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Idee: l’Islanda in libertà con la “casa” al seguito

In aereo fino a Reykyavjk e poi una casetta su ruote a noleggio per vivere al meglio un'isola straordinaria ma carissima. Il camper è uno dei modi più economici ma anche più "creativi" per visitare questo piccolo e affascinante mondo selvaggio dal cuore di fuoco ma coperto di ghiacciai, abitato da cavalli speciali e dalla più grande colonia di spettacolari pulcinelle di mare. Ecco, passo dopo passo, un viaggio di 9 giorni con le istruzioni necessarie per organizzarlo e pianificarlo in tempo. L'itinerario migliore e qualche consiglio pratico.

Testo di Lucio Valetti, Foto di Sonia Alghisi

Caracollando su e giù per l’Islanda con una piccola casa dietro le spalle quasi senza mete prefissate, o obblighi, o destini, e magari l’illusione di avere un tempo illimitato. Dentro questo piccolo universo che è il riassunto di tutto. Gli elementi primordiali da cui ha origine ogni sostanza e di cui è composta la materia che si fondono negli scenari di un mondo allo stato puro. Ha un cuore di fuoco che ribolle l’Islanda, con una trentina di vulcani attivi, ma è coperta in gran parte da ghiacciai, è isolata in mezzo al mare ma ha cascate alpine, deserti all’interno e pascoli verdi sulla costa, montagne e fiordi, altopiani disabitati, spianate brulle bucate dai geyser con il loro contorno di turisti stupiti. Più turisti che abitanti, sembra. Sono circa 350mila gli islandesi (e neanche un soldato, perché non ha esercito), ma ogni anno sono invasi da un numero di visitatori anche sei volte maggiore. Un paio di milioni di americani, inglesi, cinesi, giapponesi, austriaci, filippini, ecc. insomma, ordinatamente distribuiti in rispettoso silenzio (perché la linda Islanda incute rispetto) tra cascate, sbuffi di zolfo e vapore, micro crociere su strani mezzi anfibi in mezzo a baie cosparse di iceberg, bagni nella acque termali che sbucano direttamente dal suolo, qualche volta issati sui pacifici cavallini islandesi, un’icona dal DNA superprotetto (nessun cavallo di nessun’ altra razza può essere introdotto sull’isola e se porti fuori un esemplare locale non può più tornare a casa), in umide gite nella brughiera o caricati su poderosi fuoristrada su piste desolate da deserto del Gobi. I fuoristrada. Immensi, “gonfiati”, modificati, cabine zeppe di strumenti di navigazione in grado di farti attraversare il Sahara, anche se sei su un’isola di 100mila chilometri quadrati, che vuol dire un terzo dell’Italia e un terzo in più dell’Irlanda, e alla fine se punti verso un punto cardinale a caso al mare ci arrivi. E sul bordo del mare c’è una strada che fa in giro dell’isola, la Route 1, che sono 1428 km. Di cui 272 sterrati, appunto da giustificare comunque i fuoristrada. Velocità massima 90 all’ora fuori dalle città. Insomma è inutile che ti compri una Porsche o una Ferrari se abiti da queste parti. Il vero “macho” islandese viaggia su  un fuoristrada con gomme da camion e bull bar cromato. Poi c’è la capitale Reykjavik, l’unica città che assomiglia a una città e dove abita il 40 per cento della popolazione, lustra e moderna, imprevedibilmente notturna, e anche un po’ culturale. Tanti locali, pub, pizzerie (che costano come ristoranti stellati), uno spettacolare centro congressi e auditorium, perfino un’orchestra sinfonica di Stato (con un primo violino italiano che si chiama Nicola Lolli, di Montebelluna). I due milioni di turisti ci stanno in media una settimana sull’isola, quindi non c’è da perdere tempo. Si sgambetta con una certa frenesia di qui e di là. Col camper è diverso.

