“Ho perso il mio quaderno, quello del corso d’italiano. E ora come faccio?!”. E’ disperato Sabir. Questa mattina, nella concitazione, ha lasciato tutto nella tenda su cui è passata inesorabile la ruspa delle forze dell’ordine che hanno sgomberato il presidio di Baobab Experience, dietro la Stazione Tiburtina. Soprattutto il prezioso quaderno della grammatica italiana, corso che frequentava da meno di due mesi e sul quale stava puntando tutto per provare a integrarsi nel nostro Paese dopo essere stato rinviato dalla Germania. Lui, insieme a un altro centinaio di persone, per lo più provenienti dal Corno d’Africa e dall’area subsahariana, passeranno questa notte in strada, “sempre nei pressi dello snodo ferroviario”, come confermato a ilfattoquotidiano.it dai volontari dell’associazione. Proprio loro, gli attivisti, speravano di avere anche qualche giorno a disposizione per organizzare l’uscita dal campo dopo il Comitato per l’Ordine e la Sicurezza che martedì ha disposto lo sgombero richiesto a gran voce da Rete Ferroviaria Italiana. E invece, questa mattina 135 persone sono state portate presso l’Ufficio Immigrazione della Questura di Roma per l’identificazione ma, a quanto risulta, per il momento non sono stati presi provvedimenti di espulsione o inflitti daspo.
LA GUERRA DEI NUMERI – Poteva essere uno sgombero “dolce”, invece ci sono stati anche momenti di tensione. Soprattutto decine di persone chiamate a dormire per strada. La scorsa settimana, i responsabili di Baobab e quelli del Dipartimento Servizi Sociali del Comune di Roma si sono incontrati per provare a prevenire gli effetti dell’azione prefettizia. Ma, alla luce degli avvenimenti, il raccordo non è stato ottimale. Dentro l’accampamento, infatti, c’erano “più di 200 persone” ma dal censimento interno Baobab aveva stilato una lista di 188 persone disponibili a farsi ricollocare nel circuito d’accoglienza del Campidoglio. In realtà, fra la scorsa settimana e questa mattina i servizi sociali capitolini sono riusciti a prendere in carico soltanto 75 migranti. La Sala Operativa Sociale oggi si è quindi spostata in via Patini, all’esterno dell’ufficio di Polizia, dove via via il personale di Roma Capitale sta cercando di “piazzare” più migranti possibile. “Sono stati effettuati 70 colloqui e di questi 33 hanno accettato l’accoglienza – spiegano dal Comune – mentre 69 sono in attesa. Sono 10 le persone che si sono allontanate autonomamente. Le 33 persone accolte oggi si aggiungono alle 75 accolte la scorsa settimana, per un totale di 108”. E ancora: “C’e’ posto per tutti – ripetono dal Campidoglio – se la scorsa settimana avessero risposto tutti affermativamente, oggi lo sgombero si sarebbe potuto fare ad accampamento vuoto”. Versione che non coincide con quanto raccontato dai volontari: “Stanno faticando a piazzare le persone”, dicono. “Conoscevano la lista, ora costringeranno questi ragazzi a dormire in strada”. Andrea Costa però assicura: “Non lasceremo queste persone da sole, troveremo un punto dove non daremo fastidio al quartiere e aspetteremo il prossimo sgombero, ormai siamo abituati”. E dal Comune provano a rassicurare: “Le operazioni di ricollocamento continueranno nei prossimi giorni”.
“BAOBAB NON MUORE” – Il concetto è chiaro. Lo sgombero è avvenuto perché è stato il “privato” a chiederlo. Rete Ferroviaria Italiana su tutta l’area – ben più ampia del settore in cui si trovavano i circa 200 migranti – ha aperto da anni un cantiere che prevede l’allargamento e lo sviluppo del polo ferroviario tiburtino. E, evidentemente, non si poteva più attendere. Ma Baobab, pur “abusivo”, continuerà ad esistere. Da anni è soprattutto un punto di riferimento per i migranti transitanti. “Nel tempo – racconta Costa – le persone arrivavano qui, sostavano qualche giorno e poi ripartivano verso il nord Europa. Con l’applicazione del trattato di Dublino, le cose sono cambiate. Arrivano persone dall’Africa, soprattutto Eritrea, dove vige una feroce dittatura, ma ancor di più tornano migranti rispediti indietro da Paesi come Svezia, Norvegia, Germania, Danimarca, Francia e Belgio, che sostano per un periodo ancora più lungo”. Come conferma a ilfattoquotidiano.it Ismail che viene dalla Sierra Leone: “Sono cinque anni che viaggio dal mio Paese, all’Italia, poi alla Germania e poi di nuovo all’Italia. Ho 44 anni, ho perso mia moglie e mio figlio non so dove sia. Non ce la faccio più”.