Il 20 novembre la Corte Europea dei Diritti Umani (Echr) ha chiesto la scarcerazione dell’ex leader del parito curdo Hdp Selahattin Demirtas, condannato lo scorso settembre a quattro anni e otto mesi con l’accusa di aver diffuso propaganda terrorista. Recep Tayyip Erdogan – dopo aver dichiarato a caldo che “le decisioni del Cedu non ci vincolano in alcun modo” – oggi ha rilanciato attaccando nuovamente Strasburgo. Per il presidente turco stare dalla parte di Demirtas equivale a “sostenere il terrorismo”, in quanto responsabile di “aver ucciso cinquanta persone innocenti. Ha le mani sporche di sangue”
“State seguendo la Echr? La sentenza? Nessun Paese – continua Erdogan – o istituzione che loda Feto (la rete del predicatore islamico Fetullah Gulen, indicato da Erdogan come uno dei massimi responsabili del golpe del luglio 2016) ha il diritto di parlare di democrazia. Non sta cercando di fare giustizia, è semplicemente amante del terrorismo”.
Per la Corte Europea la Turchia ha violato il diritto di Demirtas a un processo rapido, ritenendo insufficienti le prove a suo carico e mirando a “soffocare il pluralismo” politico. Sempre secondo la Corte, la detenzione di Demirtas “costituisce un’interferenza ingiustificata alla libertà di espressione dell’opinione del popolo e al diritto del ricorrente di essere eletto e di esercitare il suo mandato parlamentare”.
Arrestato il 4 novembre del 2016 insieme ad altri esponenti di partito, Demirtas, 45 anni, avvocato e deputato, era diventato nel 2014 leader dell’Hdp, partito filocurdo di sinistra. Alle prime elezioni da candidato presidente aveva ottenuto poco meno del 10% dei voti.
A seguito della richiesta della Cedu il partito filo curdo Hdp ha lanciato un appello su Twitter, affermando che “i tribunali locali dovrebbero attuare immediatamente” le disposizioni della Corte di Strasburgo. Secondo Ankara l’Hdp è affiliato al Pkk, considerato un’organizzazione terroristica da Turchia, Stati Uniti e Unione Europea.