Nel solo mese di luglio 2018, l’Italia ha esportato quasi 2 milioni di euro di armi leggere e munizionamenti all’Egitto, secondo i dati forniti dall’Istat. Un affare che si aggiunge a quello di giugno, in cui sono stati forniti 10 milioni di euro di armi pesanti all’Arabia Saudita. Sono questi i primi numeri relativi all’export di armi del neonato governo giallo-verde verso due Paesi che, secondo diverse organizzazioni umanitarie e anche il Movimento 5 Stelle, presentano problemi legati al rispetto dei diritti umani. Sull’Egitto, dopo il colpo di Stato del generale Abd al-Fattāḥ al-Sisi e le conseguenti persecuzioni nei confronti degli oppositori politici, fra tutti gli esponenti dei Fratelli Musulmani, pesano le rivelazioni riguardo alla scomparsa di Giulio Regeni, mentre la vendita di bombe a Riyad va ad alimentare un conflitto, quello in Yemen, che dal 2015, stando ai dati aggiornati ad agosto 2018, ha causato oltre 17mila vittime di cui 10mila in seguito ai bombardamenti della coalizione sotto il comando saudita.
Il dato più sorprendente, se lo si paragona con i numeri degli anni recenti, è quello relativo alle esportazioni di luglio di armi leggere verso l’Egitto. Nel 2015, l’interscambio commerciale è arrivato a superare i 7 milioni di euro. A febbraio 2016 esplode il caso Regeni e di conseguenza cala anche l’export di armamenti verso Il Cairo: circa 1,5 milioni di euro nel 2016 e 2,1 milioni nel 2017. Il 2018 si apre in linea con i numeri registrati nel 2016: nei primi sei mesi l’Italia esporta armi in Egitto per 766mila euro. Poi lo scatto, all’inizio del secondo semestre (e un mese dopo la nascita del governo Conte): quasi 2 milioni di euro di export, quanto registrato in tutto il 2017 e 500mila euro in più rispetto a tutto il 2016. “Non sono ancora disponibili informazioni che ci permettano di capire da quale provincia siano state esportate le armi – spiega Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere (Opal) di Brescia -, ma i dati Istat parlano di ‘armi, munizioni e loro parti ed accessori’. Si può dire con certezza che queste sono destinate a un uso militare perché cifre così alte non si spiegano semplicemente con vendite per uso sportivo”.
Situazione simile, anche se con altre cifre, all’interscambio intrattenuto con l’Arabia Saudita, Paese a tutti gli effetti in guerra. La legge 185/1990 vieta “l’esportazione, il transito, il trasferimento intracomunitario e l’intermediazione di materiali di armamento verso i Paesi in stato di conflitto armato”. Nonostante ciò, il governo a guida Pd ha dato l’autorizzazione alla più grande commessa singola della storia del dopoguerra italiano: 411 milioni di euro di armamenti prodotti dalla Rwm Italia di Domusnovas, in provincia di Carbonia-Iglesias, che corrispondono a circa 20mila bombe. Una commessa fortemente criticata dal Movimento quando era all’opposizione.
Nei primi sei mesi del 2018, l’export relativo a quella commessa è proseguito e ha fatto registrare vendite per 36 milioni di euro di cui, però, oltre 10 milioni solo a giugno, nei primi 30 giorni di vita del nuovo governo. L’esecutivo potrebbe obiettare che, sia nel caso dell’Egitto che in quello dell’Arabia Saudita, si tratta di accordi firmati molto probabilmente dai governi precedenti: “Vero – continua Beretta -, ma il governo ha la responsabilità di non aver sospeso quelle esportazioni, nonostante le richieste di quattro risoluzioni del Parlamento europeo. La preoccupazione, più che legata ad eventuali penali, credo sia da mettere in relazione al timore di perdere futuri contratti nel settore militare anche con altri Paesi dell’area come Emirati Arabi e Qatar. Decidendo di non bloccare le forniture si fa però una scelta precisa: si decide di privilegiare l’aspetto economico sul rispetto dei diritti umani e, aggiungerei, della legge, visto che la 185 del 1990, in proposito, parla chiaro”.
