Cast all star con Johnny Depp, Jude Law. Eddie Redmayne nel ruolo Newt colpisce nel segno. Valigetta nella mano sinistra, bacchetta nella destra, testa, collo e corpo un po’ piegati fuori dall’impermeabile, fanno del nostro un rimando storico cinematografico che può concorrere con l’immagine di un Indiana Jones armato di frusta, o al James Bond a braccia conserte e pistola sul petto con canna all’insù
Un paio di hurrà e parecchi sbadigli. Newt Scamander è tornato. Ma non è che ci sia da strapparsi i capelli. Animali fantastici – I crimini di Grindelwald, diretto da David Yates (dal 15 novembre 2018 al cinema) non conferma gli entusiasmi del primo folgorante capitolo. J.K.Rowling è ancora lì, carta, penna e calamaio magico, a svolazzare su uno script che sembra avere continuamente bisogno di parentesi curve, quadre, graffe.
A Londra, Albus (Jude Law con nuovo trapiantino di capelli), una volta amico del malvagio Gellert, cerca di convincere il suo miglior studente Newt a contrastare i piani del perfido Grindelwald che vorrebbe seminare ulteriore zizzania tra mondo magico e mondo non magico ancora in pace. L’eterogenea truppa del nostro (il fornaio Jacob, auror Tina, Queenie) dovranno però prima sottostare, incrociare, sbattere nel diaframma di presentazione infinito di almeno un quartetto di nuovi personaggi che saranno chiaramente utili prossimamente (sono in programma, uno per ogni biennio a venire, l’episodio 3, 4, 5): l’orfano Credence (Dan Fogler), Yusuf Kama (Ezra Miller), Leta (Zoe Kravitz) e Theseus (Callum Turner) il fratello di Newt. Facce, storie, traiettorie che rallentano il film verso una deriva più intimista e meno sorprendente rispetto al primo capitolo.
Ma oltre l’incanto da fanciullo spielberghiano c’è la palude dell’adulta “spiegoneria”. E qui sono dolori. Animali Fantastici capitolo secondo soffre proprio di questa prolissità, di questa dilatazione di sottotrame, che quando si arriva attorno all’ora e 40 di minutaggio, poco meno di mezz’ora dalla fine, c’è il rischio di andare in cabina di proiezione a chiedere se per caso si è perso il rullo con Depp (sì, lo sappiamo che non ci sono più i rulli, ma si diceva per fare la battuta). Appunto: Depp/Grindelwald. L’apparizione segaligna e in latex di Johnny è qualcosa di sinistramente dandy. Ciuffo bianco e baffetti praticamente albini, Depp è più un David Bowie da sfilata di moda caduto sulla terra che un autentico crudele villain. Solo che il dubbio rimane, perché l’attenzione per una stilosa production design, per quell’ostentazione sartoriale perfettina anni venti, fanno pensare ad un compitino elegante ma superficiale, quando invece forza, energia e vitalità darebbero lustro ad un inevitabile sforzo visivo.