La proposta di legge sull’abbattimento delle liste di attesa per le visite mediche che porta la firma del consigliere del Partito democratico Fabiano Amati arriverà in consiglio regionale della Puglia martedì 13 novembre. Una strada lunga, quella percorsa dal Dl di Amati, che da gennaio scorso attende di essere approvata tra singhiozzi e rinvii. Una legge che non piace a un gran pezzo della maggioranza, prima fra tutti al governatore Michele Emiliano.

Il disegno normativo – firmato anche dai consiglieri Napoleone Cera, Enzo Colonna e Ruggiero Mennea – è rivolto a favorire la riduzione dei tempi di attesa delle relative liste attraverso un articolato sistema che preveda l’incremento delle prestazioni del servizio pubblico attraverso, se necessario, il contenimento di quelle libero-professionali con la temporanea sospensione di queste ultime nel caso di ritardo superiore a 5 giorni delle prestazioni istituzionali rispetto a quelle libero-professionali. Sospensione destinata a cessare nel momento dell’allineamento temporale delle due forme di servizio.

Amati precisa che si tratta solo di far applicare una normativa già esistente nel panorama nazionale e che non si applica. “La legge italiana – spiega – non consente che i tempi d’attesa dell’attività istituzionale non siano allineati a quelli per l’attività a pagamento”. Secondo il consigliere dem, i dati pugliesi evidenziano una notevole differenza nei tempi d’attesa per prestazioni istituzionali e a pagamento, a parità di prestazioni, personale ed ore di lavoro.

“Studiando ed esaminando i rimedi alle lunghe liste d’attesa in sanità – aggiunge ancora il consigliere – è emerso che l’attività libero-professionale è svolta in passivo in quasi tutte le aziende sanitarie pugliesi. Ciò smentisce una delle critiche più ricorrenti alla proposta di legge, e cioè che l’attività a pagamento comporta un guadagno per il sistema ospedaliero pugliese”. “A questo punto – conclude – non è possibile non intervenire con un rimedio meramente attuativo. E non è possibile che molte Asl non pubblichino in Rete nemmeno i dati obbligatori sulle attività a pagamento“.

Questa legge – però – non convince buona parte dei medici pugliesi. E non convince neanche tutta la maggioranza, con Emiliano in prima fila. Nei giorni scorsi i capigruppo hanno ricevuto un messaggio chiaro su una chat condivisa. Un invito a votare – e a far votare – contro la proposta: “C’è ampia contrarietà nella maggioranza e netta contrarietà del presidente e della giunta. Ho tentato in tutti i modi con Fabiano (Amati, ndr) un approccio mirante alla modifica del testo. Non ne vuole sapere”. E ancora: “L’ordine dei medici e tutti i sindacati medici sono in subbuglio perché il Dl danneggerebbe la categoria senza risolvere il problema, anzi aggravandolo. Pertanto vi chiedo cortesemente – pur nel rispetto delle vostre opinioni – di orientare i gruppi che presiedete, per quanto possibile, ad esprimere voto contrario. È sufficiente non approvare l’Art 1 e ci si ferma lì”.

Maggioranza contro maggioranza, quindi, e non è la prima volta che succede in viale Capruzzi. Che i rapporti fra il consigliere e il governatore non siano mai stati propriamente idilliaci, è cosa nota. “Abbiamo un approccio diverso alla politica”, spiega Amati. “Le nostre, però, sono solo battaglie di idee, non c’è nulla di personale”, precisa l’ex assessore regionale alle Opere Pubbliche. “Ho provato a fargli comprendere che sbaglia e ho provato a fargli cambiare idea – aggiunge – La nostra proposta di legge non colpevolizza i medici ma li rende protagonisti della missione di ridurle. Così come chiedono i cittadini e come prescrive la legge, il contratto dei medici e pure il nostro ottimo regolamento”.

L’attività a pagamento “non è una sorta di libera professione dentro l’ospedale o un aiuto fuori dall’orario di lavoro che i medici danno per abbattere le liste d’attesa”, insiste Amati. Quanto, piuttosto, “una possibilità offerta ai pazienti di scegliersi il medico, diventata però un rimedio per scalare le lunghe per le visite istituzionali“.

Non resta quindi che aspettare il verdetto del Consiglio regionale con una maggioranza che anche stavolta rischia di traballare. E se la legge non dovesse passare, maggioranza spaccata? “Assolutamente no. Io non credo – conclude Amati – nelle battaglie di potere. Se la legge non passerà, mi limiterò a chiederò che vengano attuati i procedimenti disciplinari, come recita la normativa nazionale”.

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