Il governo italiano non ha ancora preso una posizione ufficiale sul testo firmato da 193 Paesi dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2016 e che dovrà essere adottato durante la prossima conferenza internazionale di Marrakech, il 10 e 11 dicembre. E' il primo accordo mondiale che detta una linea comune sulle migrazioni internazionali
La Lega lo rifiuta, il ministro degli esteri, Enzo Moavero Milanesi, parla invece di “orientamento favorevole”. Il governo italiano non ha ancora preso una posizione ufficiale sul Global Compact on Migration firmato da 193 Paesi dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2016 e che dovrà essere adottato durante la prossima conferenza internazionale di Marrakech, il 10 e 11 dicembre. Si tratta del primo accordo mondiale che detta una linea comune sulle migrazioni internazionali. Ma all’atteggiamento possibilista del capo della Farnesina, che parla della necessità di maggiori “approfondimenti”, si oppone quello intransigente del Carroccio, primo su tutti il sottosegretario Guglielmo Picchi: il documento ha un “approccio nettamente in contrasto con gli obiettivi del governo italiano”, si legge nel report pubblicato a metà novembre dal suo Centro Studi Machiavelli.
Politica comune e maggiori tutele per tutti i migranti
Il documento, ribattezzato anche Dichiarazione di New York, parte dalla volontà di base di tutti i firmatari di creare una politica comune, a livello mondiale, sul tema delle migrazioni, portando avanti la convinzione che “nessuno Stato può affrontare il fenomeno migratorio da solo, proprio per la sua natura transnazionale”. Questo, si specifica nel testo, non vuol dire violare la sovranità nazionale, con i singoli Paesi che potranno continuare a operare e “definire l’immigrazione regolare o irregolare” in base alle proprie leggi e “in conformità al diritto internazionale”.
Il punto di partenza, però, è sempre la salvaguardia dei diritti e del benessere dei migranti: “Il Global Compact pone gli individui al centro”, tutelando il benessere dei migranti e dei membri delle varie comunità nei Paesi di origine, di transito e di destinazione per favorire una migrazione “disciplinata, sicura, regolare e responsabile”.
Tra le dieci linee guida che hanno ispirato il documento ci sono poi l’impegno per il rispetto dei diritti umani e la “lotta a tutte le forme di discriminazione, compreso il razzismo, la xenofobia e l’intolleranza nei confronti dei migranti e delle loro famiglie”. Si parla poi dell’importante ruolo rivestito dagli immigrati nello sviluppo dei Paesi di destinazione, affermando che “le migrazioni contribuiscono alla realizzazione degli obiettivi dell’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile”.
“Migrazione continua e limitazione della sovranità nazionale”. La Lega dice no
Nel report del Centro Studi Machiavelli si legge che l’approccio del Global Compact sarebbe “nettamente in contrasto con gli obbiettivi del Governo italiano” per diversi motivi. Innanzitutto perché “si propone di gestire una migrazione continua, senza mai affrontare questioni numeriche”, mentre l’obiettivo dichiarato dal ministro dell’Interno, Matteo Salvini, è quello di ridurre il più possibile i flussi migratori verso l’Italia. Se nel documento si invitano gli Stati a cooperare, gestire e migliorare il processo migratorio, l’obiettivo del Carroccio è quello di limitarlo attraverso politiche più restrittive.
Nel documento firmato dai 193 Paesi si legge inoltre che le migrazioni rappresentano un elemento fondamentale per favorire lo sviluppo dei Paesi di destinazione, mentre la Lega “rifiuta l’utilizzo dell’elemento migratorio come compensazione demografica”, respingendo anche il principio del “diritto di migrare” perché “potrebbe rivelarsi pericoloso e controproducente per l’Italia accettare ciecamente questo ordinamento”.
Altro timore dei verdi al governo è quello legato a una possibile violazione della sovranità nazionale. Nonostante il testo non sia vincolante e specifichi nelle sue dieci linee guida che questa sarà garantita, con i singoli Paesi che continueranno a poter promulgare autonomamente leggi sull’immigrazione e dare una loro distinzione di migranti legali o illegali, i detrattori della Dichiarazione di New York sostengono che nel documento si ritrovino spesso termini come “dovere” e “garanzia” che rischierebbero così di rendere la Dichiarazione più vincolante di quanto non dicano i suoi promotori. “Nessuno può imporci un’immigrazione incontrollata – ha affermato il capogruppo leghista in commissione Esteri alla Camera, Paolo Formentini – Il Global Compact non è altro che l’ennesimo tentativo di ingerenza nelle politiche nazionali. È anacronistico e socialmente pericoloso limitare la sovranità nazionale nella gestione dei flussi migratori. Allo stesso tempo è falso che il fenomeno della migrazione di massa sia positivo e vantaggioso per tutti”.