Caracollare è un bel verbo, antico. Credo sia nato per indicare un certo modo di avanzare di cavallo e cavaliere in combattimento, per confondere l’avversario. Insomma un trotterellare qua e là, disordinatamente. Ma poi è stato applicato a qualsiasi incedere quasi casuale, lento, apparentemente confuso. Che so, il calciatore con la palla che avanza verso la rete, il bambino che compie i primi passi un po’ smarrito e timoroso. E anche l’incedere goffo, ma attento, di un camper, in fondo. Piano piano, disordinatamente abbandonandosi allo stupore davanti a panorami e situazioni affascinanti. Lo guidi, il camper, che ti sembra di guidare un’auto. Ha un parabrezza, sedili, un cofano che sporge, tutto normale se guardi avanti. Ma dai un’occhiata allo specchietto retrovisore e intravedi una cucina, un letto e perfino un bagno. E intuisci a malapena questo coso enorme che ti viene dietro, assorbendo le asperità della strada con i movimenti morbidi di un pachiderma e faticando a seguire una curva. Ma la sensazione di libertà è impagabile. Fino a qualche anno fa campeggiare, o dormire in tenda in riva al mare o ai piedi di una collina, era permesso ma oggi si leggono sempre più cartelli di divieto. Quindi ti tocca trovare un campeggio. O un’area attrezzata. Ma dimenticatevi il concetto, spesso drammatico, di campeggio tradizionale. Sono essenziali, rustici, non hanno la piscina e neppure i giochi per i bambini. Ce ne sono 150 sull’isola. Il costo si aggira intorno ai 10 euro a persona più 10-15 euro per il camper e l’elettricità. Le aree di sosta sono spesso gratuite o con la facoltà di un’offerta libera per contribuire alla pulizia del posto e dei servizi. Ma sono sono aperti solitamente da metà maggio a metà settembre. Si può acquistare una camping card, ottenendo l’accesso a più di 40 campeggi convenzionati (www.campingcard.is).

 Raggiungere Reykjavik dall’Italia non è difficile, nonostante l’Islanda  sia più vicina alla Groenlandia che all’Europa. Non ci sono voli diretti ma molte opzioni, grazie alle compagnie aeree low cost che fanno scalo nelle principali città europee. Cercare attraverso il motore di ricerca skyscanner.it, strumento che trova i voli ai prezzi migliori in maniera facile e comoda. Il periodo del viaggio influisce sensibilmente sul prezzo del biglietto, soprattutto in un’isola che negli ultimi anni è diventata una meta molto ambita. Reykjavik ha due aeroporti: quello internazionale di Keflavik (KEF) e scalo principale d’Islanda, a circa 50 km dalla capitale e collegato ad essa tramite un servizio di pullman (Flybus) con partenze 30 o 40 minuti dall’arrivo del volo e con un tragitto di circa 45 minuti.(www.straeto.is). Il secondo aeroporto (RKV) è uno scalo domestico, a circa 2 km dal centro della città. Poi naturalmente il camper si noleggia.

Per esempio con la compagnia Campervan Iceland (Gruppo Europcar) con ufficio in aeroporto e navetta che porta al posto di ritiro. Navigatore satellitare, biancheria, acqua, gas. E tutte, o quasi, le opzioni assicurative possibili. L’Islanda è carissima, anche meccanici e carrozzieri sono carissimi (insieme alle pizzerie) e le strade nascondono qualche insidia. Meglio cautelarsi. Altri siti per noleggio: www.noleggiocamperislanda.it oppure www.campanda.it . Consigliabile prenotare il camper con largo anticipo, anche 10 mesi prima del viaggio, vista la grande richiesta. Il costo: un mezzo moderno per 4 persone con tutte le dotazioni e le assicurazioni costa poco più di 300 euro al giorno, per due persone bastano 200 euro al giorno. Nella stagione media. In altissima stagione, cioè in estate, i prezzi quasi raddoppiano. Ma raddoppiano anche negli alberghi. Il vantaggio più consistente è poter cucinare a bordo evitando i 18 euro, più o meno, necessari per un  banale hamburger o le cifre folli per una cena in un ristorante di pregio.

E poi si va. Decidendo giorno per giorno? Pianificando da casa? Caracollando? Dipende. La strada principale è la Route 1, una ring road che circonda l’isola. La guida al di fuori del circuito stradale è vietata, per questioni ambientali e per via del terreno delicato. E per via, per esempio, del permafrost. Il perenne freddo islandese mantiene duro e freddo il terreno. Ma nelle stagioni più calde per un certo spessore si scalda, si “ammolla” , ma non cambia aspetto. Ti appare come un solido prato un po’ brullo ma appena ci metti le ruote affondi fino alla pancia. O arrivi fino allo strato ghiacciato inferiore permanente. Il permafrost, appunto. Abbastanza per non venirne più fuori nemmeno con un 4×4. Devi aspettare che passi uno dei quei fuoristrada con le ruote da camion e sopra un islandese comprensivo e paziente dotato di adeguata fune di traino. Ma ce l’hanno tutti una fune da traino sui fuoristrada. Anche le soste sono vietate al di fuori di alcuni spazi idonei. Per alcune strade, contrassegnate dalla lettera F, è obbligatorio l’uso di un 4×4. Meglio anche fare il pieno prima di allontanarsi dai centri abitati. D’accordo che si è un’isola e non è facile perdersi perché il mare alla fine lo ritrovi, ma devi avere sufficiente carburante. Guidare in Islanda è un piacere e spesso l’unico traffico esistente è rappresentato da pecore e cavalli. E si può anche controllare le condizioni delle strade sul sito www.road.is. E’ obbligatorio avere gli anabbaglianti anteriori accesi giorno e notte.

