Negli Stati Uniti si chiama whistleblower, in Italia è chi denuncia un illecito all’interno della sua azienda. Colui che con la sua testimonianza e senza tornaconto personale permette di porre fine a una condotta illegale che ha subìto o di cui è venuto a conoscenza. Roberto Borsa è un whistleblower improprio: anche lui ha denunciato un illecito, ma è andato dai carabinieri dopo le minacce subite dal capo dell’azienda pubblica per cui lavorava e a cui, per legge, doveva rivolgersi per raccontare quanto scoperto. Dal 30 novembre 2017 in Italia esiste anche una legge che tutela i dipendenti pubblici che fanno whistleblowing. Borsa non ha potuto usufruirne: la sua denuncia è precedente, ma rappresenta forse uno dei casi più importanti e famosi avvenuti nel nostro Paese.
LA DENUNCIA E LA CADUTA DI SAGGESE
Nel 2013, quando era a capo delle relazioni internazionali dell’Agenzia spaziale italiana, Borsa scopre qualcosa che non va nella gestione di alcuni appalti dell’Asi: oltre una settantina di fatture false, per una cifra superiore ai 700mila euro. Cosa fa? Ne parla con il presidente, che all’epoca era Enrico Saggese. Quest’ultimo promette di verificare, ma la situazione non cambia. Borsa insiste. E Saggese finalmente lo incontra, a settembre. E lo minaccia, come si legge nelle carte del processo: “Le fatture sono false, per me sei morto“. Borsa decide di raccontare tutto ai carabinieri. La conclusione di questa storia è cronaca giudiziaria: il 6 febbraio 2014 si viene a sapere che Saggese è indagato per concussione, il giorno dopo si dimette, il 25 è agli arresti domiciliari. È la fine della sua esperienza alla guida dell’Asi, una fine ingloriosa. Roberto Borsa diventa una sorta di eroe nazionale, il dipendente senza macchia che denuncia il malaffare. E si concede a stampa e televisioni: “È un passo per andare verso tempi migliori. In Italia l’allocazione delle risorse è completamente sbagliata solo a causa della corruzione. Perdiamo i cervelli per dare spazio ai clientelismi: denunciare questa condizione è l’unico modo per andare verso tempi migliori”. A sentire il primo whistleblower noto al grande pubblico gesti come il suo potrebbero essere un invito per molti a fare altrettanto in tante altre realtà: ”Potremmo darci una ‘scossa‘ nel denunciare la corruzione: non è un invito alla delazione, ma è l’unico modo per cambiare le cose”.
LA CORTE DEI CONTI CONTESTA L’ASSUNZIONE DI BORSA
Ma che fine ha fatto oggi, a distanza di quattro anni, il dottor Roberto Borsa da Pesaro? Mentre il processo a carico di Saggese è ancora in corso, il suo nome ricompare quasi dal nulla in questi giorni, quando sull’Asi si riaccendono i riflettori a causa del siluramento da parte del Miur dell’ex presidente Roberto Battiston. Una persona a cui apparentemente Borsa deve molto. È proprio con l’arrivo del professore alla guida dell’Agenzia, infatti, che coincide l’assunzione di Borsa al Centro italiano di ricerca aerospaziale di Capua (l’Asi è socio di maggioranza), grazie a una procedura concorsuale dai tempi e dai modi tutti da raccontare. Dalle carte ufficiali, si evince che a metà dicembre 2014 il Cira inizia a cercare un dirigente responsabile per Territorio, Ambiente e Beni culturali, un settore che fino a quel momento nel centro di ricerca non esisteva. La scadenza delle manifestazioni d’interesse è a stretto giro di posta, il 2 gennaio 2015, il giorno dopo Capodanno, appena due settimane di tempo per candidarsi. Si presentano in quattro, tra cui Roberto Borsa. Che a marzo vince un contratto a tempo determinato (110mila euro lordi all’anno per cinque anni più premi) e, dopo qualche mese, viene anche nominato dall’Asi consigliere d’amministrazione della partecipata e-Geos (altri 10mila euro annui fino a inizio 2018). Passano tre anni e mezzo e il nome del whistleblower ricompare. Il 18 settembre scorso la Corte dei Conti deposita la propria relazione relativa all’attività di controllo sul Cira. Quello che viene descritto è un quadro desolante, con enormi sprechi di denaro pubblico. Tra le spese per certi versi immotivate, a pagina 17 la Corte dei Conti parla del “rafforzamento della dotazione dell’area di Presidenza che, già dotata di due dirigenti, si è vista incrementare” “di un ulteriore dirigente assunto a tempo determinato nel marzo 2015, con contratto quinquennale per la copertura di una posizione di nuova istituzione di responsabile di territorio, beni ambientali e culturali”.