Esponenti dell’ala pentastellata del governo hanno chiesto di bloccare le esportazioni verso questi Paesi, sostenendo che queste avvenivano in violazione della risoluzione non vincolante del Consiglio dell’Unione europea datata agosto 2013, a cui nel 2014 ne è seguita un’altra dei ministri degli Esteri Ue, di sospendere le licenze di esportazione “di ogni tipo di materiale che possa essere utilizzato per la repressione interna” da parte dell’Egitto. Luigi Di Maio, in un post su Facebook pochi giorni dopo lo scoppio del caso Regeni, chiedeva al governo Renzi “di sospendere immediatamente l’export di armi dall’Italia verso Il Cairo, se non vuole rendersi complice del regime di al-Sisi, accusato di una repressione interna e di numerose violazioni dei diritti umani”. Atteggiamento simile a quello tenuto nei confronti delle esportazioni verso la monarchia del Golfo, dopo le rivelazioni del New York Times riguardo all’uso di bombe italiane per bombardare i civili yemeniti.
A settembre il ministro della Difesa Elisabetta Trenta aveva annunciato su Facebook di aver inviato un sollecito al ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi sulle esportazioni di armamenti verso la monarchia degli al-Saud: “Se si configurasse una violazione della legge 185 del 1990, dovremmo interrompere subito l’export e far decadere i contratti in essere”, scriveva Trenta. Cui aveva replicato su Twitter il sottosegretario Guglielmo Picchi: “Il processo autorizzativo italiano per l’export di materiali di difesa con l’Arabia Saudita è rigoroso e coinvolge pienamente il ministero della Difesa – scriveva l’esponente della Lega – Se cambia l’indirizzo politico, il governo sia consapevole di ogni conseguenza negativa occupazionale e commerciale“. Tradotto: interrompere gli accordi causerebbe gravi perdite economiche.
IlFattoQuotidiano.it ha provato a chiedere spiegazioni all’Unità per le autorizzazioni dei materiali d’armamento (Uama), dipartimento del ministero degli Esteri che si occupa di verificare il rispetto delle leggi relative alle esportazioni di armi. La segreteria ha specificato in una mail che “l’Autorità nazionale non rilascia interviste”. Inoltre, va specificato che, come si legge sul sito istituzionale, “le operazioni oggetto della Legge devono essere conformi alla politica estera e di difesa dell’Italia. Esse vengono pertanto autorizzate nell’ambito delle direttive di Governo e Parlamento”. Per questo IlFatto.it ha più volte chiesto spiegazioni, parallelamente, anche alla Farnesina, spiegando di cercare risposte relative agli aumenti delle esportazioni verso l’Egitto (a luglio) e a quelle verso l’Arabia Saudita (a giugno) con il governo Conte in carica. Nelle mail e durante le telefonate, è stato più volte chiesto di conoscere quali siano le politiche del governo e se fosse in programma uno stop all’export verso questi Paesi. Fino ad oggi, nessun portavoce o funzionario del ministero degli Esteri si è reso disponibile a rispondere alle domande.
Nel frattempo, prima la Germania e poi la Danimarca, in seguito all’omicidio del giornalista di origini saudite, Jamal Khashoggi, per mano, secondo funzionari turchi, di uomini dei servizi segreti di Riyad, hanno deciso di interrompere la futura vendita di armi all’Arabia Saudita. Se per Copenaghen questo provvedimento include esclusivamente futuri accordi commerciali con la monarchia del Golfo, quello tedesco ha un effetto retroattivo, imponendo lo stop anche su vendite già approvate.
Twitter: @GianniRosini
Economia
Armi leggere, a luglio boom di vendite dall’Italia all’Egitto: in un mese 2 milioni di euro, quanto in tutto il 2017
Secondo dati Istat, solo in quel mese le esportazioni verso il Cairo hanno toccato i 500mila euro in più rispetto a tutto il 2016, anno in cui venne torturato e ucciso Giulio Regeni. Nel 2016 Di Maio chiedeva al governo Renzi “di sospendere immediatamente l'export, se non vuole rendersi complice del regime di al-Sisi". IlFatto.it ha chiesto alla Farnesina quale sia la linea del nuovo governo sul tema, ma il ministero ha scelto di non rispondere
Nel solo mese di luglio 2018, l’Italia ha esportato quasi 2 milioni di euro di armi leggere e munizionamenti all’Egitto, secondo i dati forniti dall’Istat. Un affare che si aggiunge a quello di giugno, in cui sono stati forniti 10 milioni di euro di armi pesanti all’Arabia Saudita. Sono questi i primi numeri relativi all’export di armi del neonato governo giallo-verde verso due Paesi che, secondo diverse organizzazioni umanitarie e anche il Movimento 5 Stelle, presentano problemi legati al rispetto dei diritti umani. Sull’Egitto, dopo il colpo di Stato del generale Abd al-Fattāḥ al-Sisi e le conseguenti persecuzioni nei confronti degli oppositori politici, fra tutti gli esponenti dei Fratelli Musulmani, pesano le rivelazioni riguardo alla scomparsa di Giulio Regeni, mentre la vendita di bombe a Riyad va ad alimentare un conflitto, quello in Yemen, che dal 2015, stando ai dati aggiornati ad agosto 2018, ha causato oltre 17mila vittime di cui 10mila in seguito ai bombardamenti della coalizione sotto il comando saudita.
