Giovanni Belfiore nel 2016 morì di mesotelioma, una grave patologia polmonare, contratta per l’amianto respirato al lavoro. Ma l’Inail ha ripetutamente negato il riconoscimento della malattia professionale, e con esso gli indennizzi agli eredi. Fino ad oggi. Quando, a pochi giorni dall’interessamento del fattoquotidiano.it alla vicenda, la pratica si è sbloccata e la famiglia è stata contattata dall’istituto: avrà ciò che le spetta. “Non bisognerebbe arrivare a questo: se non avessi contattato i giornali, sono convinta che non sarebbe successo”, commenta al fatto.it Ilenia Belfiore, 37 anni, figlia di Giovanni.
Montaggio, smontaggio, lavaggio di pezzi di treno, in un impianto con amianto
Montava e smontava molle, telai, carrelli. Li lavava, si occupava del taglio, della foratura: così per 20 anni, dal 1973 al 1993, quando andò in pensione, all’Officina Grandi Riparazioni di Messina Giovanni lavorò, come dipendente di Ferrovie dello Stato, con le varie parti dei treni, in un impianto in cui, lo ha certificato la stessa Rete ferroviaria italiana, si lavorava anche l’amianto. E in un periodo in cui le stesse parti dei treni erano spesso fatte con l’amianto, con conseguenze gravi sia per gli operai della manutenzione, che per il personale e per gli stessi viaggiatori.
Un male alla spalla e poi la diagnosi di tumore
Nel 2015, quando Giovanni è in pensione e si gode i nipotini, un dolore alla spalla lo costringe a fare una radiografia, cui segue un ricovero per accertamenti. “Dalla radio alla tac, poi le varie biopsie. La diagnosi non è semplice, arriva tardi, addirittura dopo la morte”, racconta a ilfattoquotidiano.it la figlia Ilenia, 37 anni. Se infatti Giovanni viene trattato fin da subito, ma senza successo, per un tumore polmonare con metastasi ai linfonodi e alle ossa, è solo nove mesi dopo la diagnosi iniziale, che viene fatta una tipizzazione molecolare del tumore, che permette di stringere il cerchio su tre diversi tipi di cancro al polmone, tra cui il mesotelioma. Giovanni muore nel febbraio 2016. A giugno, cioè quattro mesi dopo, dall’Anatomia Patologica e Citologia Diagnostica dell’Ospedale civile di Catania arriva la conferma: Giovanni aveva un mesotelioma maligno, una malattia legata all’amianto e con una latenza lunghissima, che “può raggiungere e superare i 40 anni dall’inizio dell’esposizione”, scrive il medico legale Vincenzo Trusiani, perito di parte della famiglia, nel suo rapporto.
Il nesso con l’amianto respirato al lavoro, per Trusiani, è indubbio, non solo perché la stessa azienda aveva ammesso la presenza di quel materiale nell’impianto. “Ben nota in letteratura medica di medicina del lavoro, è la presenza presso tutte le strutture dei carrelli ferroviari in uso ai tempi, ed in particolar modo nell’impianto frenante e di ammortizzamento ed in quello di coibentazione, dei materiali contenenti fibre di amianto”, aggiunge il medico legale nella sua relazione.
La battaglia contro l’Inail per il riconoscimento della malattia professionale
Ma l’Inail non gli ha mai riconosciuto la malattia professionale, lasciando gli eredi senza pensione. Una decisione contro cui la moglie e i figli di Giovanni si sono opposti, ma che la sede Inail di Messina ha confermato nuovamente ad agosto, giustificando la scelta così: “Sotto il profilo sanitario, si ritiene che non siano state presentate motivazioni tali da giustificare la modifica del giudizio precedentemente espresso”.
Fino ad oggi, quando, alcuni giorni dopo l’interessamento del fattoquotidiano.it, la famiglia di Giovanni ha ricevuto la notizia che la loro richiesta è stata accolta. “Siamo stati contattati da Inail. Ci hanno detto che rivalutando attentamente i documenti hanno accettato la nostra richiesta. Si sono scusati. Ma non bisognerebbe arrivare a questo. Ci sentiamo traditi da chi dovrebbe tutelarci, cioè i datori di lavoro e l’Inail. Se non mi fossi rivolta ai giornali, sento che non ci sarebbe assolutamente stato questo inaspettato esito, ne sono fermamente convinta”, dice al fatto.it Ilenia Belfiore. Ma per Inail le cose sono ben diverse: i giornali non c’entrano niente.
Non è una cosa nuova per l’avvocato Ezio Bonanni, presidente di Ona onlus, Osservatorio Nazionale sull’Amianto. “Per almeno il 50% delle malattie tabellate nella lista 1 (quella che elenca le malattie correlate all’asbesto, ndr) l’Inail non riconosce il danno. Ed è necessario fare causa. Come Osservatorio Nazionale Amianto abbiamo un dipartimento specifico di assistenza gratuita per coloro che non ottengono il riconoscimento”, fa sapere il legale al fatto.it.