Picchiate a morte, accoltellate in casa o investite in autostrada perché transgender. Uccise per aver manifestato un’identità di genere diversa dal proprio sesso biologico. Sono le vittime di transfobia e per loro è stato istituito il Transgender Day of Remembrance, celebrato il 20 novembre di ogni anno in decine di Paesi del mondo. Per l’occasione, Transgender Europe ha pubblicato il report 2018 sulle vittime di discriminazione di genere. I numeri parlano di un fenomeno in costante aumento. E fra gli Stati dell’Unione europea la maglia nera spetta all’Italia.

I dati sulla transfobia
Negli ultimi 12 mesi sono stati registrati 369 casi di omicidio, 44 in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. A fare da capofila fra i Paesi con il più alto tasso di delitti a sfondo transfobico è il Brasile, che conta 167 episodi. Seguono il Messico (71), gli Usa (28) e la Colombia (21). Fra gli Stati dell’Unione europea, invece, è l’Italia a detenere questo primato, con 5 casi accertati. Si tratta di Johanna Cárdenas Gutiérrez, uccisa in casa a Milano il 4 febbraio di quest’anno; di Ambra, trovata morta nella sua auto il 23 settembre scorso. E poi ci sono Laura Ursaru, Ximena Garcia e Rafaella Rotocalco, tutte uccise nei dintorni di Roma. Ma potrebbero essere molte di più, dato che non sempre questi delitti vengono classificati in modo corretto. Secondo il rapporto, infatti, “nella maggior parte dei Paesi i dati sugli omicidi delle persone trans non sono prodotti in modo sistematico ed è impossibile stimare un numero effettivo di casi”. Quel che è certo è si tratta soprattutto di “sex workers” (62 per cento) e che in nazioni come l’Italia, il Portogallo, la Francia e la Spagna due vittime su tre sono migranti.

Porpora Marcasciano: “In Italia la situazione è peggiorata”
“Questi dati non possono passare inosservati. 369 vittime in un anno vuol dire più di una al giorno. È un vero e proprio massacro, specie se si pensa che si tratta di numeri viziati per difetto”. A dichiararlo al ilfattoquotidiano.it è Porpora Marcasciano, presidente onoraria del Movimento identità trans (Mit) e da tanti anni in campo per i diritti della comunità Lgbtqia. “Molte persone trans hanno il proprio nome di battesimo sui documenti, perciò quando vengono uccise non sono conteggiate nelle statistiche degli atti transfobici”, spiega. “È un fenomeno che riguarda tutti, non si può girare la testa dall’altra parte”. Una battaglia, quella contro l’indifferenza, che Marcasciano conosce bene. E che è ancora molto difficile da vincere. “In Italia e nel resto dell’Europa la situazione è peggiorata rispetto al passato. Si è instaurato un clima di intolleranza e di chiusura verso tutte le forme di diversità. Questi dati ne sono la conferma”, chiarisce. “Lo ripetiamo continuamente ai politici, ma siamo del tutto irrilevanti ai loro occhi, ci considerano cittadini e cittadine di serie B. Ed è da questa discriminazione che nascono le violenze”.

Le iniziative in Italia
Cominciate sabato scorso a Torino con la Trans Freedom March, sono decine le iniziative organizzate in tutta Italia per la Giornata internazionale in ricordo delle vittime di transfobia. A Bologna l’appuntamento è fissato alle 19 in piazza del Nettuno insieme agli attivisti e alle attiviste del Mit e del Comitato Non una di meno. A Genova il Coordinamento Liguria Rainbow ha organizzato una commemorazione laica alle 18 in piazza Don Andrea Gallo e alla stessa ora è previsto un evento analogo a Padova, in via VIII Febbraio. Marce e fiaccolate attese anche a Verona, Milano, Pavia, Viareggio, Urbino, Bari. Nella Capitale, invece, dopo la tradizionale fiaccolata che si è svolta domenica in stazione Termini, è stato fissato un altro appuntamento per venerdì 23 novembre presso la Gay Street di via San Giovanni in Laterano. Un calendario di eventi che si aggiunge a quelli organizzati nel resto del mondo, da New York a Parigi, fino a Budapest e Londra.

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