Mappa offline da scaricare, oltre che cartacea: Road Atlas Iceland. Per emergenze chiamare il 112, ma il cellulare non sempre prende. E si rischia di aspettare ore magari flagellati dal vento che viene dalla vicina Groenlandia, di un bel freddo nordico, o inzuppati da insidiose pioggerelle irlandesi (con la “r”), a volte scrosci caraibici. Insomma un clima imprevedibile. L’inverno è la stagione degli avventurieri e della solitudine,  la primavera e l’estate le stagioni più consuete. Temperature tra gli 11 e i 16 gradi ma abbigliamento pronto a tutto. Costume da bagno compreso visto le acque calde con relativi impianti termali ovunque. E ci sono pure le pulcinelle di mare dappertutto. Fratercula arctica, nome scientifico, Puffin, in inglese dal personaggio dell’Incantesimo del lago, buffi uccelli “quasi pinguini”, che però volano, e nella stagione degli amori si autocolorano il becco in modo spettacolare. Vivono sulle scogliere a strapiombo sul mare e fotografarli non è facile, ma qualcuno ci riesce. Qualche volta rischiando grosso.

Altro vantaggio del camper, puoi farti gli spaghetti a bordo. Tendenzialmente mangiare fuori costa il triplo rispetto all’Italia, i rudi islandesi si nutrono di agnello, pesce, verdure, pane e patate. Il prodotto più famoso e anche, forse, il più economico è lo skyr una specie di yogurt che si trova in tutti i supermercati. Bisogna tener presente che per far la spesa, i supermercati si trovano solo nei centri, abitati. Per non restare a digiuno meglio andare sul sito www.iheartreykjavik.net e cercare la mappa “Grocery stores in Iceland”.  Oppure fare approvvigionamenti  in ogni centro abitato. La catena di supermercati più diffusa è la Bonus (www.bonus.is), che ha come simbolo un maialino rosa.

Qualche indicazione sul da farsi per chi non volesse caracollare senza metà tra vulcani e deserti? Ecco l’ itinerario seguito e descritto dalla fotografa in questo viaggio.

La prima scelta da fare è se optare per un giro orario o antiorario. Non è così indifferente come può sembrare. La parte più visitata e turistica, si trova a sud (il Circolo d’Oro) e quindi avere come primo impatto una concentrazione di meraviglie ma anche masse informi  di turisti ancorché rispettosi e silenziosi, potrebbe essere deludente ma poi la solitudine e le attrazioni più selvagge diventerebbero una piacevole sorpresa. Fare il contrario, consente di godere appieno e con calma di paesaggi spettacolari per poi visitare più velocemente  il sud.

Nel nostro itinerario abbiamo inserito i Fiordi Occidentali, la parte più remota e meno popolata d’Islanda. Solitudine, silenzi, micro villaggi di pescatori, una natura spettrale e commovente. In questa zona si legge la storia geologica del Paese: montagne e scogliere a picco sull’Oceano, torrenti glaciali che hanno plasmato insenature fantastiche, strade sterrate e luoghi solitari, una natura aspra e viva. Imperdibile. Reykjavik: è sufficiente dedicarle una giornata e, anche qui, si può scegliere se alla fine o all’inizio della vacanza. E’ indifferente.

Il nostro viaggio è di soli 9 giorni. Bastano, ma alcuni giorni in più sarebbero utili.

Giorno 1 – Reykjavik. 

Campeggio Campsite a poche fermate di autobus (il numero 14) dal centro. I biglietti (4 €) acquistabili alla reception. Reykjavik è la capitale più settentrionale al mondo ed è popolata da circa un terzo della popolazione dell’isola cioè 120.000 persone. Attrazione principale l’Harpa, prestigioso edificio adagiato sul mare che funge da sala da concerto e centro congressi.

