Quando aveva 25 anni Eleonora ha lasciato Milano, direzione Scozia. “Sì, avevo un lavoro stabile che mi garantiva un buon stipendio – racconta –. Ma avevo deciso di fare un’esperienza all’estero, imparare l’inglese e specializzarmi in corsi nel settore vino”. Passati due anni a Edimburgo, un giorno, dopo aver ricevuto l’offerta di un ristorante emiratino, Eleonora Caso, milanese oggi 32enne, ha mollato tutto per andare a lavorare e vivere a Dubai. E lì ha aperto un’agenzia specializzata in consulenza nel settore del vino, per ristoranti, eventi privati, cerimonie. Tornare? “Qui si è molto più liberi di quanto si possa immaginare”. Che il suo futuro fosse fuori dall’Italia lo aveva capito nel 2013, su Linkedin: “Mi ero specializzata in ambito enologico. E aprendo il computer ho ricevuto un’offerta come sommelier negli Emirati. In quel momento mi è stato chiaro che il mio percorso per questo tipo di mestiere era soltanto all’estero”.
Di Dubai si parla tanto e in tanti modi: “Alla fine dipende dal tuo lavoro e dalle persone che incontri – spiega Eleonora –. Sono qui da 5 anni e mi capita di essere in contatto con molti europei. Ci sono amici italiani che vivono qui da 10, 15 anni”, continua. In città convivono sia arabi che europei: “Gli arabi vivono nelle loro zone, ti interfacci poco con loro. È un ambiente molto europeo quello che frequento, e solo le donne italiane qui sono quasi duemila”.
La vita in città è sempre in movimento. “Lavorando come freelance non esiste una giornata tipo”, dice. La sveglia suona presto, poi palestra e meeting dalle 12 alle 19: “Spesso mi capita di lavorare da casa. Mando mail, guardo curriculum, incontro i ristoratori per capire cosa manca e come migliorare la lista dei vini. In più ci sono eventi privati dove ci chiedono di gestire tutto, specie durante il fine settimana”.
Differenze? La cosa che manca di più è un punto d’incontro, anche un piccolo bar sotto casa. “A Dubai non c’è un punto di ritrovo comune come in Italia. Non c’è un centro dove fare passeggiata. Mancano i parchi come in Europa dove magari ti ritrovi a portare i cani. Non esistono tanti eventi culturali, non ci sono molti musei da visitare. La storia qui ha 30, 40 anni. L’architettura certo è stupenda, ci sono palazzi splendidi. Ma è una città giovane senza monumenti, mausolei e chiese di millenni fa. Insomma, manca la storia antica: ma è bello anche vedere quella contemporanea”.
Altra differenza importante: la burocrazia è più snella rispetto all’Italia: “Da questo punto di vista qui tutto diventa più semplice. Spesso le assicurazioni private si occupano di ogni dettaglio”. Le cose cambiano, però, quando si parla di flessibilità. “No, non esiste: non chiudono mai un occhio”. La vita a Dubai è costosa, ma per una ragazza molto sicura: “Si è molto più liberi di quanto ci si immagina quando si pensa a un Paese islamico: posso andare dove voglio, anche di notte – spiega Eleonora – perché c’è sicurezza. Insomma, sono molto contenta, non cambierei posto. Se rispetti le regole ti trovi bene”.
Tornare? Eleonora confessa di essere molto legata all’Italia. “Ogni volta che torno mi fa male il cuore”, dice. Il problema però è che quando inizi a lavorare all’estero “capisci che esistono posti più economici e più vantaggiosi, anche all’interno dell’Europa stessa”. Ti rendi conto, insomma, che ci sono Paesi “dove puoi andare in pensione pagando la metà delle tasse, come avviene in Portogallo, ad esempio”, sorride. Eleonora vorrebbe tornare, ma “le tasse da una parte e una burocrazia così complicata dall’altra mi fanno passare tutta la voglia”.
Cosa dovrebbe cambiare in Italia? E perché tanti giovani sono costretti ad andare via, ogni anno? Eleonora preferisce rispondere parlando del suo settore. “Io cambierei l’ospitalità: siamo un Paese molto amato dai turisti, ma spesso non li curiamo come meritano. Bisognerebbe coccolarli – spiega – perché il turismo è anche fonte di lavoro”. Poi ci sono “la pulizia delle strade, e la politica. Tema su cui all’estero ci prendono sempre in giro”. Ma questi sono altri fattori. “Per me l’Italia rimane il Paese migliore al mondo. Se avessi una buona possibilità economica, la considererei. Ma non oggi – conclude –. Magari tra 10 anni”.