Il dato più sorprendente, se lo si paragona con i numeri degli anni recenti, è quello relativo alle esportazioni di luglio di armi leggere verso l’Egitto. Nel 2015, l’interscambio commerciale è arrivato a superare i 7 milioni di euro. A febbraio 2016 esplode il caso Regeni e di conseguenza cala anche l’export di armamenti verso Il Cairo: circa 1,5 milioni di euro nel 2016 e 2,1 milioni nel 2017. Il 2018 si apre in linea con i numeri registrati nel 2016: nei primi sei mesi l’Italia esporta armi in Egitto per 766mila euro. Poi lo scatto, all’inizio del secondo semestre (e un mese dopo la nascita del governo Conte): quasi 2 milioni di euro di export, quanto registrato in tutto il 2017 e 500mila euro in più rispetto a tutto il 2016. “Non sono ancora disponibili informazioni che ci permettano di capire da quale provincia siano state esportate le armi – spiega Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere (Opal) di Brescia -, ma i dati Istat parlano di ‘armi, munizioni e loro parti ed accessori’. Si può dire con certezza che queste sono destinate a un uso militare perché cifre così alte non si spiegano semplicemente con vendite per uso sportivo”.
Situazione simile, anche se con altre cifre, all’interscambio intrattenuto con l’Arabia Saudita, Paese a tutti gli effetti in guerra. La legge 185/1990 vieta “l’esportazione, il transito, il trasferimento intracomunitario e l’intermediazione di materiali di armamento verso i Paesi in stato di conflitto armato”. Nonostante ciò, il governo a guida Pd ha dato l’autorizzazione alla più grande commessa singola della storia del dopoguerra italiano: 411 milioni di euro di armamenti prodotti dalla Rwm Italia di Domusnovas, in provincia di Carbonia-Iglesias, che corrispondono a circa 20mila bombe. Una commessa fortemente criticata dal Movimento quando era all’opposizione.
Nei primi sei mesi del 2018, l’export relativo a quella commessa è proseguito e ha fatto registrare vendite per 36 milioni di euro di cui, però, oltre 10 milioni solo a giugno, nei primi 30 giorni di vita del nuovo governo. L’esecutivo potrebbe obiettare che, sia nel caso dell’Egitto che in quello dell’Arabia Saudita, si tratta di accordi firmati molto probabilmente dai governi precedenti: “Vero – continua Beretta -, ma il governo ha la responsabilità di non aver sospeso quelle esportazioni, nonostante le richieste di quattro risoluzioni del Parlamento europeo. La preoccupazione, più che legata ad eventuali penali, credo sia da mettere in relazione al timore di perdere futuri contratti nel settore militare anche con altri Paesi dell’area come Emirati Arabi e Qatar. Decidendo di non bloccare le forniture si fa però una scelta precisa: si decide di privilegiare l’aspetto economico sul rispetto dei diritti umani e, aggiungerei, della legge, visto che la 185 del 1990, in proposito, parla chiaro”.
Esponenti dell’ala pentastellata del governo hanno chiesto di bloccare le esportazioni verso questi Paesi, sostenendo che queste avvenivano in violazione della risoluzione non vincolante del Consiglio dell’Unione europea datata agosto 2013, a cui nel 2014 ne è seguita un’altra dei ministri degli Esteri Ue, di sospendere le licenze di esportazione “di ogni tipo di materiale che possa essere utilizzato per la repressione interna” da parte dell’Egitto. Luigi Di Maio, in un post su Facebook pochi giorni dopo lo scoppio del caso Regeni, chiedeva al governo Renzi “di sospendere immediatamente l’export di armi dall’Italia verso Il Cairo, se non vuole rendersi complice del regime di al-Sisi, accusato di una repressione interna e di numerose violazioni dei diritti umani”. Atteggiamento simile a quello tenuto nei confronti delle esportazioni verso la monarchia del Golfo, dopo le rivelazioni del New York Times riguardo all’uso di bombe italiane per bombardare i civili yemeniti.
