“Virginia Raggi? Quando Di Battista e Di Maio si lamentano di come è stata trattata, li capisco. Diciamo la verità: nei confronti della Raggi c’è stato un pregiudizio, non per raccontare i fatti reali, ma per criminalizzarla a prescindere di come stavano i fatti”. Sono le parole dell’ex magistrato Antonio Di Pietro, ospite de “L’Italia s’è desta”, su Radio Cusano Campus.
E spiega: “Parlo per esperienza personale, perché io, per aver fatto Mani Pulite, ho dovuto affrontare 266 processi per difendere il mio onore da diffamazioni di giornalisti. E non parlo di poveri cristi pubblicisti, ma di giornalisti che rappresentano precisi mondi economici, finanziari e politici. L’informazione è il motore della democrazia, quindi criminalizzare i giornalisti facendo di tutta l’erba un fascio sarebbe un peccato. Ma è un peccato anche fare l’esatto contrario, e cioè quello che in questi giorni stanno facendo i giornalisti che si sono ribellati dopo la vicenda Raggi e che hanno fatto una difesa a priori della categoria. Tra i giornalisti” – continua – “così come in tutti gli altri settori, ci sono persone per bene e ‘per male’. Ci sono alcuni giornalisti che invece di fare i giornalisti fanno i portavoce del potere e scrivono dossieraggi contro qualcuno, così come è successo a me. Io mi sono dovuto dimettere una volta da magistrato, una volta da ministro e poi ho lasciato la politica completamente, per colpa di giornalisti prezzolati che hanno fatto disinformazione e che poi hanno dovuto pagarne le conseguenze, perché sono stati condannati”.
Di Pietro ribadisce: “Il mondo dell’informazione, anziché fare la difesa della categoria a prescindere, come ha fatto nel caso di Di Maio e di Di Battista, dovrebbe fare un po’ di autocritica. Antonio Ingroia, ad esempio, viene dalla scuola di Falcone e di Borsellino e dopo la loro morte, vedendo giusto, aveva avviato un’inchiesta sulla trattativa Stato-Mafia: l’hanno criminalizzato, l’hanno fatto passare per delinquente e poi alla fine i giudici hanno stabilito che la trattativa c’era. Nel mio caso, come in quello di Ingroia e di tanti altri magistrati, abbiamo avuto a che fare con un sistema della contrapposizione politica a cui si sono piegati giornalisti che non hanno fatto informazione”.
E aggiunge: “Va denunciato quel giornalista che non scrive ciò che è vero, ma scrive ciò che è falso. Difendere a priori una categoria è offendere quei tanti giornalisti che fanno il loro dovere tutti i giorni, però ci sono altri che utilizzano quel tesserino non per fare il giornalista, ma per servire il politico, l’imprenditore e il referente di turno”.
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