"Vescovi ed esperti - si legge nel documento finale - hanno lavorato al miglioramento del testo sotto il profilo teologico, pastorale e stilistico, nonché alla messa a punto della presentazione del Messale". E adesso si attende il via libero definitivo della Santa Sede
L’iter è durato ben 16 anni ma alla fine la svolta è arrivata. La più conosciuta preghiera del mondo cristiano, il “Padre Nostro”, cambierà. Ad deciderlo è stata l’Assemblea Generale della Cei, che ha approvato la terza edizione della Messale Romano. Oggetto della storica modifica sarà il versetto “non indurci in tentazione”, che sarà sostituto con “non abbandonarci alla tentazione”. Adesso spetta alla Santa Sede, che dovrà dare il via libera alla decisione. Una modifica che viene incontro anche al pensiero dello stesso Papa Francesco, che solo un anno fa aveva dichiarato che la versione tradizionale della preghiera “non è una buona traduzione”. I cambiamenti non riguardano solo il “Padre Nostro”. Subirà infatti modifiche anche l’inizio del “Gloria”, con il nuovo versetto che reciterà “pace in terra agli uomini, amati dal Signore” anziché “pace in terra agli uomini di buona volontà”. Per il segretario generale delle Cei, monsignor Stefano Russo l’uscita in stampa del nuovo Messale Romano potrà arrivare il prossimo anno.
Per questi cambiamenti sono stati necessari 16 anni di studi in cui “vescovi ed esperti – si legge nel documento finale della Cei – hanno lavorato al miglioramento del testo sotto il profilo teologico, pastorale e stilistico, nonché alla messa a punto della presentazione del Messale, che aiuterà non solo a una sua proficua recezione”. Conferenza episcopale che fa sapere che “nell’intento dei vescovi, la pubblicazione della nuova edizione costituisce l’occasione per contribuire al rinnovamento della comunità ecclesiale nel solco della riforma liturgica. La formazione è destinata ad abbracciare sia i ministri ordinati che i fedeli. Diventa ancora più decisiva negli itinerari dell’iniziazione cristiana, nei seminari e nelle proposte di formazione permanente del clero”.
Si tratta “di assumere il criterio di ‘nobile semplicità’ per riscoprire quanto la celebrazione sia un dono che afferma il primato di Dio nella vita della Chiesa. In quest’ottica si coglie la stonatura di ogni protagonismo individuale, di una creatività che sconfina nell’improvvisazione, come pure di un freddo ritualismo, improntato a un estetismo fine a se stesso”. Sulla decisione si è espresso il presidente della Cei, Gualtiero Bassetti, secondo cui con la nostra formula “sarà anche più agile la preghiera nelle comunità. È un passo avanti sul Concilio e non è solo una traduzione”.