“Per l’Italia la porta resta aperta, la mano tesa“. E poi: “Sul bilancio italiano ci sforziamo per trovare delle soluzioni“. E ancora: “Le sanzioni sono sempre un fallimento“. Sono veri e propri messaggi di pace quelli lanciati da Pierre Moscovici al governo della Lega e del M5s. Dopo l’apertura dell’esecutivo al dialogo con Bruxelles – con lo spread che ha aperto in calo, per poi rimanere intorno ai 290 punti base – il commissario europeo agli Affari economici ha messo da parte ogni polemica sui “piccoli Mussolini” per tendere la mano a Giuseppe Conte, Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Dice proprio così: “Per l’Italia porta resta aperta, la mano tesa. Dobbiamo cercare con tutte le forze delle soluzioni condivise nell’interesse degli italiani e della zona euro”. Poi però l’avvertimento, come a dire che i passi in avanti sono stati apprezzati ma ancora non bastano: “Allo stato attuale, per quanto riguarda il debito”, la procedura d’infrazione “sarebbe necessaria”.
Parlando in conferenza stampa a Parigi, Moscovici ha detto che l’incontro di sabato scorso a Bruxelles con il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, il premier Conte e il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, si è svolto in un clima “utile, costruttivo, amichevole e disteso“. Ciò nonostante il commissario Ue inserisce la manovra italiana tra le tre principali “incertezze” dell’Europa insieme alla Brexit e le tensioni commerciali globali. “Continuiamo a pensare che comporti rischi per aziende, risparmiatori e cittadini italiani. Questo rischio ha un nome: si chiama debito al 130% del Pil”, ha detto Moscovici spiegando che i tre principali rilievi fatti all’Italia dalla Commissione Ue – crescita, deficit, debito – “al momento attuale non hanno trovato risposta”.
Il commissario Ue ha poi spiegato di non essere “mai stato un partigiano delle sanzioni. Penso che le sanzioni siano sempre un fallimento. Sono sempre stato un commissario favorevole alla flessibilità, legato a un’Italia che rimanga al centro della zona euro“. Quindi ha spiegato che la sua porta al nostro Paese “resta aperta. Ho sempre preferito l’incitamento che la sanzione. Dobbiamo cercare con tutte le nostre forze soluzioni condivise sulla questione del bilancio italiano”. Quindi la procedura d’infrazione resta al momento “necessaria“, ma “non siamo ancora a questo punto” e il dialogo con le autorità italiane “continuerà” fino all’ultimo, anche a margine del G20 di questo fine settimana a Buenos Aires, in Argentina.
Moscovici ricorda che gli Stati membri hanno ora una settimana “per decidere se avviare o meno” le raccomandazioni dell’esecutivo Ue, anche se “non ho dubbi sul fatto che la confermerebbero“. “In questo caso – ha precisato – ci sarebbe una nuova raccomandazione” all’Italia. Per il commissario l’avvicinamento tra Roma e Bruxelles è “possibile e necessario” e, quasi a riprendere le parole di Salvini e Di Maio, ha aggiunto che “non si tratta di dare cifre, di citare questa o di quell’altra decimale. O riusciamo ad avvicinarci alle regole o non ci riusciamo”, ha spiegato.
Un modo per chiudere anche la polemica con il vicepremier leghista dopo aver detto nei giorni scorsi che “non ci sarebbe voluta una trattativa da mercanti di tappeti”. “Non volevo certamente dare del mercante di tappeti a Salvini, mi mettevo io stesso in quella stessa categoria – ha precisato Moscovici – In realtà, si tratta di un’espressione francese che significa semplicemente: ‘le regole le applichi o non le applichi‘, anche se le puoi sempre applicare in modo intelligente o flessibile”. Dal canto suo Salvini ha spiegato intanto che non ci sarà nessun nuovo documento che il governo invierà alla Ue sulla manovra: “Spetta al Parlamento approvarla e sarebbe quantomeno ingeneroso che qualcuno dall’Europa prendesse provvedimenti sanzionatori prima ancora che la manovra esista”. Un modo per dire che le trattative continueranno ma che poi a Bruxelles dovrà andar bene il testo che uscirà dal Parlamento. Non ci sarà nessuna revisione formale da mandare ai commissari, ovvero l’ammissione di una retromarcia.
