Dividere un immobile in più unità distinte è un trend sempre più diffuso nelle grandi città. Ma occhio a costi e autorizzazioni
C’è un nuovo trend nel settore degli investimenti immobiliari: il frazionamento, cioè la divisione di un immobile in due o più unità distinte. La legge n. 164 del 2014, nota come decreto Sblocca Italia, ha semplificato le procedure relative al frazionamento e all’accorpamento di alcune unità immobiliari.
Come riporta un recente articolo di Immobiliare.it, frazionare un appartamento di ampia metratura, in particolare nelle grandi città, permette di rivalutare il proprio immobile anche del 10%. Il generale calo dei prezzi di vendita vissuto negli ultimi mesi dal mercato immobiliare ha reso il frazionamento una possibilità a disposizione, per esempio, dei proprietari di uffici che hanno bisogno di essere riconvertiti. Monolocali e bilocali si vendono e affittano più facilmente rispetto agli appartamenti molto ampi, ma non sempre la trasformazione è possibile. Bisogna prima considerare le regole condominiali, che in certi casi possono rappresentare un ostacolo.
In linea generale, l’assemblea di condominio non può opporsi a un frazionamento che lascia intatte le parti comuni dello stabile condominiale. Se invece la nuova composizione dell’appartamento implica modifiche al pianerottolo o il mancato rispetto delle norme igienico-sanitarie imposte dal Comune, tutto si complica. Una volta superato lo step delle necessarie autorizzazioni, ecco quello dei costi: le spese di ristrutturazione oscillano tra i 600 e i 900 euro al metro quadro a seconda delle località. Spese che in parte possono essere ammortizzate dalle detrazioni fiscali, visto che il frazionamento viene considerato un intervento di manutenzione straordinaria.