Società

Le auto in Italia sono cinque volte più dei bambini. È questo il mondo che vogliamo?

In questo autunno tragico per l’ambiente, fatto di condoni all’abusivismo edilizio, inquinamento dell’aria, dissesti e disastri idrogeologici, ecco che arriva il 15esimo rapporto Isfort (Istituto Superiore di Formazione e Ricerca per i Trasporti) a dirci che in Italia, oltre all’amore per il cemento, abbiamo anche un’altra grande passione: quella per le auto. Il tasso di motorizzazione non fa che crescere. “Il primo punto critico è l’espansione continua del “garage Italia”. Il parco autovetture circolante in Italia ha infatti superato nel 2017 la soglia dei 38,5 milioni di veicoli, con un incremento del +1,8% rispetto al 2016. Il tasso di motorizzazione è cresciuto a 63,7 auto ogni 100 abitanti, contro 62,5 del 2016 e 60,8 del 2013 (anno dal quale è ripreso il trend di crescita)”.

63 auto ogni 100 abitanti (compresi infanti, non patentati, disabili) vuol dire che abbiamo un’auto ogni maggiorenne. Le famiglie senz’auto sono davvero pochissime! Dalle città ultramotorizzate come Catania, Frosinone, L’Aquila, Potenza, Isernia, Perugia, Viterbo (che hanno da 72 a 77 auto per 100 abitanti) alla città con meno auto che è Venezia (42,7 auto ogni 100 abitanti), l’Italia resta in cima alla classifica europea per il tasso di motorizzazione più alto!

Se aumentano le auto, aumenta il furto di spazio. Le auto, che siano in moto o parcheggiate, richiedono spazio cementificato: uno studio ha calcolato che nelle aree urbane della contea di Los Angeles, circa il 14% del territorio – 200 miglia quadrate – è dedicato ai parcheggi! Con più auto in circolazione, aumenta anche l’insicurezza della strada. Secondo l’Isfort nel 2017 sono aumentati i decessi: 3.378, ovvero 95 in più rispetto al 2016. Sono soprattutto i pedoni e i ciclisti, utenti deboli (e non inquinanti) della strada le vittime più frequenti. Purtroppo le strade italiane sono ancora e sempre di più predominio delle auto, per nulla a misura degli utenti deboli.

Ma c’è ancora qualche speranza. Urbanisti e politici si stanno gradualmente rendendo conto che un modello di città centrato sull’auto non può reggere. Occorre investire sulla mobilità attiva (piedi e bici), sull’intermodalità, sulle auto condivise, sugli incentivi e su politiche coraggiose che limitino l’uso dell’auto (fondamentali sono le ordinanze contro il traffico davanti alle scuole, le aree pedonali, le Ztl). Questo deve accadere sia nei piccoli, sia nei medi e grandi centri. Secondo lo studio Isfort nei centri medi e piccoli e in periferia ci si muove di più in auto a causa di “scarsa presenza del trasporto pubblico su gomma, debolezze strutturali del trasporto suburbano su ferro, minori misure intedittive (Zone verdi, Ztl, aree pedonali)”.

Lo studio mostra come invece nelle grandi città italiane cresca la mobilità attiva e sostenibile (piedi, bici e mezzi pubblici), ma il gap con l’Europa resti grande. Se nelle capitali europee il 35% dei viaggi è compiuto in auto e il 36% è compiuto con i mezzi pubblici, in Italia la quota modale delle quattro ruote nel 2017 si attesta al 58,6% (in calo rispetto all’anno scorso), mentre i mezzi pubblici sono usati solo nel 7% degli spostamenti. Gli spostamenti a piedi sono al 22,5%, mentre la quota modale della bicicletta al 5,1%, valori superiori allo scorso anno e questo fa ben sperare. Secondo Isfort nel nostro Paese è però raro trovare realtà in cui l’automobile non sia il mezzo più usato (uniche eccezioni sono Bolzano e Ferrara, dove i cittadini si spostano più in bici/piedi che in auto). Cala quindi un po’ dappertutto la domanda del trasporto pubblico locale. Complice la scarsità dell’offerta, come dimostra il caso di Trenord e come documenta il rapporto Pendolaria.

Leggendo questo rapporto, mi sembra evidente che è sempre più urgente agire su più fronti: investire sui mezzi pubblici per renderli capillari, permettere il trasporto di bici sui bus, titoli di viaggio unici gomma-ferro, agevolazioni tariffarie. Servono politiche dall’alto per limitare l’uso dell’auto, incentivi e disincentivi mirati, alternative “obbligate”, ma anche una sensibilizzazione alla base, pubblicità progresso che ci facciano sentire meno dipendenti e meno attratti dal possesso dell’auto.

In un Paese dove ci sono cinque volte più auto (38 milioni) che bambini (8 milioni), dove uscendo di casa, ovunque ci giriamo, vediamo più auto che bambini, sembra una missione impossibile rendere le città a misura di bambino e non più auto-centriche. Eppure ci dobbiamo provare, perché è un diritto dei bambini camminare sicuri per la strada, respirare aria pulita, perché le nuove generazioni crescano un po’ meno dipendenti dalle auto.