A settembre il ministro della Difesa Elisabetta Trenta aveva annunciato su Facebook di aver inviato un sollecito al ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi sulle esportazioni di armamenti verso la monarchia degli al-Saud: “Se si configurasse una violazione della legge 185 del 1990, dovremmo interrompere subito l’export e far decadere i contratti in essere”, scriveva Trenta. Cui aveva replicato su Twitter il sottosegretario Guglielmo Picchi: “Il processo autorizzativo italiano per l’export di materiali di difesa con l’Arabia Saudita è rigoroso e coinvolge pienamente il ministero della Difesa – scriveva l’esponente della Lega – Se cambia l’indirizzo politico, il governo sia consapevole di ogni conseguenza negativa occupazionale e commerciale“. Tradotto: interrompere gli accordi causerebbe gravi perdite economiche.
IlFattoQuotidiano.it ha provato a chiedere spiegazioni all’Unità per le autorizzazioni dei materiali d’armamento (Uama), dipartimento del ministero degli Esteri che si occupa di verificare il rispetto delle leggi relative alle esportazioni di armi. La segreteria ha specificato in una mail che “l’Autorità nazionale non rilascia interviste”. Inoltre, va specificato che, come si legge sul sito istituzionale, “le operazioni oggetto della Legge devono essere conformi alla politica estera e di difesa dell’Italia. Esse vengono pertanto autorizzate nell’ambito delle direttive di Governo e Parlamento”. Per questo IlFatto.it ha più volte chiesto spiegazioni, parallelamente, anche alla Farnesina, spiegando di cercare risposte relative agli aumenti delle esportazioni verso l’Egitto (a luglio) e a quelle verso l’Arabia Saudita (a giugno) con il governo Conte in carica. Nelle mail e durante le telefonate, è stato più volte chiesto di conoscere quali siano le politiche del governo e se fosse in programma uno stop all’export verso questi Paesi. Fino ad oggi, nessun portavoce o funzionario del ministero degli Esteri si è reso disponibile a rispondere alle domande.
Nel frattempo, prima la Germania e poi la Danimarca, in seguito all’omicidio del giornalista di origini saudite, Jamal Khashoggi, per mano, secondo funzionari turchi, di uomini dei servizi segreti di Riyad, hanno deciso di interrompere la futura vendita di armi all’Arabia Saudita. Se per Copenaghen questo provvedimento include esclusivamente futuri accordi commerciali con la monarchia del Golfo, quello tedesco ha un effetto retroattivo, imponendo lo stop anche su vendite già approvate.
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Roma, 4 feb. (Adnkronos) - Disagi in vista oggi in Lombardia per chi si sposta in treno. Dalle 3 di mercoledì 5 febbraio 2025 alle 2 di giovedì 6 il sindacato Orsa ha proclamato una giornata di sciopero che potrà generare ripercussioni al servizio Regionale, Suburbano, Aeroportuale e la Lunga Percorrenza di Trenord. Viaggeranno i treni con partenza prevista dopo le 6 e dopo le 18, con arrivo previsto entro le 9 ed entro le 21.
Nel caso di cancellazione dei treni del servizio aeroportuale, saranno istituiti bus senza fermate intermedie tra: Milano Cadorna e Malpensa Aeroporto per il Malpensa Express. Da Milano Cadorna gli autobus partiranno da via Paleocapa 1. Stabio e Malpensa Aeroporto per il collegamento aeroportuale S50 Malpensa Aeroporto – Stabio.
Disagi in vista anche per chi viaggia in aereo con lo sciopero del personale delle aziende di handling associate a Assohandlers indetto dalla Flai Trasporti e Servizi.
Cagliari, 04 feb. - (Adnkronos) - È morto il principe Karim Aga Khan, fu lui il 14 marzo del 1962 a fondare il Consorzio Costa Smeralda e portare al centro del mondo un angolo di Sardegna. "Non abbiamo parole. Solo una: grazie", è il commento ufficiale del Consorzio. L'annuncio ufficiale della scomparsa arriva dall'Aga Khan Development Network. "Sua Altezza il principe Karim Al-Hussaini, Aga Khan IV, 49° Imam ereditario dei musulmani sciiti ismailiti e diretto discendente del profeta Maometto (pace sia con lui), è deceduto pacificamente a Lisbona il 4 febbraio 2025, all'età di 88 anni, circondato dalla sua famiglia". A breve è previsto l'annuncio del suo successore.