Formentini solleva anche un’altra preoccupazione del Carroccio e di altri Paesi che hanno espresso la propria opposizione al documento: la mancanza di una netta differenziazione tra rifugiati e migranti. “Occorre una netta distinzione tra rifugiati, per i quali le nostre porte sono e saranno aperte, e migranti economici e clandestini”. I principi inclusi nel testo si riferiscono a rifugiati e migranti, rifiutando quindi una distinzione in diverse categorie e promuovendo anche il rispetto dei diritti di coloro che entrano illegalmente nel Paese. Prendendo come spunto le critiche avanzate dal governo austriaco, il report del Centro Machiavelli sostiene che “il documento mira a limitare la sovranità nazionale sul tema migratorio, oltre a non differenziare a sufficienza tra migranti legali e non, orientandosi invece verso la creazione di un ‘diritto umano a migrare’”.
L’apertura di Moavero: “Non siamo ottusi, chiediamoci perché si migra”
Ben più aperta e possibilista è la posizione del ministro degli Esteri che il 21 novembre, rispondendo a un’interrogazione parlamentare sulla sottoscrizione del Global Compact, ha dichiarato che l’Italia ha “un orientamento favorevole”, anche se un ulteriore approfondimento è necessario prima di procedere con l’adozione. “Il Global Compact non sarà un atto giuridicamente vincolante – ha poi specificato – L’Italia ha sempre tenuto presente l’elemento importante di arrivare a una condivisione degli oneri nella gestione dei fenomeni migratori e una cooperazione rafforzata con i paesi di origine e di transito. Nel documento sono recepiti questi principi che portiamo avanti anche nel confronto europeo. Il presidente del Consiglio aveva espresso un orientamento favorevole”.
Posizione che non sarà piaciuta ai partner di governo leghisti, ma che il capo della Farnesina ha confermato pochi giorni dopo, in occasione del Forum Med di Roma: “Sulla questione dei migranti ho espresso una posizione eterodossa – ha dichiarato – Di fronte al migrante economico non dobbiamo essere ottusamente chiusi, dobbiamo porci la domanda del perché si migra”. Parole che contrastano, ad esempio, con quelle della deputata leghista Barbara Saltamartini secondo cui “non possiamo concedere a tutti il diritto di emigrare, indipendentemente dalla ragione che spinge a farlo”.
Usa, Australia e i Paesi dell’Europa dell’est: gli altri contrari
A supporto delle posizioni leghiste ci sono le critiche di attori di prim’ordine, uno su tutti gli Stati Uniti. Visto come un accordo partorito anche grazie al volere dell’ex presidente, Barack Obama, Washington ha fatto sapere già un anno fa che si sarebbe ritirata. “Le nostre decisioni sull’immigrazione devono essere sempre prese dagli americani e solo dagli americani”, aveva annunciato la rappresentante americana all’Onu uscente, Nikki Haley, inaugurando uno dei primi provvedimenti in nome dell’America First trumpiano. Il documento, aveva poi concluso, “non è in linea con le politiche per l’immigrazione e i rifugiati americane e con i principi dell’amministrazione Trump”.
Approccio simile a quello tenuto dal governo australiano, israeliano e da numerosi attori europei. Fra i più importanti c’è certamente l’Austria che già in passato aveva mostrato affinità con la Lega in tema di politiche migratorie. Proprio il premier Sebastian Kurz e il suo vice Heinz-Christian Strache hanno annunciato che Vienna non firmerà il documento che contiene elementi “diametralmente opposti alle nostre posizioni”: “La migrazione non è e non può diventare un diritto umano. Non si può ottenere tale diritto a causa del clima o della povertà”, aveva detto Strache a fine ottobre aggiungendo che il governo temeva anche per una possibile limitazione della sovranità nazionale.
Timore, quest’ultimo, che accomuna anche i governi di Repubblica Ceca, Slovacchia, Bulgaria, Polonia e Ungheria. Anche loro si sono dimostrati fortemente critici nei confronti della Dichiarazione e anche loro hanno annunciato che non firmeranno il testo in occasione della conferenza di Marrakech.