“DUBBI SULL’EFFETTIVA NECESSITA’ DELL’ASSUNZIONE”
Si tratta proprio di Roberto Borsa. Continua il magistrato contabile che ha redatto la relazione: “In verità, a partire dal novembre 2016 tale dirigente a tempo determinato è stato utilizzato come responsabile ad interim degli affari societari. Successivamente – si legge ancora – a seguito di modifica organizzativa intervenuta nel novembre 2017, la posizione di responsabile di territorio, beni ambientali e culturali per la quale tale risorsa dirigenziale aggiuntiva era stata assunta ad hoc a tempo determinato è stata soppressa e il dirigente in questione è stato nominato direttore e posto a capo di una direzione istituita nella seduta del 29 marzo 2017, posta alle dirette dipendenze della Presidenza, destinata all’Innovazione e alla Comunicazione Istituzionale”. Tradotto: assunto per fare una cosa, dopo un anno e mezzo è assegnato ad altro e dopo quattro mesi ad altro ancora. La Corte dei Conti, a questo punto, non può non farsi domande. E mette nero su bianco: “In proposito la avvenuta soppressione, a distanza di soli due anni e mezzo, della posizione per cui tale dirigente era stato assunto ad hoc con contratto a tempo determinato per cinque anni non può non sollevare dubbi sulla effettiva necessità, ciò nonostante all’epoca affermata, di tale ulteriore assunzione dirigenziale, unitamente agli oneri aggiuntivi che la stessa comporta a carico della finanza pubblica“. Insomma: uno spreco.
L’ESPOSTO SUL TAVOLO DEL MIUR: “CONCORSO CUCITO ADDOSSO A BORSA”
Ciò che la Corte dei Conti non è tenuta a scrivere, però, si può leggere nero su bianco all’interno di un esposto arrivato a ottobre sul tavolo della Procura di Santa Maria Capua Vetere, della Corte dei Conti, del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti e dei vertici del Miur, con il ministro Bussetti che ne ha confermato l’esistenza in una recente intervista al quotidiano la Repubblica. Chi scrive (dell’autore si parlerà più avanti) sottolinea che Roberto Borsa arriva al Cira su “pressioni di Battiston dopo una selezione con requisiti (ad esempio la conoscenza dello spagnolo) creati apposta per l’occasione”. L’esposto, oltre a riportare le cifre corrette dello stipendio di Borsa, sottolinea anche che il dirigente si vede con costanza in ufficio a Capua “solo da novembre 2016, quando ha cominciato a fare il segretario del cda”. Il documento in questione è stato protocollato il 31 ottobre scorso, una settimana prima della cacciata di Battiston dall’Asi, e ha un mittente molto chiaro: Ugl Caserta. Le accuse contenute, tuttavia, sono tutte da dimostrare. Per farlo, ilfattoquotidiano.it ha contattato la sezione casertana del sindacato, che ha subito preso le distanze dall’esposto: “Non siamo stati noi ad inviare quel documento” fanno sapere dalla segreteria provinciale Metalmeccanici, sottolineando che l’accaduto “evidenzia ancora una volta il clima di pesanti criticità che il Cira vive da ormai quattro anni”. La Ugl non risparmia critiche ai vertici dell’Agenzia spaziale italiana: “Il repentino avvicendarsi del management del Centro, attuato in prima persona da Asi, di fatto non ha consentito di operare con la necessaria focalizzazione su indirizzi strategici chiari. Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti – spiegano – con un netto peggioramento dei risultati di bilancio, che sono crollati da un utile di esercizio superiore in media ai 10 milioni del passato alla perdita di oltre 7 milioni registrata nel 2016, dovuta – è la spiegazione del sindacato – ad una significativa riduzione del fatturato dalle attività di ricerca, letteralmente dimezzato negli ultimi anni”.
