Tassare le emissioni inquinanti del carbone, reinvestire i soldi ottenuti in incentivi per le rinnovabili, abbassare il costo del lavoro e, alla fine, salvare le Terra. Sono queste le ambizioni che hanno spinto Marco Cappato, esponente dei Radicali e tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, a lanciare una petizione europea per l’introduzione della Carbon tax. Insieme a lui, fanno parte del Comitato promotore anche Monica Frassoni, co-presidente dei Verdi europei, e il professor Alberto Majocchi. L’obiettivo è quello di porre la lotta al riscaldamento globale in cima alle priorità dell’Unione, anche in vista delle elezioni del 2019.
La Carbon tax in numeri
“La nostra proposta è semplice: fissare a 40 euro il costo di ogni tonnellata di Co2 emessa dai combustibili fossili”, spiega Cappato a ilfattoquotidiano.it. “E nel giro di dieci anni aumentare il prezzo a 100 euro, in modo da dare il tempo agli operatori economici di fare investimenti adeguati sulle rinnovabili. A pieno regime si parla di oltre 100 miliardi di ricavi annui per l’Unione europea, a cui vanno aggiunti altri 20-30 miliardi derivanti da un’ulteriore tariffa sulle importazioni extra-continentali del carbone (per evitare che le aziende spostino le produzioni all’estero)”. Non una cifra irrilevante, se si pensa che nel 2017 il budget dell’Ue si è attestato intorno ai 157 miliardi di euro.
“Fissare un prezzo del genere per le emissioni – più alto rispetto a quello già presente oggi in alcuni settori – non vuol dire soltanto disincentivare l’uso del carbone”, aggiunge. “Ma mettere in moto anche un circolo virtuoso per l’economia: le risorse ottenute possono confluire nel bilancio europeo e sgravare i singoli Stati dai fondi che devono destinare ogni anno a Bruxelles”. Un ragionamento che, assicura Cappato, non vuole alimentare nuovi nazionalismi. “La Commissione a quel punto potrebbe indicare agli Stati come spendere quei soldi: da un lato incentivare l’efficienza energetica attraverso l’uso di fonti pulite, dall’altro ridurre i costi del lavoro”.
Come nasce l’iniziativa
In un momento storico in cui il presidente degli Stati Uniti d’America considera il riscaldamento globale “una costosissima cagata” – anche se Donald Trump alla vigilia delle elezioni di mid-term sembra aver corretto il tiro – secondo Cappato spetta all’Ue dare un segnale al resto del mondo. Soprattutto dopo che gli scienziati del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico dell’Onu hanno “chiarito in modo definitivo e inequivocabile che siamo a un passo dal baratro”, spiega l’esponente dei Radicali. “La comunità scientifica sta mandando un messaggio chiaro alla politica: bisogna intervenire, e bisogna farlo prima del previsto. I singoli Stati non possono fare abbastanza da soli, perciò serve un’azione continentale”. Quali i rischi? “Oltre alla nostra salute e a quella del Pianeta, le conseguenze dell’aumento della temperatura globale potrebbero coinvolgere tutti i settori. Ad esempio, in termini di immigrazione, gli studi prevedono decine di milioni di rifugiati climatici”.
Le prossime tappe
Da questa urgenza deriva la necessità di lanciare una petizione aperta ad associazioni ambientaliste, organizzazioni internazionali e forze politiche di ogni colore. “Il piano è quello di trasformarla all’inizio dell’anno prossimo in un’Iniziativa dei cittadini europei (Ice)”, chiarisce Cappato. Si tratta di uno strumento previsto dai Trattati e che permette di presentare la proposta direttamente alla Commissione Ue qualora venga raccolto un milione di firme in almeno sette Paesi entro 12 mesi. “In Italia il mondo dell’ecologismo ha già dato un riscontro positivo, ma contiamo di allargare questo bacino. Le elezioni europee alle porte, poi, sono un’opportunità per mettere al centro della campagna elettorale un tema come quello del climate change”. E Cappato non intende tirarsi indietro, annunciando la probabile nascita di un nuovo progetto politico: “Auspico che si riesca a presentare una lista ecologista e federalista europea capace di portare avanti la nostra proposta”.