Il vertice a Palazzo Chigi – Una reazione all’apertura dell’esecutivo alla trattativa con l’Ue. Premiata anche dai mercati: lo spread ha aperto in calo, per poi tornare ad assestarsi intorno ai 290 punti base. Un trend che conferma quanto già avvenuto lunedì, con il differenziale tra Btp e Bund crollato di 30 punti dopo che i due vicepremier all’unisono avevano confermato la possibilità di una riduzione del rapporto deficit/pil perché “non ci si attacca ai decimali”. Il vertice di Palazzo Chigi in serata non ha fatto altro che rinsaldare la nuova linea del governo Conte: dopo la cena tra il premier e il presidente della Commissione Juncker, il dialogo con l’Ue è cominciato. E per la prima volta l’Italia muove passi concreti, lavorando su due binari per ridurre spesa e deficit: da un lato la revisione delle stime su pensioni e reddito di cittadinanza, dall’altro l’ampliamento delle spese eccezionali. Il governo punta a un risparmio di 3-4 miliardi di euro, lo 0,2% del Pil: è un segnale, probabilmente però non ancora abbastanza forte, visto che Bruxelles chiede un obiettivo di deficit nel 2019 stabile rispetto al 1,9% di quest’anno. Quindi un taglio da almeno 7-8 miliardi.
Pensioni e reddito – “Confermati gli obiettivi già fissati sulle pensioni e sul reddito di cittadinanza“, senza modificare la platea dei beneficiari e con un decreto per entrambe le misure già entro Natale. Questo hanno raccontato fonti M5s dopo il vertice a Palazzo Chigi. Se da un lato Salvini non è preoccupato da una riduzione dei miliardi stanziati per quota 100, i Cinquestelle infatti non vogliono vedere depotenziata la loro misura bandiera. Ecco quindi che, per non ridurre la platea, i tempi diventano determinanti. Secondo calcoli governativi, uno slittamento del via ad aprile permetterebbe un risparmio di 2,2 miliardi sul costo per il 2019. Sul versante pensioni invece, i tecnici ritengono che i 7 miliardi stanziati siano sovrastimati: ormai è quasi certo che ne basteranno meno perché, ha spiegato lo stesso Salvini, “non tutti” saliranno sul treno anticipato di quota 100. Agendo sul calendario del reddito e sui vincoli per quota 100 il governo punta così a risparmiare 3,6 miliardi.
Le spese eccezionali – L’altra forbice che l’esecutivo vuole utilizzare per ridurre il deficit sarebbe poi, secondo quanto scrive il Sole 24 Ore, l’ampliamento delle spese eccezionali per ascoltare le richieste che arrivano dai Comuni e investire su ponti, strade, altre infrastrutture sensibili. Dopo il crollo del viadotto Morandi e i danni del maltempo in questo autunno. Dei 3-3,5 miliardi di risorse da ridistribuire tra i capitoli di bilancio, due terzi dovrebbero essere destinati così a interventi scomputabili ai fini del deficit. Un piano di investimenti contro il dissesto idrogeologico su cui poggerà appunto la richiesta di escludere dai conti altri due decimali del prodotto interno lordo.
Ma all’Ue le limature non bastano – Si parla di decimali, appunto, quelli su cui Di Maio e Salvini avevano promesso di non dare battaglia. Ma se quanto emerso dal vertice, per il momento a parole, è un segnale di apertura, dall’altro lato al momento non basterà a Bruxelles. In attesa dell’Ecofin, previsto per il 3-4 dicembre, i ministri delle Finanze dei Paesi Ue hanno il compito di dare una loro valutazione sulla manovra italiana. E nessuno degli interlocutori ritiene queste limature una vera svolta. Che avverrebbe invece, scrive il Corriere della Sera, se il governo accettasse di ridiscutere con la Commissione Ue l’intera struttura di reddito e pensioni, con la prima misura vista di gran lunga meglio da Bruxelles rispetto alla seconda. I commissari d’altronde partono da una richiesta di 7-8 miliardi di risparmi, il che significherebbe rivedere l’intera manovra. Per disinnescare la procedura d’infrazione restano circa tre settimane: il dialogo è cominciato e l’Italia ha fatto il suo primo passo, con la scelta degli emendamenti da approvare e la prima sforbiciata alla spesa.