“Non esiste privacy che neghi il diritto a un bimbo di avere una mamma e un papà“. Rileggiamolo ancora: “Non esiste privacy che neghi il diritto a un bimbo di avere una mamma e un papà”. Lo dice il ministro dell’Interno Matteo Salvini in merito al parere negativo del Garante per la privacy sulla sostituzione dell’indicazione di “genitori” con “padre” e “madre” nei moduli per il rilascio della carta di identità elettronica per i figli minorenni. Lo riscrivo? Dai. Il nostro ministro dell’Interno se ne frega (uso la derivazione fascista del modo di dire come scelta di coerenza con un personaggio a dir poco barbarico – Augias, minuto 0.23 – se lo si guarda dal punto di vista della storia dell’umanità) della risposta di Antonello Soro, dopo che il Viminale si era rivolto all’Autorità perché si pronunciasse sullo schema di decreto destinato a riformare la modulistica sui documenti di identità. Se ne frega, sì, avete letto bene.
Se ne frega del Garante per la Privacy, se ne frega della Costituzione, se ne frega dell’Europa, se ne frega delle sentenze e dei tribunali, se ne frega dell’Euro, se ne frega della Legge Mancino, Salvini se ne frega in generale. Come stile personale e politico. Salvini se ne frega punto. Se ne frega anche di quelle famiglie, ormai tante (nel 2005 i bambini arcobaleno erano stati censiti in numero di 100mila – ricerca ModiDi, condotta dall’Istituto Superiore di Sanità con l’aiuto di Arcigay, e risultava genitore una persona omosessuale su 20), composte da due genitori dello stesso sesso con prole. Se ne frega della patria potestà che entrambi questi genitori hanno ottenuto grazie a sentenze di primo, secondo o terzo grado di giudizio, o per la semplice Legge 40. Se ne frega dei loro figli, di quei bambini nel cui nome sbandiera diritti che li nega.
Ma vi immaginate, se passasse lo schema di decreto destinato a riformare la modulistica, la situazione in cui si troverebbero due genitori dello stesso sesso, con figli sui cui documenti c’è ovviamente scritto “genitori” e il nome dei due genitori, ogni volta che dovessero essere fermati? Da Polizia, carabinieri, alla dogana, in aereoporto etc. Che cosa accadrebbe? Una sentenza (o una legge) riconosce a quei bambini due genitori dello stesso sesso, ma i loro documenti non risulterebbero validi per via del fatto che non compare la dicitura “padre” e “madre”? E con i genitori arcobaleno che dovessero ancora farli, i documenti per i propri figli? Che si fa? Non gli si rilasciano, pur essendoci obbligo e diritto per legge?
Con parere datato 31 ottobre e pubblicato sul sito del Garante, l’Authority guidata da Antonello Soro ha dichiarato che “la modifica in esame è suscettibile di introdurre, ex novo, profili di criticità nei casi in cui la richiesta della carta di identità, per un soggetto minore, è presentata da figure esercenti la responsabilità genitoriale che non siano esattamente riconducibili alla specificazione terminologica padre o madre. Ciò, in particolare, nel caso in cui sia prevista la richiesta congiunta (l’assenso) di entrambi i genitori del minore (documento valido per l’espatrio)”. Lo stesso Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali) si è opposto: l’ufficio deputato dallo Stato italiano a garantire il diritto alla parità di trattamento di tutte le persone, indipendentemente dalla origine etnica o razziale, dalla loro età, dal loro credo religioso, dal loro orientamento sessuale, dalla loro identità di genere o dal fatto di essere persone con disabilità, ha sottolineato come la modifica esporrebbe al rischio di disparità di trattamento nei casi in cui la richiesta della carta di identità, per un soggetto minore, sia presentata da figure esercenti la responsabilità genitoriale che non siano esattamente riconducibili alla specificazione terminologica padre o madre, come nel caso di persone dello stesso sesso. Inoltre, disporre di sostituire il termine genitori con le parole padre e madre rischierebbe di imporre in capo ai soggetti richiedenti una dichiarazione di dati inesatti o di informazioni non necessarie di carattere estremamente personale. Si arriverebbe a escludere la possibilità di rilascio del documento a fronte di dichiarazioni che non rispecchino la veridicità.
Ma Salvini se ne frega. Se ne frega e risponde pubblicamente: “Noi andiamo avanti. Non esiste privacy che neghi il diritto a un bimbo di avere una mamma e un papà”. Vorrei dire a questo barbaro signore, che rappresentare un popolo significa riflettergli la sua storia, la sua identità, le sue origini e le sue tradizioni, ma anche le sue conquiste, le sue battaglie, le sue speranze, i suoi desideri, le sue trasformazioni. Salvini, come tutti i nostri rappresentanti, ha lo stesso compito, guarda caso, che hanno i genitori verso i propri figli: la responsabilità di metterli nelle condizioni di sviluppare valore a partire dalle loro risorse e dalle loro stesse vite, di farli crescere, evolvere, di incoraggiarli, di nutrire le loro ambizioni, di sostenere i loro sogni. I sogni di tutti. Di tutti i figli. I figli più desiderati e quelli meno, i figli più brillanti e quelli pigri, i figli che ci rendono orgogliosi e quelli che ci deludono, nei quali non ci riconosciamo. Tutti i figli.
I tuoi figli, signor Salvini, sono anche i figli arcobaleno, e guai, guai! a non preoccuparti di loro, delle loro vite, delle loro aspirazioni, delle loro difficoltà. Guai a non farti paladino dei primi ma anche degli ultimi, delle minoranze, dei meno agiati, di chi è in panne. Non misurare il tuo successo in click, signor Salvini, perché la memoria di ciò che resterà dopo di te si costruisce con le opportunità che hai dato al tuo Paese, a ogni cittadino del tuo Paese, per il valore che hai aiutato a sviluppare nella vita di ogni essere umano durante il tuo mandato. E non per la gloria fugace di una pressione su un mouse.