Niente (ulteriori) tagli al calcio: nell’assegnazione dei contributi Coni 2019 alle Federazioni sportive, che potrebbe anche essere l’ultima se la riforma proposta dal governo sarà approvata, Giovanni Malagò decide di evitare altri scossoni. Troppo pericoloso, in una situazione politica tanto delicata, mettere le mani nei finanziamenti e creare ulteriore scontento fra i vari presidenti. È stato proprio il sottosegretario Giancarlo Giorgetti a chiedere di lasciare la situazione com’era e Malagò si è adeguato: i contributi 2019 sono gli stessi del 2018, che rischia di restare a questo punto l’ultima decisa dal Coni in autonomia. La rivoluzione governativa entrerà in vigore solo l’anno prossimo ma di fatto è già iniziata.
I soldi pubblici alle Federazioni, una torta da 145 milioni di euro l’anno, sono il vero oggetto della contesa di questi giorni tra Coni e governo, nonché l’epicentro del potere del Comitato olimpico: la riforma firmata da Lega e Movimento 5 stelle vuole toglierli al Coni e farli gestire da una nuova società statale chiamata “Sport e benessere spa” e controllata direttamente da Palazzo Chigi. Anche perché è su questi finanziamenti che si fonda la supremazia del Coni sullo sport italiano, e su cui Malagò ha costruito il suo impero. Sotto la sua gestione, tra il 2014 e il 2016, è passata un’epocale riforma che ha rivisto completamente i criteri di ripartizione, ora basati principalmente sui risultati e sulla preparazione olimpica: la Figc ha perso decine di milioni di euro (è passata dagli 80 milioni del 2011 agli attuali 30), in favore dei cosiddetti sport minori. Nel nuovo sistema la scherma viene prima della pallavolo, il tennis prende quanto il tiro al volo, festeggiano soprattutto squash, ippica, canoa, bocce, i cui presidenti guarda caso sono anche i grandi elettori di Malagò al Coni. Per il governo questo è un conflitto d’interesse bello e buono: di qui nasce la riforma, che però di fatto cancellerà la storia centenaria del Coni e rischia di trasformare anche lo sport in un carrozzone governativo alla mercé dei partiti (ma questa è un’altra storia).
In tutto ciò si inserisce l’assegnazione annuale che varrà per il 2019. Rispetto a 12 mesi fa non cambia nulla: guida il pallone (Figc) con 30 milioni, seguito da nuoto (Fin, 6,9 milioni) e atletica leggera (Fidal, 6,4 milioni). “I finanziamenti sono rimasti immutati perché in questo clima qualunque cosa poteva sembrare fuori luogo: non ci sembrava giusto rischiare di creare equivoci o scontenti”. La ripartizione (nella tabella l’elenco completo) evita dunque ulteriori psicodrammi al Foro Italico, ma lascia comunque qualche dubbio, ad esempio sulla discrezionalità dei criteri: evidentemente non è poi così infondato il sospetto che tutto sia in mano a Malagò e al suo segretario Mornati, se in nome del “quieto vivere” è stato possibile lasciare invariate le cifre da una stagione all’altra. E poi, mentre dalla FederCalcio filtra soddisfazione per aver evitato un’ulteriore stangata, altre discipline che si aspettavano qualcosa in più (specie dopo ottimi risultati e in vista del 2020, anno olimpico) saranno rimaste sicuramente deluse. In ogni caso dovrebbe essere l’ultima volta: se tutto andrà come nei piani di Giorgetti, dal 2019 sarà il governo a decidere criteri e finanziamenti.