano invece irrigidirsi rapporti tra l’Onu e le autorità orientali. Secondo The Address, considerato vicino al generale Haftar, ci sarebbe malcontento tra i deputati della Camera dei Rappresentanti di Tobruk dopo il briefing al Consiglio di Sicurezza dell’Onu in cui giovedì Salamè ha denunciato mancanza di responsabilità da parte della Camera dei Rappresentanti e non ha risparmiato critiche anche per l’Alto consiglio di Stato di Tripoli, insistendo sulla necessità di una Conferenza nazionale “da tenere nelle prime settimane del 2019” per spianare la strada al processo elettorale da avviare in primavera.
Proprio nel giorno dell’apertura dei lavori della conferenza di Palermo il portale scrive di una dichiarazione sottoscritta da 40 deputati che accusano Salamé di mancanza di imparzialità. I parlamentari, aggiunge The Address, contestano Salamé per “aver cercato di stravolgere l’autorità legislativa e ignorare il ruolo dei membri della Camera dei Rappresentanti, unica autorità legittima eletta dal popolo libico, nonostante il loro impegno per tirare fuori il Paese dalla crisi”.