Ha partorito a Roma, senza problemi, nonostante i suoi 62 anni. Non solo anziana, anche single. Ai giornalisti che l’hanno intervistata, ha detto che prima non era mai riuscita, troppo lavoro, troppe notti. E che il suo obiettivo è quello di accompagnare sua figlia fino ai 18 anni, cosa possibile visto che “una donna non è mai vecchia”. Le critiche a questa madre che definire coraggiosa non è sbagliato sono state tantissime. Ma quello su cui in pochi hanno riflettuto è il fatto che questo parto non resterà isolato, anzi saranno sempre di più in futuro le madri anziane, persino single. Per un motivo molto semplice: grazie alla doppia fecondazione eterologa, oggi possibile persino in Italia dopo le sentenze della Corte costituzionale che hanno abolito la legge 40. Quando si parla di eterologa si pensa soprattutto alla donazione di seme, ma non è così. La donazione può essere anche da parte femminile – anche se in Italia le donatrici sono poche, e ti credo, non vengono pagate e perché mai dovrebbero sottoporsi alla stimolazione ovarica per donare, così che finiamo per comprare dall’estero – il che significa che le donne possono ricevere un ovocita di un’altra donna e fecondarlo con lo sperma, creando un embrione che viene poi impiantato nell’utero di una donna. Per la legge italiana, è madre chi partorisce, non importa “cosa”. Fosse pure un gatto, perdonatemi la battuta, va bene, in altri termini allo Stato italiano non interessa il patrimonio genetico.
Ma davvero è possibile diventare madre a 62 anni in Italia? No, non è così e non a caso la signora in questione è andata in Albania. Le linee guida italiane impongono un tetto di 43 anni per la fecondazione assistita (ingiustamente basso, per la verità, col risultato che le donne più grandi devono pagare e andare al privato) e un tetto per l’eterologa che coincide con la menopausa, dunque circa 50 anni. È 55 negli Stati Uniti e grosso modo quasi tutti gli Stati hanno un limite, messo per ragioni di salute. Quasi tutti ma non tutti, tanto è vero che in alcuni Paesi si può avere un embrione a più tarda età. Ma fare un figlio a 62 anni è un male o un bene?
Secondo me questa domanda richiede un’argomentazione complessa. Da un lato, vorrei ricordare che sono ben pochi quelli che si scandalizzano se un uomo di questa età diventa padre, anzi ormai i padri 60enni sono diffusissimi, affollano scuole e persino nidi. Se li intervistate probabilmente vi risponderanno come l’infermiera italiana: ho avuto troppo da fare prima, non ero pronto, etc etc. Ma se una madre è troppo vecchia a 62 anni lo è anche un padre, anzi se guardiamo all’età media in cui si muore potremmo dire che i padri sono ancora più vecchi. La cosa stupefacente su cui non si è abbastanza riflettuto, però, è un’altra. L’ovodonazione oggi consente a una donna di essere madre indipendentemente dall’età, ammesso ovviamente che accetti un figlio geneticamente non suo e del marito, oppure solo del marito. Si tratta di una rivoluzione incredibile. E, direi anche di una liberazione. Per le donne non è più un incubo cercare di restare incinte prima dei 40 anni, nel senso che se ciò che vogliono è una gravidanza – una pancia, si direbbe – la possono avere anche dopo. C’è più parità ed eguaglianza, grazie alla scienza (e tra l’altro, è quasi meglio l’ovodonazione che la stimolazione, molto più pesante fisicamente). Forse potremo dare addio alle tante coppie in cui lui ha 60 e lei 30 o 20.
E per i bambini? Si tratta di un progresso o no? Faccio una premessa: non sono una di quelle che sostiene che “un figlio è un dono e non un diritto”. Io penso che esista invece un diritto alla felicità e siccome non c’è cosa (opinione personale) che renda più felici di un figlio giusto fare il possibile perché una coppia possa avere un bimbo. Detto questo, credo che il fatto che i genitori siano sempre più anziani, per non dire decrepiti, sia un fatto assolutamente negativo. Già avere un figlio a 40 anni è una fatica immensa. Lui cresce, tu declini e quando sarà un ragazzo tu sarai già anziano. Tutte noi madri quarantenni l’abbiamo capito molto dopo, e tutte ci siamo pentite. Tutte, almeno tante di quelle che conosco, se potessero tornare indietro farebbero i figli prima (io farei pure una laurea diversa, e molte altre cose ma questo non c’entra). Che dunque le donne siano più eguali grazie alla scienza è un bene per loro ma un male per i loro figli (purtroppo il bene dei genitori e quello del bambino può non coincidere: l’equilibrio è complesso). Dire che si è sempre più giovani è falso, purtroppo invecchiamo come 50 anni fa e moriamo giusto poco dopo, sì, forse ci curiamo di più ma poco cambia.
Il problema, purtroppo, sta anche nella scarsa propensione dei giovani, in particolare italiani, a fare figli. Avendo trattato il tema parecchio, mi sono fatta questa idea: non c’è dubbio che conti la crisi, la precarietà, la povertà giovanile ma non è tutto. C’è un’assoluta indifferenza dei giovani verso il tema della paternità/maternità, unita alla convinzione di poter fare i figli tardissimo, che la scienza rafforza. Sono purtroppo ragazzi iperprotetti, cresciuti nella cultura dell’individualismo, materialisti (e sto parlando anche dei miei figli) che non hanno idea di cosa significhi farsi da parte a favore di un altro, un bambino, appunto. Né intendono rinunciate a qualsiasi benefit per mettere al mondo un figlio.
E poi scarseggia, sempre di più, la cultura dell’adozione. Mi è capitato di occuparmene per un articolo, partendo dal dato del crollo delle adozioni, anche nazionali. Chi lavora in questo mondo dice che che ci sono troppi stereotipi sull’adozione, si pensa che i bambini siano sempre fonte di problemi, infelici alla ricerca delle loro origini etc. Ma soprattutto le madri e i padri preferiscono rincorrere il figlio proprio “genetico” fino all’estremo, senza rendersi conto che spesso, ad esempio, quando si arriva alla doppia eterologa, di fatto si ha un bambino senza legami genetici: in pratica come un adottato. Non solo. Si crede ancora che la gravidanza – forse troppo celebrata oggi – sia l’unico modo per creare un legame con un bambino. Non è così, affatto. Chi ha adottato sa che anche in poche ore si può formare un legame speciale e commovente pure con bambini di qualche anno. E allora va bene la scienza. Ma se possibile, coltiviamo la cultura della genitorialità giovane, che ormai in giro non si vedono più genitori né di 20 né di 30 anni. E, insieme, quella dell’adozione, strumento meraviglioso che consente insieme di salvare una bambino dalla solitudine e dall’oblio e dare a una donna e un uomo una famiglia completa. Secondo il loro desiderio.
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