"I leader e lo staff dell'Aga Khan Development Network porgono le nostre condoglianze alla famiglia di Sua Altezza e alla comunità ismailita di tutto il mondo - si legge in una nota -. Mentre onoriamo l'eredità del nostro fondatore, il principe Karim Aga Khan, continuiamo a lavorare con i nostri partner per migliorare la qualità della vita degli individui e delle comunità in tutto il mondo, come lui desiderava, indipendentemente dalle loro appartenenze religiose o origini".
Roma, 4 feb. (Adnkronos) - "La presidente del Consiglio riferisca in Parlamento sulla vicenda Almasri. Prima lo farà, prima potrà occuparsi dei gravi problemi del Paese e tentare qualche soluzione alla crisi industriale, al Pil che ristagna, alla sanità ormai alla deriva. Perda meno tempo nella comunicazione social e ne trovi per cose più gravi e urgenti. Chi la segue nei suoi video e poi legge la bolletta della luce e del gas comincia a chiedersi come mai tanta distanza fra la realtà e la rappresentazione che ne dà Meloni. Sulla vicenda Almasri ci metta la faccia, ma in Parlamento e non su X o Instagram. Solo così potrà chiudere una vicenda gestita male e conclusa peggio". Lo dice Daniela Ruffino di Azione.
Roma, 4 feb. (Adnkronos) - Fdi e Lega all'attacco del Pd sull'inchiesta campana sul favoreggiamento dell'immigrazione clandestina che vede coinvolto il tesoriere regionale dem, Nicola Salvati, già sospeso ieri dal partito. "Siamo sconcertati da queste notizie che coinvolgono i 'buoni e generosi' del Pd. Se le accuse fossero confermate sarebbe gravissimo", attacca direttamente Matteo Salvini via social. Anche la premier Giorgia Meloni dedica un post alla vicenda sottolineando come l'inchiesta campana confermi "ancora una volta quanto denunciato dal Governo: per anni, la gestione dei flussi migratori è stata terreno fertile per criminali senza scrupoli". La premier garantisce: "Continueremo a lavorare per ristabilire regole serie e legalità".
Non tarda la replica dei dem che, dopo aver sospeso ieri Salvati, oggi hanno incaricato il tesoriere nazionale del Pd, Michele Fina, di assumere la gestione della tesoreria regionale. "Quanto al merito della vicenda, oltre ad averlo rimosso dall'incarico di tesoriere, dopo un secondo lo abbiamo immediatamente sospeso in via cautelare dall'anagrafe degli iscritti del Pd -sottolinea lo stesso Fina-. E' giusto il caso di osservare che una ministra della Repubblica, rinviata a giudizio per falso in bilancio e sotto indagine per truffa ai danni dello Stato, siede ancora tranquillamente al suo posto. Prego di notare le differenze".
Nella vicenda intervengono anche i 5 Stelle. Il capogruppo Riccardo Ricciardi va giù duro: "Per qualsiasi percorso di alleanza, nazionale o territoriale, ci vuole la massima intransigenza. Ci auguriamo che chi vuole sottoscrivere un accordo con i 5 stelle faccia una pulizia totale in casa propria". Una 'pulizia' che in Campania la stessa Elly Schlein ha come obiettivo. Giuseppe Conte ricorda come "l'etica pubblica è fondamentale" per i 5 Stelle ma è su Meloni che il leader M5S batte, anche su questa vicenda. E a stretto giro ribatte via social al post della premier. "Non posso crederci: Meloni, davvero hai fatto un post per denunciare che l’'immigrazione non può essere lasciata in balia della criminalità'? Cioè tu scappi dal Parlamento per non spiegare agli italiani perché hai rimpatriato con volo di Stato un boia, con accuse di stupri di bambini, al centro dei traffici di migranti e oggi te ne esci con un post così? Ma davvero ti sei convinta che noi italiani siamo tutti idioti a eccezione di te, tua sorella e dei tuoi stretti sodali? Per farti tornare alla realtà ti allego due immagini: in una il criminale Almasri che scende dal volo di Stato, nell'altra una notizia di qualche mese fa dai comuni d'Italia".
Roma, 4 feb. (Adnkronos) - “Giorgia Meloni continua a fuggire dal parlamento preferendo parlare continuamente sui social, quasi fosse una influencer e non la Presidente del Consiglio. Manda i due ministri, Nordio e Piantedosi, che avevano fatto saltare la precedente informativa con una motivazione menzognera: siccome c'era il segreto istruttorio e per rispetto delle indagini, non avrebbero potuto partecipare. Mentivano sapendo di mentire". Così Angelo Bonelli, parlamentare di AVS e portavoce di Europa Verde.
