Cinque pazienti, altrettanti interventi nei reparti di cardiochirurgia di alcuni ospedali del Veneto. Dopo le operazioni, però, sono tutti morti per cause finora non chiare, forse in seguito a un’infezione causata dal microbatterio ‘Chimera‘. Il 2 novembre scorso, però, succede qualcosa che cambia le cose: muore il dottor Paolo Nemo. Vicentino, 66 anni, anestesista dell’ospedale San Bortolo, anche lui era stato sottoposto a un intervento al cuore nel 2016, nella struttura in cui lavorava. Il dottor Nemo, però, ha fatto una cosa che nessun altro paziente aveva fatto prima di lui: aveva raccolto elementi sulla sua infezione, annidata in un macchinario per la circolazione extracorporea del sangue. La famiglia ha sporto denuncia alla magistratura e da lì è partita in parallelo l’ispezione della Regione, che – come riportato oggi dal Corriere della Sera – ha raccolto e sta esaminando i fascicoli degli altri cinque casi simili. Secondo quanto riportato dall’Ansa, la relazione dei tecnici sarà depositata entro alcuni giorni. Il loro lavoro consiste nell’incrociare i dati delle denunce con quelli delle cartelle cliniche dei pazienti deceduti, e con quelle di altri casi analoghi in cui è stato utilizzato lo stesso apparecchio per la circolazione extracorporea. Sulla base dell’allerta relativo al batterio Chimera, la ditta che produce il macchinario incriminato aveva avvertito i propri clienti, e la Regione Veneto aveva diramato a maggio delle linee guida nazionali sulla disinfestazione degli apparecchi. Qualcosa è andato storto? È quello che cercheranno di dimostrare gli inquirenti e i tecnici specializzati che in giornata hanno effettuato ispezioni in tutte le cardiochirurgie del Veneto, su ordine della Regione governata da Luca Zaia.
L’obiettivo era quello di verificare, nei reparti, la presenza delle macchine per l’Ecmo sotto accusa per il caso delle infezioni legate al microbatterio chimera. Il contagio sarebbe avvenuto proprio attraverso uno specifico macchinario ‘cuore-polmone‘, prodotto da LivaNova. I tecnici regionali – a leggere ciò che ha scritto l’Adnkronos Salute – verificheranno in primo luogo se le macchine presenti sono quelle del marchio sospetto. Inoltre, considerato che a maggio scorso sono state emanate specifiche linee guida, gli ispettori ne verificheranno l’applicazione e, infine, saranno accertate le date precise che riguardano gli interventi eseguiti e l’accertamento delle infezione dei casi sospetti, in modo da avere maggiore chiarezza sull’accaduto. Gli ispettori presenteranno, appena concluso il lavoro di monitoraggio, una relazione all’assessore Luca Coletto e al governatore Luca Zaia. Solo dopo aver visionato i dati, fanno sapere dalla Regione, il governatore e il responsabile della Sanità interverranno sul caso, su cui al momento hanno preferito non rilasciare dichiarazioni.
“Abbiamo proseguito il percorso iniziato già da tempo da mio marito che aveva redatto una ricerca su questa vicenda, e lo abbiamo consegnato al nostro avvocato” ha detto alle agenzie di stampa la moglie del dottor Paolo Demo, confermando la presentazione di un esposto in Procura. Come detto, il medico vicentino aveva scoperto che il batterio Chimera si era inserito nel macchinario per il riscaldamento del sangue in uso nelle sale operatore. Il dottor Demo aveva allora iniziato a scrivere un diario per documentare l’evolversi dell’infezione, con esito fatale nel 50% delle infezioni, e alla sua morte il 2 novembre scorso, il memoriale è stato affidato dalla famiglia all’avvocato di fiducia, per la presentazione di un esposto alla locale procura della Repubblica. Le morti sospette causate dal batterio sarebbero a tutt’oggi sei tra Vicenza, Padova e Treviso, per un totale di 18 persone infettate.