In 'Ragazzi di stadio - Quarant’anni dopo', il merito di Segre è quello di portare lo spettatore all’interno di un settore quasi inaccessibile per un “profano”. Ciò che manca è, invece, il riferimento alle infiltrazioni della criminalità organizzata nella Curva Sud per il bagarinaggio e al suicidio di Ciccio Bucci
È un viaggio all’interno di uno dei gruppi ultras più forti d’Italia, i Drughi del secondo anello della Curva Sud, la “Scirea”, dello Juventus Stadium. Quaranta anni dopo due film cult per gli amanti del mondo ultras, Il potere deve essere bianconero e Ragazzi di stadio, il regista Daniele Segre torna a dar voce a questa parte della società, spesso impenetrabile e controversa, con Ragazzi di stadio – Quarant’anni dopo, prodotto da “I Cammelli” con Rai Cinema in associazione con 13 Productions e presentato in anteprima ieri pomeriggio al Torino Film Festival. “Da quei primi film è cambiato tutto”, spiega Segre: “Quarant’anni fa era un fenomeno che si stava definendo. Aveva aspetti pioneristici e poetici”, dice. In mente tornano le parole di Beppe Rossi, il fondatore dei Fighters nel 1977, uno dei protagonisti di “Ragazzi di stadio” insieme a Joe (Salvatore Genova) e Giovanni Margaro degli Ultras Granata, ragazzi che – confrontati ai protagonisti del tifo di oggi – sembrano naïf e romantici: “Era l’inizio di un viaggio. Oggi sono dei gruppi molto organizzati. È cambiato proprio tutto”.
Il merito di Segre è quello di portare lo spettatore all’interno di un settore quasi inaccessibile per un “profano”: “Dalla mia avevo l’esperienza pregressa dei due film che sono dei cult per gli appassionati – spiega -. Sono ancora presenti nelle memorie dei protagonisti, così queste persone mi hanno aperto le porte e mi hanno dato fiducia”. Sono gli stessi ultras i protagonisti assoluti che parlano senza il filtro dell’autore: “Provo a fornire allo spettatore uno spunto di riflessioni senza pregiudizi – dice il regista -. Loro entrano in scena senza maschere”. I Drughi, molti ormai adulti, si raccontano senza troppi infingimenti, se non la loro fierezza e spavalderia. Spiegano il senso del gruppo, la loro identità, l’organizzazione (col “capoguerra”, il “lanciacori” e gli “striscionisti”, ad esempio), i riti e i codici. “Si parla di ultras. Non c’è violenza, c’è uno scontro”, dice uno, mentre un altro spiega la mentalità: “Se trovo gente come me ci picchiamo, poi alla fine lui se ne va e io me ne vado. Io non denuncio nessuno e lui non denuncia nessuno”. Nonostante i processi e i Daspo, la violenza resiste e se qualcuno finisce dentro il gruppo si dà da fare per trovare l’avvocato e sopperire alle necessità del carcerato. Si parla anche dell’essere fieramente di destra. “Alla fine degli anni Settanta c’erano elementi espressivi legati all’estrema sinistra nella gestualità, negli slogan, nei cori e nel modo di vestire – ricorda Segre -. Autonomia bianconera, gruppi armati bianconeri… Ora tutto si è trasformato in destra”. “La nostra curva, in particolare noi Drughi al secondo anello, segue ideali di destra – spiega uno di questi tifosi nel film -. Ne andiamo orgogliosi”. Seguono i filmati dei cortei nelle strade di Torino durante i quali il gruppo intona “Boia chi molla” e “Camicia nera” alzando il braccio destro. E i cori che costano alla Juventus alcune multe per la “discriminazione territoriale”, come l’ultima da 15mila per i cori contro i napoletani di sabato? “Non lo chiamerei odio. Non c’è razzismo – dice un altro tifoso nel corso del film -. Razzismo non è cantare la canzone ‘Vesuvio lavali col fuoco’, ‘Firenze in fiamme’ o urlare a un giocatore ‘Negro’. Quello è uno sfottò”.
Ciò che manca è, invece, il riferimento ai fatti di cronaca degli ultimi anni, alle infiltrazioni della criminalità organizzata nella Curva Sud per il bagarinaggio e al suicidio di Ciccio Bucci, che è stato un appartenente ai Drughi prima del suo “esilio” e del suo ritorno a Torino per lavorare come uomo di raccordo tra gruppi della tifoseria organizzata, Digos e club. Comprare in video, in una delle rare immagini a disposizione, Dino Mocciola, ritenuto il capo dei Drughi, “daspato” e sorvegliato speciale in seguito all’operazione “Alto Piemonte”: non è stato indagato, ma la Cassazione – confermando la sorveglianza speciale – mette nero su bianco che è “stato interlocutore privilegiato di esponenti della ‘ndrangheta al fine di concordare l’ingresso di un nuovo gruppo di tifosi nello stadio”. Di questa evoluzione della Curva Sud i tifosi non ne parlano: “Quello è più materiale per giornalismo d’inchiesta – conclude il regista Segre -. Non sono di competenza del mio film. Io sono entrato in questa realtà per raccontarla”.