Giorno 2Penisola di Snæfellsness.

Circa 300 km da percorrere in questo posto che sembra racchiudere tutte le bellezze dell’Islanda: vulcani, ghiacciai, pozze calde, cascate, paesaggi lunari.

Campeggio a Stykkisholmur.

Giorno 3Fiordi Occidentali.

Dal porto di Stykkisholmur,  per evitare un lungo tratto di strada poco interessante, il traghetto Baldur  in tre ore porta a Brjanslækur. Per informazioni, tariffe e prenotazioni:  https://www.seatours.is/our-ferries/baldur/. Dovrete indicare la lunghezza del camper, il numero dei passeggeri, il giorno e l’ora dell’imbarco. Personale gentilissimo e collaborativo. 

Da non perdere una sosta alle scogliere di Latrabjarg, punto più occidentale d’Europa e ideale per fotografare i puffin (da giugno ad inizio Agosto). Attenzione al vento e al terreno friabile: per fotografare gli uccelli è preferibile sdraiarsi.

Notte in area di sosta gratuita, tranquilla e suggestiva presso la cascata Dynjandi (tonante), raggiungibile da una strada, la 60, prima asfaltata e poi sterrata, con parecchi dislivelli ma fattibile con il camper.

Giorno 4Fiordi Occidentali.

Altri 300 km nella parte meno popolata d’Islanda, in una natura spettrale e commovente. Piccoli villaggi, solitudine e silenzi. Djupavik, villaggio di otto case è incantevole. 

Campeggio a Holmavik, villaggio di pescatori dove è possibile far rifornimento sia di carburante che di viveri.

Giorno 5 Il Nord.

Sosta alla penisola di Vatnsnes, foche e cavalli. Altra sosta spettacolare a Hvitserkur, spiaggia nera e faraglione vulcanico con due archi.

Dopo 350 km circa, campeggio ad Akureyri.

Giorno 6 – Regione geotermica del Myvatn.

Myvatn, letteralmente significa “lago dei moscerini”, molto fastidiosi ma per fortuna non pungono. Soste al Vulcano Krafla e a Hverir (solfatara con splendidi colori e pozze di fango). Numerose cascate tra cui Dettifloss. 350 km e campeggio a Skipalækur (prima del ponte sul lago).

Giorno 7 – Fiordi Orientali.

Circa 400 km percorrendo la costa con un susseguirsi di panorami con montagne che si gettano direttamente in mare e lunghe lingue di sabbia scura, per arrivare in uno dei posti più famosi dell’Islanda, la laguna glaciale di Jokulsarlon. (Possibilità di escursioni di circa 40 minuti con mezzi anfibi www.icelagoon.it. Prezzo a persona dai 40 ai 60€, dipende se su mezzo anfibio o su gommone Zodiac.). Sul lato opposto della strada si trova la spiaggia dei diamanti, iceberg adagiati su sabbia nera.

Campeggio a Skaftafell.

Giorno 8 – Il sud.

320 km fra paesaggi costieri e maestose cascate. Da Vik (il paese più piovoso d’Islanda) si arriva al promontorio di Dyrholaey: vista notevole, pulcinelle di mare, distese di sabbia nera, colline verdi e picchi rocciosi.

Campeggio Gesthus, a Selfoss.

Giorno 9 – Circolo d’oro e dintorni.

Percorso ad anello di circa 200 km con tre attrazioni principali: la cascata di Gulfoss (scenario maestoso ma sempre molto affollata), il geyser Strokkur (il geyser più affidabile che esista, erutta ogni 5-8 minuti con una precisione svizzera, e chissà da quanto tempo) e il parco nazionale di Thingvellir (sito dell’antico parlamento e della frattura tra la zona tettonica europea e quella americana. Per gli appassionati del genere è anche il sito di Westeros nella IV stagione di Game of Thrones).

Nel tardo pomeriggio, dirigendosi verso la penisola di Reykjanes per raggiungere il campeggio di Grindavik (25 km dall’aeroporto di Keflavik), ci si può rilassare presso la famosissima e costosissima piscina termale Blue Lagoon (www.bluelagoon.com). Prenotazione altamente consigliata. In realtà ci sono molte sorgenti termali naturali, spesso gratuite (www.hotpoticeland.com) quindi è da valutare se far tappa in questa che viene considerata “l’attrazione n.1 d’Islanda”, molto piacevole e ben strutturata anche se piuttosto cara. Ma come rinunciare?

Giorno 10 – Rientro in Italia.

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