di Monica Di Sisto*
Bocciare la ratifica del trattato di liberalizzazione commerciale EU-Canada, il CETA, in Parlamento italiano, prima che le Elezioni europee entrino nel vivo. E’ la richiesta fatta al governo Conte dalla nostra Campagna Stop TTIP/CETA Italia, con un intenso TweetStorm, che ha scalato i trend topic nazionali e con un mailbombing che andrà avanti fino a domenica 25 novembre. Una richiesta che si basa sugli impegni pre-elettorali #NoCETA #Nontratto sottoscritti da Lega e M5S, come da molti altri parlamentari d’opposizione, e che virtualmente allinea su questa richiesta circa 4/5 di chi siede oggi sugli scranni di Camera e Senato.
Il ministro per lo Sviluppo Economico Luigi Di Maio, interrogato dalla senatrice di Liberi e Uguali Loredana De Petris – membro dell’Integruppo parlamentare #NoCETA – ha ribadito che “il CETA così com’è non è ratificabile”, ma ha aggiunto che “è al lavoro una Task force per approfondire questo tema e resta nostro obiettivo dimostrare tutti i motivi per cui così com’è stato proposto non sia modificabile”. Lasciando, dunque, intendere che la decisione non sia presa. La Task Force istituita presso il Ministero dello Sviluppo economico, che ha discusso la prima volta di CETA martedì 20 novembre, fa una non meglio precisata analisi costi-benefici, tagliando fuori una valutazione politica che dovrebbe essere il cuore della decisione. La Tuft University ha dimostrato inoltre che, calcolandoli con i metodi delle Nazioni Unite e non della Banca Mondiale, le proiezioni sono molto diverse da quelle ottimistiche della Commissione UE. A un tipo di valutazione schiacciata sull’import-export, inoltre, sfugge la valutazione del lavorìo non trasparente di avvicinamento normativo che il CETA ha innescato su sicurezza sanitaria e fitosanitaria del cibo, biotecnologie, chimica e ambiente.
In un incontro tra le due parti, al centro di un’interrogazione dei senatori M5S Fattori e Lannutti, il Canada ha chiesto all’Europa di chiarire con prove e dossier perché Paesi come l’Italia vietano alcuni utilizzi dell’erbicida Glifosate, cancerogeno secondo recenti sentenze, nonostante ne sia stata rinnovata l’autorizzazione. Ha chiesto un elenco delle leggi che Commissione e Stati UE intendono introdurre su queste tematiche in base al diritto, sancito dal CETA, di commentarle e pretendere – se del caso – motivazioni e emendamenti. In un incontro sul biotech il Canada si è lamentato che l’Europa fosse troppo lenta nell’autorizzazione degli Ogm e poco attiva nell’apertura del mercato ai nuovi Ogm. Curiosamente, nonostante la Corte europea di Giustizia abbia sancito che, vecchi e muovi Ogm vadano tracciati e etichettati, la Commissione europea preme per emendare questa decisione e “far largo alle evidenze scientifiche”, proprio come richiesto dal Canada, tra i principali produttori di Ogm globali, nella riunione del Comitato.
Il Canada, da ultimo, ha rinnovato l’accordo di libero scambio con Stati Uniti e Messico (USMCA, il nuovo Nafta), che ci crea alcuni nuovi problemi: i prodotti contenenti Ogm vecchi e nuovi in entrata in Canada non saranno più identificati con codici doganali specifici, rendendo impossibile distinguerli in uscita senza analisi genetiche, completamente a carico dei sistemi di controllo. Nessun prodotto proveniente dagli Usa potrà essere fermato precauzionalmente prima che si completi un’intera analisi di rischio, e nel frattempo potrà continuare ad essere riesportato dal Canada visto che i prodotti non dovranno recare l’origine in etichetta. Buona notizia per il Canada, è che il USMCA non contiene più la clausola ISDS “il meccanismo di risoluzione delle dispute tra Stato e investitori che nel passato autorizzava le imprese straniere a fare causa al Canada – ha spiegato la ministro canadese ed ex negoziatrice del CETA Christya Freeland, indicandolo come il risultato di cui è più fiera. Questo significa che possiamo fare le nostre leggi, sulla salute pubblica e la sicurezza ad esempio, senza il rischio di essere chiamati a processo dalle corporations straniere. Questa possibilità è costata al contribuente canadese oltre 300 milioni in penali e costi legali”, ha ben spiegato la ministra.
Peccato che nel CETA c’è ancora, entrerà in vigore con la ratifica del Trattato, e permetterà alle imprese canadesi di farci causa se le nostre regole dovessero dispiacergli. Argomenti pesanti, che dovrebbero portare un governo responsabile a bocciare il CETA come promesso molti mesi fa.
*portavoce della Campagna StopTTIP/CETA Italia