Con lo spread a quota 400 (molti “player” esteri sono convinti che ci si arrivi entro dicembre) scatterà l’allarme rosso degli investitori internazionali sul debito italiano. Facendo uno sforzo per non rimanere ancorati agli abituali schemi politici destra/sinistra e neppure governo/opposizione, nelle ore in cui la Gran Bretagna sembra aver trovato l’accordo con la Commissione europea su una Brexit ordinata, il governo Conte, invece, ha risposto negativamente alla richiesta di modifica della legge di stabilità avanzata dalla Ue. Un “No” chiaro e forte di M5s e Lega, come a dire: andiamo avanti da soli, in spregio alle sollecitazioni da Bruxelles che, anzi, ci fanno comodo.

A questo punto, oggettivamente, non vi sono molte alternative in termini di scenari che si vanno preparando. Le exit sul tavolo, viste dall’estero, sono logicamente tre (con la premessa che l’impennata dello spread Italia, il più alto in tutta l’Ue dopo la Grecia, e il conseguente credit crunch delle banche, non dipendono dall’Europa ma soltanto dai mercati finanziari):

1. una inversione a U in politica fiscale

2. una Italexit dall’euro

3. una caduta del governo Lega-M5s e il commissariamento di Roma in stile Monti, esattamente 7 anni dopo la caduta del governo Berlusconi nel novembre 2011

Siccome il terzo scenario rafforzerebbe il sentimento anti-Bruxelles e anti-euro degli elettori gialloverdi e darebbe una carta formidabile in più a Salvini e Di Maio da giocare in campagna elettorale per le elezioni europee del maggio 2019, la terza ipotesi attualmente sembra poco probabile. Da ciò si deduce che i primi due scenari hanno pari chance. Tuttavia, non è affatto detto che il governo legastellato di cui è premier Giuseppe Conte se la senta sul serio di far saltare l’euro e l’Europa, con gli sconquassi globali e di maxi recessione che tale quadro comporterebbe. Per cui un’inversione a U all’ultimo momento resta ancora valida e ha attualmente un grado di probabilità di circa il 50%, stando sempre al parere di alcuni grandi fondi globali che comprano (per adesso) i Btp Italia.

Il governo ha sempre confermato nelle ultime settimane che non intende uscire dall’euro e dall’Europa, eppure non riesce a stare dentro le regole europee, anzi pretende di starne fuori. Questo “dilemma” non può durare a lungo, tanto più che le previsioni elaborate da Roma e inviate a Bruxelles sono palesemente contraddette dal rallentamento economico italiano e mondiale.

A dire il vero, a nessuno importa nulla dello sforamento del deficit (potrebbe salire al 3,5% e non accadrebbe nulla) il punto è che l’Italia non riuscirà a crescere dell’1,5% nel 2019, pare ovvio, e quel che è peggio l’economia crescerà molto meno di quanto sarebbe cresciuta se non ci fosse stata la “manovra del popolo“. Il rallentamento produttivo degli ultimi mesi è da ascrivere in larga misura ai timori di una stretta creditizia attesa/percepita, proprio per colpa dello spread, salito stabilmente sopra quota 300 in sostanza per due motivi: le dichiarazioni da “trincea” dei due vice primi ministri Di Maio e Salvini e l’impostazione di una legge di stabilità in effetti priva di misure propulsive per l’economia e densa invece di fattori recessivi (come la modifica alla Fornero, che produrrà un nuovo forte squilibrio nei conti Inps).

Dunque il governo ha deciso di intensificare la sua guerra alla Commissione europea. Apportare qualche ritocco (tipo una crescita all’1,0% invece che all’1,5%) avrebbe significato capitolare, e dare al proprio elettorato un segno di asservimento a Bruxelles. Il calcolo politico di Salvini e Di Maio è che lo scenario del “No all’Europa” paga elettoralmente, tuttavia stando cosi le cose diventa assai concreta l’ipotesi di una prossima recessione dell’Italia, causata per assurdo proprio da un progetto sbagliato di sostentamento della crescita. Quel che è peggio, lo scenario di una Italexit e di una rottura dell’eurozona – perseguito consapevolmente – potrebbe diventare l’elemento catalizzatore di una furiosa crisi economica mondiale, ben più grave di quanto accadde con il crack di Lehman Brothers il 14 settembre 2008.

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