Il ‘metodo Varriale’ esiste ancora. A distanza di quasi venti anni dai volantini disseminati a Napoli per calunniare il giovane pm Raffaele Cantone che indagava sulla compagnia assicurativa Themis e sui miliardi di lire dirottati su conti a lui riconducibili, hanno di nuovo arrestato l’avvocato Lucio Varriale. Stavolta nella qualità di editore di fatto di Julie Italia Tv, e le circostanze non si discostano molto da quelle di allora. La Procura di Napoli guidata da Giovanni Melillo lo accusa di associazione a delinquere, fatture false e truffe al Corecom grazie alle quali negli ultimi anni avrebbe spillato più di due milioni di euro di finanziamenti pubblici per l’editoria televisiva locale, regolamentati dalle graduatorie del Corecom. Ed a pagina 93 dell’ordinanza il gip di Napoli Valeria Montesarchio spiega una delle ragioni che rafforzano le esigenze cautelari per Varriale: “Si avvale dell’utilizzo delle televisioni al fine di screditare chiunque si frapponga alla realizzazione dei disegni e scopi perseguiti”.
È il ‘metodo Varriale’ aggiornato agli ultimi cinque anni circa. Un metodo ben riassunto, con un capitoletto apposito, in una informativa all’attenzione del procuratore aggiunto Raffaello Falcone. Oltre a orientare la linea della sua televisione verso servizi particolarmente aggressivi su magistrati e avvocati che si erano occupati di lui, Varriale si è autoritagliato un ruolo da editorialista e dal pulpito della rubrica ‘Vostro Onore’, ricorda il gip, ha preso di mira la Guardia di Finanza che ha condotto l’inchiesta sui conti di Julie Italia. Inoltre ha pubblicato un dossier intitolato “375 CP-Depistaggio a Palazzo di Giustizia. Il caso Napoli” con in copertina un berretto simile a quello dei finanzieri.
Dossier e denunce a raffica contro magistrati e finanzieri
Il metodo Varriale presuppone, secondo le ricostruzioni degli inquirenti, una tv usata in maniera bellicosa contro i nemici affinché tutti gli altri sappiano e si adeguino. In quel ‘tutti gli altri’ ci sono giudici, pm, giornalisti, politici, imprenditori, dipendenti del gruppo televisivo, ufficiali delle forze dell’ordine che potrebbero un giorno avere a che fare con l’avvocato-editore. Ne è parte integrante l’abitudine di sfornare denunce, esposti e querele a raffica contro chi non si adegua, e in procura hanno faticato per recuperarle e raggrupparle tutte e disegnarne la ‘sistematicità’, anche questa un elemento del ‘metodo’. Qualche esempio. Il pm che chiese e ottenne il suo rinvio a giudizio in un precedente filone Corecom, Walter Brunetti (il processo è in corso) è stato denunciato da Varriale alla Procura di Roma per presunte omissioni nelle indagini e la notizia della sua iscrizione nel registro degli indagati – il quotidiano di destra che la pubblicò non ne fece il nome, ma gli addetti ai lavori capirono – fu inserita nella rassegna stampa del Csm. Su queste presunte omissioni, che secondo la denuncia di Varriale furono utili a proteggere editori concorrenti e contigui alla criminalità, il parlamentare Fdi Marcello Taglialatela depositò un’interrogazione parlamentare ed organizzò una conferenza stampa alla Camera. Mentre un’altra interrogazione, che definiva Julie Italia “molto nota in città per l’attività giornalistica anticamorra”, fu presentata dal deputato Pd Massimiliano Manfredi. Brunetti è stato poi archiviato ed ora a Roma si ragiona su una controindagine per calunnia. Denunciati, ed indagati, anche due finanzieri che hanno svolto verifiche sulle società del gruppo Varriale. Mentre il gip che nel 2015 accolse la richiesta di Brunetti e firmò il rinvio a giudizio di Varriale, Nicola Quatrano, è finito anche lui nel mirino di alcuni servizi tv poco amichevoli insieme al suo amico pm Henry John Woodcock. Uno degli ex dipendenti del gruppo televisivo, Valerio Monge, in servizio a Julie Tv fino al settembre 2016 come responsabile delle troupe esterne, che aveva fatto causa per vedersi corrispondere retribuzioni arretrate, nel giugno 2017 finì al centro di un video mandato in onda ad intervalli regolari che lo accusava di aver fatto sparire “un immenso archivio di immagini” e di aver rubato costose attrezzature all’emittente insieme ad altri due colleghi.
