La bocciatura definitiva della manovra italiana da parte della Commissione europea, accompagnata dalla raccomandazione di avviare una procedura per deficit eccessivo per violazione della regola del debito, è solo il primo passo di un percorso che durerà molti mesi. “Ora spetta agli Stati membri presentare la loro posizione sulla nostra relazione”, ha ricordato il commissario europeo agli Affari economici Pierre Moscovici. “Se gli Stati fossero d’accordo con le conclusioni della Commissione, lavoreremo alla procedura per deficit eccessivo, con una nuova raccomandazione all’Italia affinché venga corretto questo deficit e la traiettoria del debito. Se dovremo imboccare questa strada, discuteremo delle modalità, in primis con le autorità italiane. In una situazione di questo tipo il dialogo è più indispensabile che mai”. Le sanzioni – un deposito infruttifero dello 0,2% del pil, circa 3,6 miliardi, più una componente variabile fino allo 0,5% del pil, vale a dire 9 miliardi – sono l’ultima spiaggia: finora non ci si è mai arrivati e non è detto che accada nemmeno stavolta.
Il verdetto dell’Ecofin – La prossima tappa è la valutazione del Comitato economico e finanziario del Consiglio europeo, organismo composto di alti funzionari dei Paesi membri e delle loro banche centrali, della Banca centrale europea e della Commissione. Il Comitato può prendersi fino a due settimane per dare la propria opinione. Se le utilizzerà tutte, il parere arriverà il 5 dicembre. Saranno poi i ministri delle Finanze della Ue, riuniti nell’Ecofin, a decidere se procedere. La prossima riunione dell’Ecofin è in calendario il 4 dicembre. Se per quel giorno il parere del Comitato presieduto dall’olandese Hans Vijlbrief sarà già arrivato, i ministri potranno votare l’avvio della procedura nei confronti dell’Italia. In caso contrario si andrà alla riunione del 22 gennaio.
La richiesta di una manovra correttiva – Il Consiglio dei ministri economici e finanziari voterà – a maggioranza qualificata – una raccomandazione che chiederà a Roma di rimediare adottando misure che riportino il deficit nominale e quello strutturale a un livello compatibile con la discesa del debito (ora poco sotto il 130% del pil). La raccomandazione conterrà un termine: il governo sarà chiamato ad intervenire entro sei mesi, o entro tre mesi se la situazione verrà giudicata essere particolarmente seria. Nel caso italiano, potrebbe essere richiesta una manovra correttiva nell’ordine delle decine di miliardi di euro.
Il deposito infruttifero e il possibile stop dei prestiti Bei – In attesa dei correttivi, il Consiglio può decidere di applicare altre “punizioni”. Per esempio può invitare la Banca europea per gli investimenti a riconsiderare la sua politica di prestiti verso l’Italia (la Bei eroga ogni anno circa 12 miliardi a imprese e istituzioni italiane) e chiedere di aprire presso l’Unione un deposito infruttifero pari allo 0,2% del pil. Per prendere questa decisione occorre la maggioranza qualificata inversa, cioè serve la maggioranza qualificata del Consiglio per bloccare l’applicazione della misura.
Le sanzioni e il rischio di taglio del rating – Una volta scaduto il termine, la Commissione e il Consiglio valuteranno lo sforzo messo in campo e potranno “congelare” la procedura in sospeso o intensificarla se le misure non saranno ritenute sufficienti. Nel primo caso, se le finanze pubbliche nel frattempo saranno state colpite da eventi eccezionali, l’Ue potrebbe acconsentire a un’estensione della scadenza dando altro tempo per la correzione dei conti e rivedere le proprie raccomandazioni riflettendo il cambiamento di scenario per circostanze particolari e motivate. Che potrebbero comprendere una crescente difficoltà del Tesoro a rifinanziare il proprio debito sul mercato e revisioni al ribasso del rating sovrano della Penisola. Nel secondo caso, il deposito infruttifero dopo due anni può essere convertito in una multa fino allo 0,5% del pil.
Niente ombrello anti spread – Nel frattempo l’Italia non avrà accesso al piano Omt o “scudo anti spread”, quello – annunciato da Mario Draghi nel 2012 e mai utilizzato – che prevede acquisti illimitati di titoli da parte della Bce per aiutare Stati in grave e conclamata difficoltà di finanziamento. Se poi tutte e quattro le maggiori agenzie di rating (S&P, Moody’s, Fitch e Dbrs) dovessero tagliare il merito di credito di Roma sotto il livello investment grade, l’Eurotower non potrebbe l’anno prossimo continuare ad acquistare i nostri Bot e Btp reinvestendo i proventi dei titoli comprati durante il quantitative easing che vanno a scadenza.
In discussione il congelamento dei fondi strutturali – Non basta: in questi giorni al Parlamento europeo è in discussione un parere dell’eurodeputato del Ppe Ivana Maletic che punta a introdurre a partire dal 2020 il congelamento dei fondi strutturali e sanzioni severissime per i Paesi che non rispettano i parametri macroeconomici dell’eurozona. La Commissione per i problemi economici e monetari (Econ) del Parlamento europeo lo ha approvato proprio mercoledì. Ora la parola passa alla Commissione Sviluppo regionale (Regi) che voterà tra gennaio e febbraio. Se la riforma passerà, l’Italia potrebbe non ricevere più i fondi europei con cui oggi vengono erogati finanziamenti alle imprese e alla ricerca e vengono finanziati interventi per promuovere l’occupazione.