Da mesi sto alla finestra a pensare, rifiutando inviti sia in tv sia a scrivere sui giornali. Le mie esternazioni sono state parche, tanto che qualcuno mi ha accusato di “afonia” nei confronti di un governo che, pro quota, ho appoggiato. Ho votato, infatti, due volte il M5s: una volta nella passata legislatura alla Camera e il 4 marzo 2018 alla Camera e al Senato. Mi sento, quindi, responsabile degli sviluppi, per quanto mi concerne. Anche se alcune scelte dell’attuale governo vanno nella direzione “giusta”, nonostante i modi siano discutibili, mi sento totalmente estraneo allo spirito “ideale” e alla gestione “materiale” dell’azione di governo: Luigi di Maio aveva “ca-te-go-ri-ca-men-te” escluso di fare un governo con la Lega di Salvini. Se lo avesse detto, io e tanti altri mai avremmo votato M5s, nemmeno sotto tortura.
A tradimento consumato coram populo ne vediamo le conseguenze: governa la Lega, la cui prevaricazione da circa un quarto di secolo ha deturpato lo Stato approvando tutte le oscenità di Berlusconi, che ci hanno portato a oggi. Ho votato M5s per buttare a mare la politica di Matteo Renzi e del Pd che avevano venduto l’anima al mercato, al capitalismo degenere e a ogni nefandezza, vergogna di qualsiasi ideale di sinistra. La quale sinistra ha cominciato a rantolare nel 2007 con la “lenzuolata delle liberalizzazioni” di Pier Luigi Bersani. Liberisti senza essere liberali, facendo del Pd la proprietà privata di un bullo d’occasione contro gli operai, contro i loro diritti, contro il lavoro, contro la scuola, contro i poveri che sotto il suo malgoverno sono esplosi alla ragguardevole cifra di 4,5 milioni. Una disfatta!
Il governo povero, Lega-M5s, è nato per colpa del Pd che ha rifiutato consapevolmente qualsiasi compromesso lecito con il M5s, centrato su pochi punti di transizione, rivelandosi subito per quello che era: un contratto d’interesse al rialzo per chi la dice più grossa e per chi arriva prima alle prossime elezioni europee di maggio 2019. Da mesi stiamo assistendo a una gara indecorosa, non di emulazione, ma di competizione al ribasso tra i due “dioscuri”, Matteo e Luigi. Il primo più scafato, il secondo ingenuo e inadeguato. Non ho mai parlato né scritto di loro come responsabili di ritorno al fascismo, perché anche per le grandi tragedie ci vuole physique du rôle e costoro non hanno né physique né rôle. L’improvvisazione li possiede, l’incompetenza li domina e la carenza di classe dirigente con una visione politica lungimirante fa il resto. Costoro mirano a un solo obiettivo: “incassare subito, incassare cash” perché il tempo scorre – ruit hora – inesorabile e la paura che il popolo si accorga del vuoto e della vacuità fa 90, come nella cabala.
È iniziata una deriva morale, culturale e democratica che scivola così in basso che risollevarci sarà difficile, quando la massa amorfa oggi osannante prenderà coscienza della realtà, sbattendo contro la muraglia che, diradata la nebbia, apparirà all’improvviso. Sono passati due anni dal referendum costituzionale del 4 dicembre 2016. Due anni e sembrano due decenni. Il Pd di Renzi e di Boschi, che scelleratamente volevano piegare la Carta alle loro esigenze personali, cozzò contro lo tsunami di un popolo che fece scudo all’anima e al corpo della Carta contro mani impure. I due satrapi mai hanno voluto prenderne coscienza, incolpando il popolo ignorante. Oggi la massa impaurita di una società smembrata, terrorizzata ad arte, vuole la cacciata dello straniero, indifferente al diritto e alle procedure di garanzia, ai principi della Costituzione, manomessa materialmente con parole e comportamenti che, apparentemente goliardici, sono in effetti dirompenti perché incidono sullo spirito solidale che anima la struttura stessa della democrazia, basata sul diritto che corre sui binari definiti dalla Costituzione.
Il Parlamento è esautorato da un governo poco concludente perché, per esigenze vitali, deve sempre stare sul ring a giocare una finta partita di boxe per tenere in tensione la tifoseria che non si pone temi di principio, ma vuole solo godere la vista di chi “le dà meglio”. Il M5s – che del bene comune, della giustizia, delle leggi vergogna di Berlusconi, della devastazione economica e ideale del Pd, dell’ambiente, della lotta ai condoni e tanto altro aveva fatto la sua stella polare – ora è impantanato nella peggiore tradizione democristiana, craxiana, comunista, berlusconista e leghista, varando leggi che la sua stessa base – per altro pancista e superficiale – non può digerire. Ciò accade in nome del governo, cioè per venire incontro a Luigi Di Maio che, se rispetta le leggi del suo sodalizio, non avrà più tempo a disposizione perché, a scadenza di mandato, dovrà lasciare la politica. Il destino della democrazia è legato alla sorte – malasorte – di un individuo, un “personaggetto” senza arte né parte. La notizia tragica però è che in Parlamento non vi è alcuna opposizione degna di questo nome. Il nulla, l’abisso, in nome della sorte di un altro narcisista patologicamente deprimente che fu ed è Matteo Renzi. È un tempo di transizione e tutto ciò deve accadere, ma guai a coloro che ne hanno permesso l’accadimento.
In conclusione, sento il dovere di ringraziare Matteo e Luigi, i due vuoti a perdere, perché la loro azione quotidiana, che racimola consensi tra la “gente di pancia e di panza”, riciclati, opportunisti e predatori di pubblico denaro, comincia a svegliare i dormienti, delusi e addormentati dall’anestesia piddina – e sono tanti – suscitando la voglia di prendere posizione, di non abdicare al dovere, di avere il diritto di “esserci” e opporsi alla politica migratoria razzista e miope, alla politica senza visione, alla distruzione del territorio che sta esalando l’ultimo respiro tra le urla delle mareggiate, delle tempeste, dei terremoti e delle frane. Grazie, Salvini e Di Maio, perché ogni giorno ci dite che se voi siete quello che state dimostrando, è anche responsabilità nostra perché abbiamo dimenticato presto, rintronati dallo scandalo di un Pd suicida e privo di senso di Stato. Che la democrazia, la Costituzione, il diritto, le persone e la loro dignità si difendono ogni giorno con scelte etiche e mai opportunistiche, politiche e mai interessate, istituzionali e mai privatistiche. Noi ci siamo e accettiamo la nomina che deriva dalla Costituzione (art. 1) di essere guardiani della legalità in un’Italia di diritto, in quanto democrazia. L’appello di Gustavo Zagrebelsky alla resistenza civile (la Repubblica del 24 novembre 2018) ne è un fulgido esempio.