Attaccato anche l’avvocato della transazione di Varriale con Raffaele Cantone
Ma uno dei più ‘massacrati’ negli ultimissimi mesi è stato l’ex legale di Varriale, Domenico Ciruzzi, ex vicepresidente nazionale della Camera Penale, che lo seguiva da più di venti anni e gli chiuse la transazione con Cantone, risarcito con circa 30 milioni delle vecchie lire in cambio della rinuncia a costituirsi parte civile. Dopo la revoca del mandato per un mix di ragioni – una sconfitta processuale in Cassazione su un sequestro giudiziario, profonde divergenze sulla linea difensiva, ed in particolare, come ha confidato ad alcuni amici, perché non condivideva più l’andazzo del suo cliente di attaccare magistrati e finanzieri – Ciruzzi è stato oggetto di almeno sette servizi televisivi ‘contro’, descritto come “un avvocato che commette errori che nemmeno un praticante…”. Ha provato a inviare diffide per chiederne lo stop, invano. Ed è andato a infoltire l’elenco di chi ha denunciato a sua volta Varriale. Come fecero diversi anni fa Gaetano Amatruda e Sandro Santangelo, all’epoca rispettivamente giornalista portavoce e capo della segreteria del Governatore della Campania Stefano Caldoro (Forza Italia). Amatruda in particolare fu vittima insieme a Caldoro di una campagna mediatica di particolare intensità e violenza, veicolata attraverso la trasmissione ‘Il Corvo’, prima e dopo che la notizia della sua denuncia diventasse pubblica per la decisione del pm Vincenzo D’Onofrio e del procuratore aggiunto Vincenzo Piscitelli di sentire Caldoro come testimone e parte offesa di una presunta tentata estorsione di Varriale collegata alla mancata erogazione di finanziamenti regionali alle sue imprese.
La falsa notizia dell’indagine su Caldoro
Caldoro fu ascoltato pochissimi giorni prima delle elezioni regionali del 31 maggio 2015: il pm voleva capire se c’era un nesso tra la candidatura della nuora di Varriale in Forza Italia a sostegno di Caldoro con l’improvvisa cessazione dei servizi televisivi contro di lui. E per comprenderne di più riconvocò Amatruda e interrogò l’addetta stampa di Caldoro Fiorella Anzano, la nuora di Varriale, il deputato di Forza Italia Luigi Cesaro e l’europarlamentare Fulvio Martusciello. Gli attacchi del network Julie a Caldoro erano proseguiti almeno fino a marzo 2015. Con una ricerca google è ancora facile reperire un video del 5 marzo 2015 sul sito di Julie Italia dal titolo: “Trasporti, indagato il Governatore Caldoro”, con l’accusa di abuso d’ufficio in un fascicolo riguardante Ctp, un’azienda regionale del trasporto pubblico. Sarebbe stato uno scoop nell’imminenza delle elezioni, eppure nessuno rilanciava la notizia. Sui social già montava la polemica sull’informazione serva del potere fino a quando il giornalista Enzo La Penna, un cronista dell’Ansa di trentennale esperienza nel campo della giudiziaria e stimato per correttezza e serietà, spiegò perché non aveva battuto l’agenzia: aveva fatto le sue verifiche e aveva scoperto che la notizia non era vera, Caldoro non era indagato. La reazione fu durissima. Carolina Pisani, collaboratrice storica di Varriale e per un periodo amministratrice di diritto di una delle società del gruppo (anche lei è stata arrestata) fece partire un comunicato in cui accusava La Penna “di ignoranza e malafede”. E la malafede, si domandava attraverso una pesante insinuazione, era dovuta al fatto che “la giunta Caldoro finanzia, anche a discapito dell’emittenza regionale non inquadrata, l’azienda Ansa per cui lavora?”.
I verbali di Caldoro e Amatruda e l’informativa della Digos che ha messo insieme le loro vicende sono agli atti del fascicolo, senza essere oggetto della misura cautelare. I nomi letti in questo articolo sono solo alcune vittime del ‘metodo Varriale’. L’elenco è molto più lungo.