Dicette ‘o prevete: fa’ chello ca dico io ma nun fa’ chello ca facc’io.
(“Disse il prete: fa quello che ti dico ma non fare quello che faccio io”)
La bellezza dei proverbi napoletani sta nella filosofica essenzialità del retro-pensiero. In questo aforisma il sottinteso fa riferimento al caso in cui, anche ai tempi d’oggi, può capitare, forse anche abbastanza spesso, che un prete possa consigliare agli altri di comportarsi positivamente anche se magari lui, in privato, usa avere altri atteggiamenti, non sempre molto positivi.
Togliete il prete e metteteci una banca (o le banche) ed il senso non cambia.
In questi ultimi giorni infatti gli istituti di credito del nostro paese stanno spingendo per la vendita del Btp Italia che andrà in collocamento dal 19 al 22 novembre. Come ha sottolineato Nicola Borzi su questo giornale, si tratta del quattordicesimo (!!!) collocamento di un titolo di Stato che, finora, è stato venduto per un totale di circa 129 miliardi di euro. Un titolo del debito pubblico a 4 anni con un rendimento semestrale minimo garantito che dovrebbe aggirarsi intorno all’1,2-1,25% (ma non si esclude anche qualcosa in più) tra l’altro indicizzato all’inflazione. In altri termini se aumenta il caro-vita gli interessi percepiti aumenteranno.
“Conviene acquistarli?”. E’ la domanda che si pone il comune cittadino-risparmiatore
“Sì!”. E’ la risposta, decisa e convivente, del consulente bancario. “E – continua nel suo trade story-telling – per due motivi”.
“Innanzitutto perché se si trattiene il titolo fino alla scadenza si ottiene un premio ‘fedeltà’ pari a un rendimento lordo aggiuntivo (precedentemente intorno all’0,4%)”.
“In secondo luogo perché si tratta di un titolo che garantisce il capitale investito”.
Ops! Ecco il solito vecchio difetto del venditore bancario che non dice bugie (perché quel titolo garantisce effettivamente il capitale garantito) ma che omette sistematicamente. L’omissione è una tecnica di vendita tipica del consulente bancario. In questo caso il venditore-bancario ha “evitato” di dirmi che quel titolo effettivamente garantisce il capitale ma solo se arriva alla scadenza. Perché, se per qualsivoglia motivo, quei risparmi mi servono prima del termine dei 4 anni, rischio di maturare una perdita cosi come verificatosi per i Btp Italia emessi dopo il 2016 che, venduti prima della scadenza, hanno maturato una riduzione del capitale investito tra i 45 e i 100 euro per ogni mille investiti!
E poi mi chiedo: come mai le banche italiane che tra la fine del 2015 e il 30 settembre scorso si erano sbarazzate di circa 75 miliardi di titoli di Stato italiani (salvo poi essere obbligate a ricomprarli per un interessato dovere di Stato), sono poi cosi pressanti nel consigliare al risparmiatore italiano di fare l’affare del secolo acquistando il Btp Italia?
Forse il rischio-paese (ed il pericolo della tenuta dei suoi conti pubblici) lo vogliono trasferire sul risparmiatore?
Sicuramente si stanno comportando come il prete.