Un altro modo di guardare al trasporto ripensando del tutto il senso e l‘impatto ambientale delle infrastrutture viarie, oppure l’alternativa definitiva all’alta velocità ferroviaria. Questo l’orizzonte della elettrificazione autostradale, ormai più di un progetto singolo, ma un orizzonte su cui convergono molti paesi e che consente di ottenere in tempi rapidi nuove dorsali ad impatto zero per movimentare le merci, e in futuro anche i flussi di auto private.
Letteralmente, sono due le strade delle sperimentazione avanzata, una delle quali aperta anche in Italia, dalla A35 Bre-Be-Mi Brescia, Bergamo, Milano, una considerata una delle autostrade più moderne del continente europeo. Su un tratto di circa 6 km tra i caselli di Romano di Lombardia e Calcio, in provincia di Bergamo, verranno istallati in entrambi i sensi di marcia dei cavi elettrici sospesi a circa 5 metri e mezzo di altezza per fornire l’alimentazione necessaria al movimento di autocarri industriali dotati di specifici pantografi.
Francesco Bettoni, il presidente della A35 Bre-Be-Mi, ha definito il progetto come una vera e propria “rivoluzione copernicana nel trasporto di merci su gomma” in cui la sostenibilità ambientale ha un’importanza centrale. Una iniziativa ambiziosa quanto concreta, che vede associarsi l’azienda svedese di veicoli industriali Scania, il leader mondiale dei sistemi elettrici Siemens, Ministero dei Trasporti e Ministero dell’Ambiente e Cal, Concessioni Autostradali Lombarde.
Il progetto di eHighway, ovvero di autostrada elettrificata italiana, poggia sulla produzione di energia elettrica generata da pannelli fotovoltaici, quindi è certamente un ecosistema verde completo. Ma a convincere di più è la reale compatibilità con la meccanica e l’elettronica già disponibile per i mezzi pesanti. Nessuno scossone o promessa, ma un utilizzo intelligente della tecnologia ibrida già esistente. Questi mezzi utilizzeranno infatti la trazione elettrica sono nel tratto autostradale servito dalle linee di alimentazione aerea, mentre saranno spinti ancora da un motore elettrico collegato alle batterie di bordo o da uno a carburante convenzionale ogni volta che usciranno dai percorsi elettrificati.
Le potenzialità sono immense, con costi di adattamento delle strutture viarie piuttosto contenuti. La possibilità, poi, di utilizzare esclusivamente fonti rinnovabili per alimentare le linee aeree rende questo sistema l’estensione naturale delle Smart Grid pensate originariamente in ambito urbano.
I precedenti del resto non mancano. In California è presente un tratto autostradale, coordinato da Siemens e Volvo, che arriva nella zona portuale di Long Beach, così come vicino alla città di Gävle in Svezia, sulla E16 che collega il Paese alla Norvegia, oppure in Germania, sull’autostrada fra Reinfeld e Lübecca. La storia delle sperimentazioni ad impatto zero insegna che il fattore determinante nella diffusione finale di una tecnologia sta nella capacità di non generare investimenti folli, di adeguarsi velocemente agli standard tecnologici dell’industria automobilistica, di risolvere problemi invece che crearne.
Questo è il caso, perché contrariamente a quanto previsto dalla maggioranza degli analisti, negli ultimi cinque anni il costo delle batterie elettriche per autotrazione non è affatto sceso dai 1000 dollari a kWh ad una quota inferiore ai 100. Tutt’altro, considerando che per i materiali come cobalto e litio necessari per fabbricarle si stanno incontrando inaspettate problematiche di approvvigionamento e rispetto dei diritti umani nelle miniere a cielo aperto della Bolivia o dell’Africa sub sahariana.
Elettrificare le infrastrutture viarie per via aerea risolve poi anche alle radice tutte le perplessità dei sistemi di trasmissione di energia ad induzione. In Sud Corea da alcuni anni girano fra il centro della città di Gumi e l’aeroporto bus elettrici alimentati a induzione, creati dal Korea Advanced Institute of Science and Technology: 3 km di strada, dei 20 di percorso totale, nascondono sotto l’asfalto bobine che ricaricano una piccola batteria a bordo del bus attraverso l’interazione tra campi magnetici. Nulla di diverso di quanto accade con gli smartphone di ultimissima generazione poggiati su apposite basi di ricarica, ma rilanciare questo metodo su strada ha dei costi esorbitanti: 500 euro al metro.