Aprivano aziende tessili, le facevano crescere, poi le passavano in mano a prestanome per farle fallire. Senza pagare tasse e debiti con le banche. È “un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari, bancari, fallimentari e di riciclaggio” quella scoperta dalla guardia di finanza di Arezzo. Dietro la quale c’era “un’unica cabina di regia” che – come sottolineano gli investigatori – organizzava “la condotta illecita di affari, ben espressa dal tenore delle conversazioni intercettate”. E al cui cui vertice – secondo il pm Marco Dioni – c’erano Antonio e Andrea Moretti, padre e figlio rispettivamente di 67 e 40 anni, residenti all’estero (il primo in Svizzera e il secondo in Inghilterra), ma di fatto domiciliati a Castiglion Fibocchi, lo storico regno di Licio Gelli. E proprio con il maestro venerabile Andrea Moretti è imparentato alla lontana: come ha raccontato ilfattoquotidiano.it è il figlio della nipote degli ex soci di Gelli, i Lebole, che vendettero villa Wanda al capo della P2. Da quel ramo della famiglia sono state ereditate le attività nel tessile. Cioè la primaria attività di famiglia accanto al vino della Tenuta Setteponti, sequestrata dalle fiamme gialle con circa 300 ettari di terreno, l’azienda Pull Love, un maneggio con 40 cavalli, auto di lusso, e quasi 180 tra case e palazzi. Sotto sequestro sono finite 14 società, 179 immobili (tra cui il palazzo ”Bianca Cappello” in Firenze), diverse auto di lusso con targa estera, un maneggio con quaranta cavalli, oltre 500 ettari di terreni, prevalentemente adibiti a vigneti, dislocati tra Toscana, Sicilia ed Emilia Romagna, nonché importanti marchi registrati.
I Moretti risultavano nullatenenti ma in realtà gestivano un ingente patrimonio di beni e immobili. Agli arresti anche Marcello Innocenti, 57anni, consulente del gruppo e titolare di alcune società, e Paolo Farsetti, 45 anni, responsabile del settore abbigliamento del gruppo, entrambi residenti ad Arezzo. Le misure disposte dal gip di Arezzo, Piergiorgio Ponticelli, 13 dirigenti del gruppo imprenditoriale aretino, altri tre risultano indagati a piedi libero mentre nove sono stati interdetti dal ricoprire incarichi direttivi in imprese.
Nel comunicato delle fiamme gialle si racconta che corso delle indagini alcuni degli indagati ha tentato di ‘avvicinare‘ i finanzieri impegnati nelle verifiche fiscali e la loro linea gerarchica. Queste condotte sono state costantemente riferite alla magistratura che ha avuto modo di rilevare “l’impermeabilità rispetto ai tentativi in questione, come ha sottolineato il procuratore capo Roberto Rossi. Secondo il quotidiano La Verità i tentativi Moretti aveva ottimi rapporti anche con Pier Carlo Padoan, l’ ex ministro dell’Economia nei governi di Matteo Renzi e Gentiloni. Come ha raccontato un’inchiesta del fattoquotidiano.it, Moretti junior era tra gli imprenditori coinvolti nell’affare dell’outlet di Reggello, insieme a Luigi Dagostino e Andrea Bacci: il primo era socio di Tiziano Renzi mentre il secondo è da sempre vicino alla famiglia dell’ex presidente del consiglio. Allo stesso progetto dell’outlet, Renzi senior aveva prestato la sua consulenza.
Secondo gli investigatori gli indagati hanno cercato d’inquinare le prove, alterando le scritture amministrativo contabili, occultandole o distruggendole. Condotte che il gip ha considerato “gravi, reiterate e stratificate”, poste in essere da soggetti connotati da “elevata spregiudicatezza, elevata professionalità nel crimine e forte antisocialità”.
L’indagine è nata da un’attività di ricerca informativa e dall’analisi di flussi finanziari anomali. Gli investigatori hanno ricostruito lo “schema” utilizzato da anni dal gruppo che consisteva nel portare aziende tessili a ben posizionarsi sul mercato di riferimento per poi avviarle, in mano a prestanome, al fallimento senza corrispondere imposte e contributi e non rientrando dagli affidamenti ricevuti dal sistema bancario. Le società fallite venivano quindi rimpiazzate da altri soggetti economici e le disponibilità sottratte venivano poi fatte confluire in un nuovo assetto patrimoniale ed imprenditoriale, diversificato anche in altri settori – immobiliare, turistico, vitivinicolo – e schermato all’estero. Sull’assetto societario sono state fatte gravare nel tempo anche ingenti spese personali relative a viaggi e alla disponibilità di beni di lusso (tra cui un aereo privato ed un’imbarcazione). Negli ultimi quattro anni sono state individuate spese per circa cinque milioni di euro a fronte dell’omessa dichiarazione di redditi in Italia grazie all’artificioso spostamento della residenza all’estero da parte di alcuni degli indagati.