“Mi hanno chiesto: scusi, dove sta andando? Perché stavo spostando il cordone che separava i big dagli altri delegati. Poi mi hanno fatto passare e sono riuscita ad andare a salutare Delrio. Ci mancherebbe altro”. Katia Tarasconi, consigliera regionale dell’Emilia Romagna già assessore a Piacenza, era all’assemblea del Pd. Ha parlato dopo Maurizio Martina, segretario uscente, e il suo intervento è rimbalzato sui social della base dem. Toni accesi, sguardo negli occhi di chi siede al tavolo della presidenza, concetti chiari: “Ritiratevi tutti, ripartiamo dalle idee. A nessuno, là fuori, interessa delle vostre correnti e delle vostre liti”. Un discorso che online replica la viralità di quelli di Debora Serracchiani del 2009, ma in sala il copione è un altro.
Gli applausi “sono arrivati soltanto da chi era dietro il cordone dei big, dai ‘delegati di serie B’. Dalle prime file zero”. Ed era proprio quel cordone che segnava la differenza tra chi era più importante e chi meno. “Fisicamente la sala era divisa. Perché devi tenere separate le persone se è vero che all’assemblea siamo tutti uguali? Tra delegati non ha senso”. Che le cose fossero così non era una novità neanche per Tarasconi. “La differenza è che prima non mi sono mai permessa di dirlo. Se sei in una comunità cerchi di capire come funziona, quali sono le regole. Però ieri sono sbottata. Fra l’altro non mi aspettavo che mi chiamassero a parlare dopo il segretario. Avevo anche la cicca in bocca, una cosa orrenda. L’ultima volta ero andata al tavolo della presidenza tre volte per chiedere di potere intervenire e ce l’ho fatta solo dopo il voto. Per l’assemblea di ieri invece avevo mandato una mail chiedendo di parlare prima del voto, anche se era solo quello per la commissione di garanzia“.
Chiamarla dopo l’intervento del segretario, forse, aveva un significato. “A essere cattivi, era un invito alla collaborazione. Nell’ambiente si sa che sono arrabbiata, e che lo sono da tanto tempo. Magari pensavano che mi sarei calmata”. E invece no: il tono è stato tale e quale a quello che aveva pensato. Il testo lo stesso che aveva sottoposto “qualche giorno prima a un consigliere regionale di Modena, per sapere se lo condividesse. Mi aveva detto di sì, che era quello che pensavano in tanti”. Quei quattro minuti erano fatti delle parole che aveva previsto, tra l’invito a ritirarsi “tutti” e a smettere di essere “ostaggio di qualcuno”.
Reazioni? “Sì, dai delegati di serie B, diciamo. Un segretario di circolo è venuto da me e mi ha ringraziato perché avevo detto quello che tanti pensavano, tante strette di mano quando sono tornata al mio posto”. Eppure si era rivolta direttamente anche al tavolo della presidenza, guardando in faccia Martina per ricordargli che quello statuto, tutti insieme, non avevano mai provato a modificarlo. “Ma il loro silenzio non mi ha stupita. Non ho nessuna capacità di mettere in discussione il sistema partito e lo sanno. Avranno pensato ‘ok, dai, hai fatto il tuo sfogo’. Non si sono sentiti toccati, non rappresento nessuno che è il partito”. Un’indifferenza che Tarasconi aveva già toccato con mano in assemblea il 7 luglio, “quando avevo detto: ‘siete affamati e siete folli’. Ma non come la intendeva Steve Jobs. Io volevo dire che sono affamati di potere e folli perché ci stanno portando a sbattere contro un muro. Basta andare al bar, al supermercato e ascoltare. Cosa che costa fatica. Si renderebbero conto che la strada del Pd è quella sbagliata. Si pensa alle correnti legate alle persone, a chi sta con Franceschini, Zingaretti, Minniti e Renzi. Col risultato che di idee non si parla”.
Eppure lei stessa viene dalla corrente dell’ex segretario. “È vero, ma per me Renzi non era dio sceso in terra, ma una serie di idee e valori che condividevo. Nel 2012 ci ho messo l’anima, ma quello che ha perso negli anni è ammettere gli errori fatti. E sui territori le persone hanno bisogno di sentirsi parte della squadra. Nessuno vince da solo. Ha fatto quello che sa fare, il leader. Ma intorno servono anche persone che la pensino diversamente”. E proprio Maria Elena Boschi era davanti alla Tarasconi durante l’intervento, in prima fila. “C’erano lei e la Bellanova sedute di fronte. Cosa hanno pensato? Boh. Bisognerebbe chiederlo a loro. Di sicuro da lì non è venuto nessun applauso”. Ma neanche da Delrio quando è andata a salutarlo? “Ci sono andata prima di parlare. Mi ha abbracciato e mi ha detto: ‘stai calma’”. Poi il silenzio.