Gli articoli del decreto Sicurezza che si occupano di migranti e richiedenti asilo non rispettano le “norme costituzionali”. E’ quanto contenuto nel parere della Sesta Commissione del Consiglio superiore della magistratura e che mercoledì prossimo sarà sottoposto all’esame del plenum prima di essere inviato al ministro della Giustizia M5s Alfonso Bonafede. Si tratta di un corposo documento, approvato all’unanimità e di cui sono relatori il laico Alberto Maria Benedetti (M5s) e il togato Paolo Cricuoli (Magistratura Indipendente). Oggetto del parere è il decreto Sicurezza, di cui il vicepremier leghista Matteo Salvini è promotore, approvato dal Senato solo la settimana scorsa. Per quanto riguarda il capitolo che riguarda i migranti, opposizioni e associazioni che lavorano sul territorio hanno già protestato per le misure introdotte dal provvedimento: primo fra tutti la riduzione degli Sprar e la decisione di abolire la protezione umanitaria.
Nel documento si parla di “criticità” e soprattutto di norme e garanzie costituzionali lese o a forte rischio. Succede quando si tratta dell’estensione dei reati che costituiscono il presupposto per negare o per revocare la protezione internazionale: “L’ampliamento appare per alcune fattispecie non pienamente rispettoso degli obblighi costituzionali”. E soprattutto quando si tratta del trattenimento nei Centri di permanenza per i rimpatri, deciso dal questore, di chi ha chiesto la protezione internazionale e non è stato possibile verificare la sua identità. Non avendo individuato i parametri in base ai quali il questore può decidere di trattenere o meno lo straniero, gli si è accordata “una discrezionalità svincolata da qualsiasi tipizzazione dei presupposti di esercizio come tale non conforme al grado di garanzie richieste dall’articolo 13 della Costituzione“. E la durata massima di tale trattenimento portata dal decreto a 180 giorni “non appare proporzionata”. Resta una critica di fondo: avendo abrogato la protezione per ragioni umanitarie e introdotto ipotesi specifiche di tutela, che comunque non sono esaustive delle “varie situazioni di vulnerabilità, potenzialmente idonee a fondare la richiesta di protezione dello straniero per motivi umanitari”, si potrebbe determinare una situazione di “incertezza”: “Un possibile incremento del contenzioso” davanti ai giudici e “un ritardo nella tutela dei diritti fondamentali degli stranieri vulnerabili”.
Proprio oggi sul tema Sprar era intervenuta l’Anci, l’Associazione nazionale comuni italiani. “Il giudizio che diamo al decreto Sicurezza”, ha detto il presidente Antonio Decaro, “è stato espresso da una commissione ad hoc, che è la ‘Anci Immigrazione’, che è rappresentata da amministratori locali, sindaci e assessori di provenienze geografiche diverse e di orientamento politico diverso. La Commissione si è espressa all’unanimità dicendo che la chiusura dei centri Sprar è un problema per i comuni, perché significa abbandonare l’idea di un’accoglienza diffusa. Quindi si rischia di tornare a qualche anno fa quando c’erano concentrazioni di immigrati solo in alcune comunità”. E ha concluso: “Per noi chiudere gli Sprar significa fare un passo indietro perché si rischia di avere concentrazioni di migranti all’interno di comunità piccole, con problemi di accoglienza e integrazione che possono sfociare in tensioni sociali”.