Bucarest ha un problema con l’indipendenza della magistratura e la lotta alla corruzione che mette in discussione anche l’imminente turno alla presidenza del Consiglio Ue prevista per gennaio. Il ministro incaricato dei preparativi si è dimesso e il capo di Stato Iohannis dice: “La situazione è fuori controllo"
La Romania ha un problema con l’indipendenza della magistratura e la lotta alla corruzione che, se non venisse presto risolto, potrebbe mettere in discussione anche l’imminente semestre di presidenza del Consiglio dell’Unione europea prevista per gennaio. La risoluzione non legislativa approvata dal Parlamento europeo riunito a Strasburgo ha la valenza di un avvertimento per l’esecutivo socialdemocratico di Bucarest guidato dal primo ministro Viorica Dăncilă, colpevole di aver portato avanti una riforma della giustizia che, a detta dell’opposizione e della Commissione europea, mette un freno alla lotta alla corruzione nel Paese. Un “alt”, quello della Plenaria, che si aggiunge alle recenti dimissioni del ministro incaricato dei preparativi per il semestre Ue, Victor Negrescu, e alla richiesta del presidente della Romania, Klaus Iohannis, di un passo indietro da parte dell’esecutivo: “Non siamo assolutamente preparati ad assumere la presidenza del Consiglio europeo – ha dichiarato durante una conferenza stampa – La situazione è andata fuori controllo ed è uscita dai binari”.
Il verdetto della Plenaria è di quelli senza appello: 473 voti a favore e 151 contrari. L’invito contenuto nel testo della risoluzione, presentata da Ppe, Socialisti, Alde, Verdi e Sinistra Unitaria, suona più come un avvertimento: il Parlamento europeo “esprime profonda preoccupazione per la nuova formulazione della legislazione giudiziaria romena. La Romania dovrebbe astenersi dal compiere ogni riforma che ipotecherebbe il rispetto dello Stato di diritto e, in particolare, l’indipendenza del potere giudiziario”, si legge. Il documento condanna anche “l’intervento violento e sproporzionato della polizia durante le proteste a Bucarest nell’agosto 2018″ e “invita il governo rumeno a cooperare con la Commissione europea” per trovare una rapida soluzione.
La posizione presa dal Parlamento e dalla Commissione, per la quale ha parlato il primo vicepresidente, Frans Timmermans, dicendosi “rammaricato che la Romania non solo abbia subito una battuta d’arresto nel suo processo di riforma, ma abbia anche riaperto e fatto marcia indietro su questioni in cui erano stati conseguiti progressi negli ultimi 10 anni”, non è solo un avvertimento, ma una reale battuta d’arresto nel processo d’integrazione europea. Quando è entrata a far parte dell’Unione insieme alla Bulgaria, nel 2007, Bucarest non rispettava (e non rispetta ancora) gli standard richiesti da Bruxelles in materia di riforma giudiziaria e lotta alla corruzione. Per questo, come misura transitoria che facilitasse e velocizzasse, anche grazie al ricorso ai fondi Ue, il processo d’integrazione, la Commissione ha istituito il cosiddetto meccanismo di cooperazione e verifica (Mcv). Una sorta di accordo con cui Bruxelles ha potuto monitorare da vicino tutto il processo, producendo report una o due volte all’anno sui miglioramenti attuati dal Paese.
La riforma del sistema giudiziario avviata e portata avanti dal governo socialista di Bucarest col pieno sostegno del Parlamento rumeno rappresenta, agli occhi della Commissione e del Parlamento, un netto passo indietro che impedirebbe il completamento di questo processo d’integrazione. A preoccupare, tra le varie novità, ci sarebbero i forti limiti imposti alla procura anticorruzione che non potrà più avviare indagini sui magistrati. Un provvedimento, sostengono i detrattori dell’esecutivo, che non solo favorirebbe l’insabbiamento delle inchieste sulla corruzione ancora dilagante nel Paese, ma avrebbe il preciso scopo di favorire il leader del partito Socialdemocratico, Liviu Dragnea, pluricondannato per corruzione, quindi incandidabile, ma a detta di molti vero primo ministro ombra della Romania.
Questo stop, però, non frena solo il processo d’integrazione europeo di Bucarest, ma mette anche a rischio la presidenza rumena del prossimo semestre europeo. A ricordarlo per primo è il capogruppo e candidato di punta del Partito popolare europeo alle elezioni di maggio, Manfred Weber, che nel suo discorso alla plenaria ha dichiarato: il governo di Bucarest “ha una grossa responsabilità sulle spalle e deve prepararsi da adesso al suo semestre europeo. Difficile che un Paese possa detenere la presidenza di turno dell’Unione se ha aperta una questione sullo stato di diritto. Crediamo alla disponibilità del governo rumeno di mantenere le sue promesse, ma la questione diventa sempre più urgente“.
Parole che si sono unite a quelle del Presidente della Romania Iohannis, esponente del Partito nazionale liberale che fa parte del Ppe, che ha chiesto le dimissioni dell’attuale governo, definendolo “un incidente della democrazia rumena”: “Non siamo assolutamente preparati ad assumere la presidenza del Consiglio europeo – ha continuato – Non si sa chi nel governo siano i responsabili, mentre quelli che devono occuparsi della presidenza Ue si dimettono”, ha poi aggiunto riferendosi alle dimissioni di sabato dell’ormai ex ministro Victor Negrescu a causa, riportano i media locali, dell’insoddisfazione e delle critiche dei colleghi nell’esecutivo. Una decisione, quella della rinuncia alla presidenza del semestre europeo, che ha un solo precedente recente: quello del Regno Unito, quando nel 2016 Theresa May annunciò questa volontà del governo dopo il voto sulla Brexit.
Twitter: @GianniRosini