La sindaca di Roma ha provveduto con un piccolo esercito di 1000 uomini a “espugnare” dopo 20 anni otto villette abusive della famiglia rom dei Casamonica, con il governo in forze – presidente del Consiglio e ministro degli Interni – a celebrare la “giornata storica” mentre qualche giornalista “colto” definiva “stile rom” dell’abitare lo sfarzo pacchiano di quelle abitazioni.
Il sindaco di Gallarate, cittadina in provincia di Varese, ha deciso lo sgombero di una piccola comunità sinta – circa 100 adulti e bambini – per “manufatti abusivi” su terreno comunale sul quale queste famiglie di cittadini italiani residenti a Gallarate da sempre vivono da 11 anni.
Video di Agenzia Vista
Sembrano due notizie coerenti con la linea del rigore della legge e certamente a Roma come a Gallarate non saranno più tollerati abusi e son certa che si procederà ad abbattere tutte le costruzioni abusive degli ultimi decenni. Invece queste due notizie di coerente hanno solo il fatto che riguardano degli “zingari”. E le differenze ci sono.
La prima è che se l’abusivo è uno “zingaro” il rispetto della legge vale doppio, perché nessuno dirà una parola in sua difesa, i sindaci otterranno più consenso dai cittadini perbene, mentre la stessa legge non si applica agli altri cittadini italiani, quelli “normali”, o se ci si prova viene giù il mondo e casomai si fanno, come avviene ancora oggi, apposite leggi perché l’abusivismo rimanga impunito.
Ma c’è un’altra differenza per me più importante. La legge va rispettata e applicata, ma la Legge impone divieti e anche tutele. La differenza tra le famiglie Casamonica e i sinti di Gallarate è che i secondi non hanno costruito ville abusive, ma vivono in container, in roulotte disposte intorno alla piccola chiesa della loro comunità evangelica, su un terreno loro assegnato dalle precedenti amministrazioni e, seppur poveri, vivono in modo onesto e mandano i figli nelle scuole locali come tutti gli altri abitanti di Gallarate.
Questo lo sa il sindaco di Gallarate, come sa che quelle famiglie su quel terreno assegnatogli da un precedente sindaco hanno costruito, perché nessuno interveniva, manufatti abusivi che sono in prevalenza servizi igienici di cui quel terreno era privo; sa che quella comunità non dà fastidio a nessuno, collocata com’è ai margini della città, e sa, infine, che lo sgombero distrugge la vita di quelle famiglie, perché gli adulti perderanno tutto, non solo le cose materiali, ma le relazioni che da anni hanno instaurato per le loro attività e i loro figli, nati e cresciuti a Gallarate, perderanno quello che oggi è l’unico vero elemento di inclusione che possono avere: la scuola e con essa la speranza di un futuro migliore.
In questi ultimi mesi ho ascoltato parole che non dicevano più che gli uomini sono uguali, non solo di fronte alla legge e ai diritti e ai doveri, ma anche rispetto a quella fratellanza che ci rende tutti umani. Ho sentito che ci sono quelli che “inquinano l’identità”, che le tutele sociali non saranno per tutti, per esempio non per i rom. Soprattutto ho visto le violenze, verbali e fisiche, piccole e grandi: da chi caccia il nero dall’autobus a chi spara alla schiena a un bimba rom di pochi mesi, una violenza quotidiana di chi si sente protetto dal clima che è calato sul Paese: gli immigrati sono invasori che ci rubano il lavoro, anche se muoiono a migliaia nel nostro mare, i musulmani sono potenziali terroristi e comunque inquinano la nostra “civiltà”, non parliamo poi degli “zingari” che italiani o no sono comunque da sgomberare. E in questo clima anche una vecchia signora si sente autorizzata a prendere a sberle un nero sull’autobus e un “normale” cittadino a dire che a quella bimba non con un piombino ma con un proiettile vero bisognava sparare.
Allora va bene combattere l’abusivismo (da chiunque praticato), ma deve andare altrettanto bene combattere un clima di intolleranza che rende il vicino nostro nemico solo perché diverso, perché c’è una legge superiore che è il bene della nostra convivenza. Il sindaco di Gallarate può dimostrare che il rigore della legge non deve distruggere la vita dei suoi concittadini ma deve aiutarli a essere parte di quella comunità alla quale appartengono da sempre e della quale vogliono continuare a far parte. Quel piccolo campo non è abusivo, i suoi abitanti chiedono solo di sanare quello che va sanato. Se il sindaco applicherà la legge con riguardo al bene di questi suoi concittadini sospendendo lo smantellamento del campo e trovando le soluzioni opportune e del tutto possibili, forse perderà un po’ del consenso di coloro che vivono di intolleranza, ma certo guadagnerà qualche altro consenso, compreso quello di sapere di fare una cosa buona e giusta.