Per Roma si aprono spiragli di vento favorevole da Francoforte, dove il programma di aiuti della Bce con l’acquisto di titoli di Stato dei Paesi della zona euro (il Quantitative easing o Qe) potrebbe terminare dopo il previsto termine di fine 2018. Lo ha annunciato Mario Draghi sottolineando che l’inflazione di base dell’Eurozona “continua a oscillare intorno all’1% e deve ancora mostrare una tendenza al rialzo convincente”. Quindi, ha dichiarato il governatore, si potrebbero avere ripercussioni sull’addio al Qe. A meno che i dati in arrivo non confermino la convergenza verso gli obiettivi: solo in tal caso la Bce procederà come stabilito. Ma “il consiglio ha anche notato che le incertezze sono aumentate” e dunque “a dicembre, con le nuove previsioni disponibili, saremo più in grado di fare una piena valutazione”.

Ma è bastata solo l’ipotesi di una proroga a dare insperato slancio  ai titoli di Stato italiani e, a cascata, a raffreddare il differenziale di rendimento con il Bund, il cosiddetto spread. Parola che è risuonata anche nella bocca di Draghi, pur senza espliciti riferimenti all’Italia :”La mancanza di consolidamento fiscale nei Paesi ad alto debito aumenta la loro vulnerabilità agli shock, che siano auto-prodotti mettendo in forse le regole dell’Unione monetaria, o importati tramite il contagio. Finora, l’aumento degli spread è stato in gran parte limitato al primo caso e il contagio è stato limitato”, ha detto il numero uno dell’Eurotower. Quindi l’ammonimento: “I Paesi ad alto debito non devono aumentarlo ulteriormente, e tutti i Paesi devono rispettare le regole dell’Unione”.

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