Secondo Luca Bottura (Repubblica, 12 novembre), il Fatto non è un giornale serio perché usa due pesi e due misure: se “viene assolto” Tiziano Renzi – leggiamo – ha torto lo stesso perché lo ha scritto il Fatto, se viene assolta Virginia Raggi hanno torto i giornali che la condannavano. Sembra una tesi logica ma è un sofisma: tratta in modo uguale fatti diversi. Senza evidenziare le imprecisioni di Bottura, “il nostro giurista per caso” (il Fatto, 13 novembre), la sua logica è debole per i motivi che seguono:
1. Non si può dare sempre ragione alla magistratura (talvolta sbaglia). Non si può dare sempre torto alla magistratura (spesso ha ragione).
2. L’esercizio critico del giornalista sta nel distinguere: quella cosa brutta che Bottura vorrebbe abolire perché se accettiamo il verdetto sulla Raggi dobbiamo, così pensa, prendere per buono (anche) il verdetto su Renzi senior.
3. Le cose ovviamente non stanno così: i due casi hanno importanza e peso (per la natura dei reati) molto diversi. Basta leggere le intercettazioni di Tiziano Renzi (e le dure parole di Matteo) per cogliere la verità sull’affaire Consip.
4. Vi sono reati e reati. E circostanze, contesti, indizi e intercettazioni che lasciano – nel caso Renzi – forti perplessità. Nel caso Raggi si è solo sgonfiata una montatura giornalistica.
5. Repubblica ha esagerato con la sindaca di Roma e, con l’assoluzione, non ha più argomenti: il caso è chiuso. Il Fatto ha denunciato/documentato le gravi irregolarità di Tiziano Renzi e sul tema ha molto da dire: il caso è politicamente aperto.
6. Bottura è rimandato a una lettura più attenta di Aristotele: se la premessa è falsa (i casi Raggi e Renzi sono uguali) il ragionamento non produce conclusioni vere.