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Tra il Cane e il Lupo, il documentario sul ’68 e quel che venne dopo: perché vale la pena vederlo

La particolarità del film diretto da Giulia Sodi (figlia di Ranuccio Sodi, produttore e regista tv, autore de Lo stradone col bagliore su Enzo Jannacci) è quella di aver ritrovato e restaurato materiale quasi del tutto inedito del Collettivo Cinema Militante. Nulla di ampolloso ed estremista, nulla di nebuloso e reducista, anzi

di Davide Turrini

Segnatevi domenica 18 novembre, ore 18e20, Cinema Aquila, Roma. È qui che avverrà la prima proiezione di Tra il Cane e il Lupo, un documentario educato e minuto, quasi tutto d’archivio, sul ’68, e gli anni subito a seguire, a Milano. Andare a vederlo ne vale davvero la pena. Perché la particolarità del film diretto da Giulia Sodi (figlia di Ranuccio Sodi, produttore e regista tv, autore de Lo stradone col bagliore su Enzo Jannacci) è quella di aver ritrovato e restaurato materiale quasi del tutto inedito del Collettivo Cinema Militante. Nulla di ampolloso ed estremista, nulla di nebuloso e reducista, anzi.

“Bisogna capire più che ricordare”, spiega la voce fuori campo della Sodi che, assieme a sua figlia piccola, percorre fisicamente e urbanisticamente la Milano di oggi, ricostruendo storicamente la parabola audiovisiva e politica del CCM, andandone ad incontrare i protagonisti e raccontandone le loro storie. Vicende umane e personali che però, proprio attraverso il prisma delle immagini girate in  quegli anni, qui riproposte in capitoli dai cartelli introduttivi godardiani, si fanno senso collettivo di un’epoca di lotte dure, frontali, talvolta violente, ma sempre dalla parte di chi stava peggio.

Scontri di piazza, sì, magari quelli meno enfatizzati dalle antologie ufficiali della storia in diretta tv, ma egualmente significativi e sconvolgenti; cortei e scioperi classici, ma anche tutta quella lunga, articolata e incredibile cronaca dell’occupazione delle case vuote da parte di tanti operai meridionali venuti a lavorare al Nord o dei collettivi femminili che per avere un buco in cui vivere finirono perfino per mordere i testicoli dello storico sindaco socialista Aniasi.

Il Cane e il Lupo ha l’andamento sincero e fluttuante di una memoria recuperata senza troppi propositi ideologici, a cui si aggiunge la freschezza dei reportage veristi del CCM. “Non cercavamo di dare uno stile alle nostre immagini, ma di dar loro una ragione”, spiega Ercole Visconti, uno dei “militanti” operatori del collettivo. La ricerca di un’immagine “calda”, che “sfidi le altre”, proprio per raccontare un’alternativa all’immagine dominante, magari proprio quella Rai “che non diceva la verità”. I volti, i corpi, le case, le strade del ’68 e dintorni, nel film della Sodi assumono una forza drammaturgica autentica ed intonsa, paradossalmente liberi dell’ideologizzazione che all’epoca parvero assumere, avvicinati alla curiosità di un agire filmico contemporaneo che esplora, comprende e rispetta il passato. E lì davanti alla cinepresa del CCM c’era la lotta dei più disperati, degli sfruttati, degli ultimi, in mezzo a una Milano che a sua volta, a rivederla oggi, pare davvero un altro mondo.

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