"Perché la Legge Costituzionale n°1 del 16 gennaio 1989, all'articolo 6, stabilisce in modo inequivocabile che il procuratore invia la denuncia al tribunale dei ministri senza svolgere alcuna indagine. È quindi evidente che gli interessati sapevano che non ci sono indagini e che non c'è alcun segreto istruttorio da rispettare. Infatti, domani i ministri Piantedosi e Nordio si presentano a Montecitorio per l'informativa. Si presentano per non far venire la premier Meloni: colei che ha accusato l'opposizione, in particolar modo Alleanza Verdi e Sinistra, di essere amici dei trafficanti di esseri umani".
"Ora l'Italia e l'opinione pubblica internazionale hanno la prova che lei è amica e complice dei trafficanti di esseri umani. Giorgia Meloni venga in Aula a spiegare perché! È ora di farla finita con il complottismo e il vittimismo da propaganda di Giorgia Meloni, che sparge sui social e nelle trasmissioni televisive amiche", conclude Bonelli.
Civitavecchia, 4 feb. (Adnkronos) - "Sono in corso i lavori per la costruzione del nuovo Terminal Donato Bramante che, ci auguriamo, sarà pronto entro la seconda parte del 2025. Sarà una struttura completamente green che migliorerà l’esperienza dei crocieristi che vengono qui a Civitavecchia. Abbiamo inoltre completato l’impianto fotovoltaico del Terminal Vespucci, che quindi sarà interamente alimentato da energia rinnovabile. Stiamo lavorando sul rinnovamento del design del Terminal 10 per poi trasferirlo al 18 e che sarà dedicato alle navi boutique, a conferma della vocazione di Civitavecchia come hub europeo principale per questo genere di imbarcazioni". Ad affermarlo è John Portelli, Direttore Generale della Roma Cruise Terminal (Rct) alla conferenza stampa che si è tenuta presso la Sala Comitato dell’AdSP – Molo Vespucci snc a Civitavecchia – illustrando i molteplici interventi infrastrutturali che stanno rendendo il porto di Civitavecchia sempre più funzionale ed ecosostenibile.
"Ma ci sono altri progetti importanti che vedono il ripensamento di tutta l’area portuale di Civitavecchia – continua Portelli -, i nuovi varchi che saranno inaugurati nel 2025, il ponte che collegherà questa parte del porto con le banchine delle crociere. E poi, le nuove bitte di 300 tonnellate che sono piuttosto rare nei porti italiani e che sono fondamentali per dare flessibilità agli ormeggi, specialmente per le grandi navi che si fermano nel porto di Civitavecchia".
Civitavecchia, 4 feb. (Adnkronos) - "Dopo aver superato la soglia dei 3 milioni di turisti in transito nel porto di Civitavecchia, l’anno scorso, traguardo mai raggiunto da nessun porto in Italia, oggi celebriamo il risultato di 3.459.000, un risultato importantissimo e straordinario, non solo su base nazionale, ma europeo e mondiale, visto che siamo secondi – e, ormai, di poco – solo a Barcellona, e contiamo di superarla in un paio d’anni, posizionandoci ormai tra i primi sei porti crocieristici al mondo". Ad affermarlo è Pino Musolino, Commissario Straordinario dell’AdSP del Mar Tirreno Centro Settentrionale, in occasione della conferenza stampa che si è tenuta presso la Sala Comitato dell’AdSP – Molo Vespucci snc a Civitavecchia – per illustrare i dati delle crociere del 2024 e le prospettive di sviluppo del traffico crocieristico.
"Un altro dato importante – continua Musolino – riguarda anche l’effetto che le crociere turnaround, cioè che partono e arrivano a Civitavecchia hanno prodotto sui servizi di ricettività della città. Il 79% degli operatori di bed and breakfast o di alberghi dichiara che senza le crociere il loro lavoro sarebbe fortemente penalizzato. Parliamo di ristoranti, parcheggi fuori dal porto un’industria che produce tanto lavoro in molti settori”. Un indotto che non favorisce solo Civitavecchia, ma di cui beneficia, ovviamente, oltre alla città di Roma, meta di riferimento per i turisti delle crociere, anche tutto il territorio laziale. “In questi anni, siamo riusciti a mandare oltre 20.000 persone in località come Viterbo e Bomarzo", conclude il Commissario Straordinario dell’AdSP del Mar Tirreno Centro Settentrionale.