Stava lavorando all’Edipo a Colono di Sofocle per il prossimo Festival di Napoli il regista Eimuntas Nekrosius morto nella notte a Vilnius. Il maestro lituano considerato tra i più famosi registi teatrali avrebbe compiuto 66 anni il 21 novembre. L’artista, nato a Pazobris, è morto la notte scorsa in una clinica di Vilnius dove era stato ricoverato al suo rientro da un viaggio all’estero. Intensa l’attività anche in Italia come regista di prosa, da Anton Cechov a William Shakespeare: Nekrosius è stato direttore artistico del Teatro Olimpico di Vicenza (2011-2013) e ha debuttato come regista lirico nel 2002 al Teatro Comunale di Firenze proponendo un indimenticabile Macbeth verdiano, mentre alla Scala di Milano nel 2010 aveva firmato il Faust di Gounod.
Nei suoi spettacoli, espressivi e visuali, il regista dedicava particolare attenzione non solamente all’interpretazione emozionale degli attori, ma anche all’utilizzo degli oggetti sul palcoscenico che si trasformano quasi in un racconto autonomo. Diplomato all’Istituto d’arte Lunacarski di Mosca, Nekrosius si era messo in luce come direttore e regista del Teatro dei giovani di Vilnius e quindi al Teatro drammatico di Kaunas. Nel 1993 era stato nominato regista del Festival internazionale di teatro lituano e nel 1998 aveva fondato il centro artistico indipendente Meno fortas. Nel 1996 gli è stato consegnato il Premio Ubu per il migliore spettacolo teatrale straniero presentato in Italia; nel 2001 la critica russa gli ha assegnato il Premio Konstantin Stanislavskij. “Artefice di un teatro visionario e antinaturalistico“, secondo l’Enciclopedia Treccani, Nekrosius ha creato spettacoli di inconsueta ricchezza vitalistica e varietà d’invenzione che, fondati su una metaforica e talvolta vorticosa stratificazione espressiva, combinano la logica ipnotica dei sogni e della poesia e le gags ludiche e clownesche del circ. Nel 2005 ha realizzato 2007 La Valchiria di Wagner.
Tra le regie teatrali più recenti, in cui ha rinnovato la potenza dell’elemento visivo, punto nodale della sua pratica teatrale, si ricordano: Faust di Goethe (2006), testo che ha tradotto in uno spettacolo realizzato con scene di forte impatto abitate da oggetti simbolici e immagini essenziali e folgoranti; Anna Karenina di Tolstoj (2008), dove l’immagine, il gesto, il paesaggio sonoro riducono l’importanza della parola recitata nella creazione di un mondo verosimile, in cui, tra atmosfere dense e sospese, il tempo si dilata per accogliere le azioni nel suo moltiplicarsi visionario.