È partito in retromarcia il processo di appello per la strage di Viareggio. Con la prescrizione che incombe per tre reati su quattro, questa mattina, alla prima udienza di fronte alla Corte d’Appello di Firenze, alcuni difensori degli imputati – tra cui vari ex manager di Ferrovie dello Stato e altre aziende del gruppo condannati in primo grado –, guidati da Ennio Amodio, già legale di Silvio Berlusconi, hanno chiesto al collegio, presieduto da Paola Masi, l’annullamento della sentenza di primo grado.
Il processo – durato più di 3 anni e iniziato dopo 4 anni di indagini – dovrebbe a loro avviso ripartire dal via, stracciando quindi le oltre mille pagine di motivazioni che, solo per essere tradotte per gli imputati tedeschi, hanno fatto slittare l’inizio dell’appello di mesi, mentre la prescrizione continuava a scorrere. Il motivo? Risiederebbe nella vicinanza geografica – e dunque emotiva, secondo gli avvocati degli imputati – del collegio di Lucca alla tragedia viareggina. Per dirla con le parole di Amodio, legale dell’ex dirigente di Rfi Francesco Favo, condannato a 6 anni, è stata fatta “giustizia di vicinato”, perché il collegio giudicante proveniva dalla sezione distaccata viareggina del Tribunale di Lucca e dunque era più propenso “all’ascolto del dolore”. Nel processo di primo grado vennero dedicate alcune udienze alle testimonianze dei sopravvissuti, molte altre sono state dedicate a questioni tecniche con lunghe discussioni su picchetti, cisterne, deragliamenti, zampa di lepre e velocità di propagazione degli incendi da gpl.
“Ce l’aspettavamo. Era prevedibile”, commenta a Ilfatto.it Claudio Menichetti, papà di Emanuela, morta a 21 anni dopo 41 giorni di agonia per le ustioni riportate. Del resto, che la difesa metta in dubbio l’imparzialità dei giudici del Tribunale di Lucca, non è una novità. Il processo era iniziato appena da un mese quando, nel dicembre 2013, il pm Salvatore Giannino in aula rivelò: “Sono state cercate notizie sulla vita privata del giudice. Con avvocati che andavano in giro a cercare di capire con chi mangiava il giudice e con chi giocava a calcetto”. L’obiettivo, implicito, era quello di cambiare collegio o cambiare del tutto la sede del processo. Cosa che avrebbe allungato i tempi, secondo i familiari delle vittime.
“È interesse tanto dei familiari delle vittime quanto dei miei assistiti che si arrivi a sentenza il prima possibile”, ha ribadito oggi l’avvocato Armando D’Apote, legale di Rfi e Fs, al termine della prima udienza di appello nella quale ha spiegato che l’ex ad Mauro Moretti potrebbe anche decidere di rinunciare alla prescrizione. I giudici, sulla richiesta di alcuni difensori di far ripartire da zero il processo, si sono riservati di decidere. “La questione sarà sciolta il 19 dicembre. La calendarizzazione delle udienze, se non ci saranno inversioni di rotta, sarà fatta in quell’occasione e prevede, da febbraio, tre udienze a settimana. Per concludere l’appello entro fine marzo”, spiega al Ilfatto.it Gabriele Dalle Luche, tra i legali di parte civile.