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Scuola, il ministro Bussetti loda i ‘buoni maestri’ ma per lo Stato i prof non contano nulla

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“L’istituzione scolastica deve essere uno dei centri propulsivi della società italiana e dei suoi valori democratici e di libertà. Per questo dobbiamo riflettere su una didattica adatta all’utilizzo in classe della tecnologia, una scuola smart è una risorsa per il Paese […] Ciò che, tuttavia, deve rimanere centrale è il rapporto docente-studente. Non esiste innovazione senza buoni maestri’”. Il ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, a Matera per partecipare al convegno su «Le scuole e il futuro aperto», appuntamento di avvicinamento alla cerimonia di apertura di Matera Capitale europea della Cultura, in programma il 19 gennaio 2019, ha parlato anche dei professori. Insomma dei “buoni maestri”. Ma si sa, loro, gli insegnanti, continuano a perdere l’autorevolezza della quale avrebbero bisogno. Sempre più spesso derisi, ma anche aggrediti, da alunni e genitori. In un cortocircuito, nel quale rientra anche la retribuzione. Inadeguata a responsabilità ed incombenze.

Così quando lo scorso febbraio il ministro Valeria Fedeli annunciò la sigla del nuovo contratto di lavoro e l’aumento medio di circa 96 euro mensili, nessuno esultò. Non era molto, ma in ogni caso un piccolo scatto. Un inizio, speravano i più ottimisti. Sbagliando. Già perché, nella nuova manovra, per lo stipendio dei professori, ci sono 1,7 miliardi di euro. Una cifra che consente un ritocco pari all’1,9% lordo dello stipendio, cioè 23 euro lordi al mese, destinati a salire a 38 nell’arco dei tre anni.

Definirlo un passo indietro non sembra fuori luogo. Nonostante questo il ministro fa sfoggio di ottimismo affermando che “C’è un dialogo costruttivo con le organizzazioni sindacali affinché il prossimo contratto arrivi presto e dia un’adeguata risposta alle attese della categoria e all’esigenza di funzionalità delle scuole”. Rimangono le cifre. Incontrovertibili. Nel Documento economico e finanziario per il 2019 infatti sono stati messi a bilancio 1,1 miliardi di euro, che saliranno a 1,425 nel 2020 per arrivare a 1,775 a partire dal 2021. Per riequilibrare la questione servirebbero altre risorse. Bussetti è convinto che sarà possibile reperirle. Ma intanto i sindacati sono sul piede di guerra.

“Per sedersi servono almeno altri due miliardi. Il governo deve indicare chiaramente che quelle risorse saranno nella prossima Legge di stabilità. Ricordo come l’attuale esecutivo abbia sbeffeggiato il contratto povero della Fedeli, purtroppo la base di partenza del rinnovo 2019-2021 è decisamente inferiore”. Il segretario della Federazione dei lavoratori della conoscenza, Francesco Sinopoli, che afferma che la Cgil scuola non ha intenzione di sedersi al tavolo delle trattative con il governo con queste premesse.

I circa 1,2 milioni di lavoratori coinvolti nella trattativa sono spettatori. Dignitosamente fermi nella loro convinzione. Lo Stato non li gratifica perché in fondo non ne ha stima.

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