La giudice per l'udienza preliminare del Tribunale di Monza ha condiviso le conclusioni del perito e assolto il 28enne di Nova Milanese che avvelenò con il solfato di tallio nove famigliari, uccidendone tre: "Affetto da disturbo delirante, vizio totale di mente". Il pm aveva chiesto la condanna all'ergastolo. Dovrà trascorrere dieci anni in una struttura psichiatrica
Avvelenò nove membri della sua famiglia con il solfato di tallio, uccidendone tre. Ma è stato ritenuto totalmente incapace di intendere e di volere dal giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Monza e per questo è stato assolto. Mattia Del Zotto, il 28enne di Nova Milanese per il quale il pm aveva chiesto la condanna all’ergastolo, resterà rinchiuso in una struttura psichiatrica per dieci anni.
Per il perito nominato dal giudice Patrizia Gallucci, al momento dei fatti, Del Zotto era “affetto da un disturbo delirante, totalmente incapace di intendere e volere” e “affetto da vizio totale di mente”. Sulla base di quanto stabilito dal consulente, la gup lo ha assolto dall’accusa di omicidio volontario plurimo premeditato e lesioni plurime, per aver avvelenato con del solfato di tallio acquistato su internet i suoi familiari, uccidendo i nonni paterni e una zia. “L’ho fatto per punire soggetti impuri”, disse dopo l’arresto avvenuto nel dicembre 2017.
La tesi esposta nella perizia, analoga a quella della difesa, è in contrasto con quella dell’accusa il cui perito aveva invece giudicato il 28enne solo parzialmente incapace di intendere e volere. I familiari sopravvissuti del giovane, ancora residenti nella stessa villetta di Nova Milanese dove Mattia li ha avvelenati, e dove abitano anche i suoi genitori, come riferito dall’avvocato di parte civile Stefania Bramati, “hanno preso bene la sentenza, sapendo perfettamente che il giovane abbia bisogno di essere curato”.
Ora Del Zotto, per decisione del giudice, dovrà restare in una struttura psichiatrica per dieci anni e, fin quando non verrà individuata, resterà in carcere. “Attenderemo le motivazioni della sentenza – ha continuato il legale – ad ogni modo i vari familiari tra loro sono in buoni rapporti, condividono la stessa casa, e di fatto non hanno nemmeno mai chiesto una perizia di parte per avanzare richieste di risarcimento di sorta”.