“Chiunque rivesti degli incarichi pubblici, ancor di più così rilevanti come quelli di vicepresidente del Consiglio e di ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico, non deve neanche sognarsi di parlare di giornalismo. Quindi, Di Maio è totalmente indifendibile. Ma, visto che sono allergico alle ipocrisie e alle difese corporative, vorrei aggiungere tre piccole cose”. Sono le parole del giornalista de Il Fatto Quotidiano, Andrea Scanzi, nel corso di Otto e Mezzo (La7), in merito alle discusse dichiarazioni di Luigi Di Maio e dell’ex deputato M5s, Alessandro Di Battista, nei confronti dei giornalisti sul caso Raggi.
“Io posso criticare Di Maio, così come gli ospiti in studio” – continua Scanzi – “ma non possono farlo né il centrodestra, né il centrosinistra. Quando sento Berlusconi dire che col M5s si rischia di andare verso una dittatura, mi ricordo del suo editto bulgaro, quando fece fuori dalla Rai Biagi, Luttazzi e Santoro. E mi ricordo anche come, all’epoca del centrosinistra e specificatamente di Renzi, magicamente dalla Rai sono scomparsi fior fior di giornalisti, come Giletti, Giannini, Floris, Gabanelli, Mercalli, e potrei andare avanti a lungo. Quindi, loro stiano zitti, noi parliamo”.
E aggiunge: “Di Battista non ha attaccato tutti i giornalisti, ma si è riferito a coloro che hanno attribuito al sindaco Raggi qualsivoglia forma di flirt, dicendo che era andata a letto con Romeo, con Frongia, con Marra. Sembrava che al Campidoglio chiunque esistesse di sesso maschile fosse andato con la Raggi. Quindi, Di Battista ha detto che forse la prostituta non era la Raggi, ma erano coloro che scrivevano queste cose. Nello specifico, faccio fatica a dare torto a Di Battista”. Scanzi ribadisce: “La difesa corporativa del giornalismo non mi interessa. Io difendo Paolo Borrometi, che rischia la vita tutti i giorni, Marco Lillo, Emiliano Fittipaldi. Non ho nessun interesse a difendere coloro che hanno fatto titoli come “Patata bollente” o “Mutande verdi di Virginia” o “Hanno perso la Virginità””.
La firma del Fatto puntualizza: “Se diciamo che con la Raggi l’informazione si è comportata esattamente nello stesso modo in cui ha trattato analoghi casi giudiziari riguardanti sindaci di centrosinistra e di centrodestra, pecchiamo di una totale disonestà intellettuale. Ci sono stati attacchi catafratti nei confronti della Raggi, che è stata massacrata in maniera praticamente permanente e alla quale si dedicavano 12 pagine di giornale, mentre si davano 20 righe al caso Sala o al caso Consip. Quella dell’informazione” – chiosa – “è una categoria nobilissima, ma, se ti comporti così, è chiaro che i lettori non credono più alla nostra onestà intellettuale. E se la nostra categoria è ritenuta svilita e vilipesa, un motivo c’è. E non è colpa del M5s, ma dei tanti colleghi che non hanno la schiena dritta”.