Era una legge piccola piccola, quattro righe nascoste tra le settanta e passa pagine del faldone che contiene gli emendamenti al ddl Anticorruzione. Solo che quelle poche parole rischiavano di rappresentare una nemesi per il disegno di legge che il guardasigilli Alfonso Bonafede ha ribattezzato “lo spazzacorrotti“. Si perché quell’emendamento altro non è che un colpo di spugna sul peculato commesso dai politici. Sissignore. A presentarlo è la Lega,un partito che oggi ha ben due figure importanti dell’attuale maggioranza accusate di quel reato: il viceministro Edoardo Rixi, il capogruppo alla Camera, Riccardo Molinari e il deputato Paolo Tiramani. Ma anche l’ex governatore del Piemonte, Roberto Cota. “Quella norma non passerà mai”, fanno sapere dal Movimento 5 stelle. Il fatto, però, che i deputati del Carroccio l’abbiano presentata è già una notizia.
Ma andiamo con ordine. La vicenda è emersa sui tavoli delle commissioni Affari costituzionali e Giustizia della Camera, impegnate nell’esame del ddl Anticorruzione. I parlamentari hanno iniziato a discutere e votare gli emendamenti sulla prescrizione, dando parere negativo a tutte le proposte e approvando solo quella del M5s per fare entrare in vigore la norma dal 2020, come previsto dall’accordo raggiunto con la Lega alcuni giorni fa. Via libera anche all’introduzione dell’agente sotto copertura, e a un emendamento del M5s che prevede l’arresto in flagranza per i corrotti. Nell’elenco dei reati per cui è previsto l’arresto in flagranza, infatti, inserisce anche i reati di corruzione, peculato, concussione, traffico illecito di influenze. L’esame del ddl è stato sospeso quando i relatori di M5s hanno espresso parere negativo all’emendamento del Carroccio proprio sul peculato. Dopo la sospensione dei lavori la modifica è stata accantonata e solo in serata i leghisti lo hanno ritirato.
A fare notizia, però, è che abbiano deciso di presentarla. La norma incriminata è la numero 1.61 l’unico non ritirato al primo articolo da parte dei deputati del Carroccio. È firmato da nove parlametnari leghisti: sono Roberto Turri, Manfredi Potenti, Luca Rodolfo Paolini, Fabio Massimo Boniardi, Ingrid Bisa, Anna Rita Tateo, Riccardo Augusto Marchetti, Gianluca Cantalamessa e Flavio Di Muro. Il testo è il seguente: “All’articolo 314 del codice penale dopo le parole: ‘o comunque la’ è inserita la seguente: ‘autonoma‘ e dopo le parole: ‘se ne appropria,’ sono inserite le seguenti: ‘salvo che tale distrazione si verifichi nell’ambito di procedimento normato da legge o regolamento e appartenga alla sua competenza”. L’articolo 314 del codice penale è quello che disciplina il peculato. Con quella modifica della Lega la norma diventerebbe così: “Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la autonoma disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria, salvo che tale distrazione si verifichi nell’ambito di procedimento normato da legge o regolamento e appartenga alla sua competenza, è punito con la reclusione da 4 anni a 10 anni e 6 mesi“.
Che cosa vuol dire? Semplice: attualmente è colpevole di peculato il pubblico ufficiale che utilizza denaro pubblico destinato al suo ufficio. Con l’emendamento della Lega viene punito solo il pubblico ufficiale che maneggia denaro pubblico destinato al suo ufficio ma il cui uso non sia regolato da norme interne. Un esempio? Il capogruppo di un partito in Regione o comune, che gestisce i fondi pubblici destinati al funzionamento del gruppo. Siccome si tratta di soldi il cui utilizzo è normatizzato da un regolamento interno, nel caso in cui dovesse usare quel denaro per scopi diversi da quelli previsti dalla legge non sarebbe colpevole di peculato. In pratica non sarebbe più possibile contestare il reato tipico di tutte le inchieste sulle “spese pazze” dei gruppi politici. Insomma quell’emendamento è un vero e proprio “salvaladri”.
È per questo motivo che il Pd, con il capogruppo in commissione Giustizia Alfredo Bazoli, parla di norma “ad personam” anzi “ad personas: salverebbe infatti una serie di dirigenti della Lega. A cominciare dal viceministro ai Trasporti Rixi, imputato per le “spese pazze” in Regione Liguria nel 2012: per lui l’accusa ha chiesto una condanna a tre anni e quattro mesi. Il capogruppo a Montecitorio Molinari, invece, ha addirittura una condanna in appello a undici mesi per la Rimborsopoli in Piemonte. Come il collega deputato Paolo Tiramani (a un anno e 5 mesi) e l’ex governatore Cota ha una condanna in secondo grado a un anno e sette mesi. Ma gli enti locali sono pieni di politici imputati di peculato: se passasse la norma della Lega sarebbero salvi.