IL CONCORSO, LA LINGUA SPAGNOLO, I RUOLI ALL’INTERNO DEL CIRA
Per quanto riguarda la situazione di Roberto Borsa, però, poca voglia di parlare. Di certo si sa che il dirigente è stato assunto in Cira nel marzo 2015 dopo il concorso e su proposta del direttore generale, ovvero Mario Cosmo, nominato dg dal presidente Carrino (voluto da Battiston) nonché testimone nel processo contro Saggese al pari di Pasquale Cangiano, attuale dirigente del Cira. Entrambi, prima di arrivare a Capua, ricoprivano ruoli apicali all’interno dell’Asi all’epoca di Saggese. Sul particolare della conoscenza della lingua spagnola come elemento determinante per la vittoria del concorso, nel bando di gara è scritto chiaramente che, oltre a saper parlare bene l’inglese, “costituisce titolo preferenziale la conoscenza professionale di almeno un’altra lingua comunitaria”. L’accusa dell’esposto, quindi, è plausibile ma perde efficacia perché espressa chiaramente nei requisiti propedeutici alla candidatura.
LA DIFESA DI BORSA: “HO VINTO PERCHE’ ERO IL MIGLIORE”
“Ero uno dei massimi dirigenti dell’Agenzia spaziale italiana, guadagnavo meglio che al Cira, mi sarebbe piaciuto rimanere, ma non ho potuto” ha detto Roberto Borsa a ilfattoquotidiano.it. E l’accusa di concorso cucitogli addosso per farlo arrivare al Cira? “Ho partecipato e l’ho vinto per un semplice motivo: ero di gran lunga il migliore dei quattro candidati”. Assunzione ad personam? Borsa non ha dubbi: “Io sono il primo dirigente del Cira ad essere stato assunto sulla base di un concorso. È un dato inconfutabile, quindi è inopportuno il tentativo di strumentalizzare arbitrariamente la relazione della Corte dei Conti“. Che però ha espresso molti dubbi sulla necessità di questa assunzione. “È una questione formale – ha spiegato Borsa al fatto.it – Il testo letterale del bando e che costituisce l’oggetto della responsabilità a me affidata, recita: ‘Rapporti istituzionali e strategie commerciali a supporto della funzione Territorio, Ambiente e Beni Culturali’. Si tratta proprio di un’attività di supporto al presidente del centro nella gestione dei rapporti con enti ed istituzioni preposti alla tutela ambientale e del patrimonio culturale nazionale, nello sviluppo delle strategie aziendali nel settore”.
Al netto dei tecnicismi, la Corte dei Conti dice che il dirigente dopo due anni è stato spedito a fare altro. Borsa non la pensa così: “Oggi continuo ad operare in questo ambito con grande interesse e anche con risultati apprezzabili tanto che, dopo due anni, mi è stato affidato in aggiunta il coordinamento della Direzione Innovazione e Comunicazione nel cui ambito ricade tra l’altro lo sviluppo dei progetti speciali in ambito di biologia spaziale e di pseudosatelliti. Si tratta – sottolinea Borsa – di progetti di osservazione della Terra, quindi propri del settore “territorio ed ambiente””. Insomma, per lui le accuse di aver approfittato di una corsia preferenziale per diventare dirigente Cira sono infondate: “Ho risposto alle vostre domande perché, dopo quanto accaduto ieri (la nomina ai vertici dell’Asi di personalità in qualche modo legate a Saggese, ndr), penso sia utile far capire perché casualmente oggi compaiono delle ombre sul mio nome: io sono il dirigente che nel 2014 denunciò i fatti di corruzione avvenuti all’Agenzia Spaziale Italiana e che portarono agli arresti domiciliari dell’allora presidente Enrico Saggese”.