Lanciata in Giappone nel dicembre del 1994, ed arrivata in Europa ed USA il settembre seguente, la PlayStation ha lasciato il suo segno nella storia dei videogame. Il 3 Dicembre, a 24anni dal lancio, arriverà sugli scaffali dei principali rivenditori la PlayStation Classic, una riedizione in miniatura della fortunata console di Sony dotata di due controller USB e con precaricati a bordo 20 giochi.
Come per le altre mini console uscite negli ultimi anni, anche quella di Sony cerca di attingere a piene mani nella nostalgia di chi ha avuto modo di giocare con l’originale, partendo dal design fedele a quello della console di fine ’94, ma con dimensioni molto ridotte (il lato più lungo ha la medesima lunghezza di una Bic), così come i materiali utilizzati che ricordano al tatto l’originale; le cose cambiano a partire dall’interno, dove al posto del datato hardware e software della PlayStation trova posto un sistema di emulazione basato su componentistica più recente (dovrebbe trattarsi di una piattaforma con SoC ARM), per proseguire sulla parte posteriore dove trovano posto una porta microUSB per l’alimentazione ed una porta HDMI (posizionati però in posizioni simili ai connettori originali per alimentazione e segnale audovisivo), e sul frontale dove trovano posto due porte usb per i joypad al posto di quelli originali.
Una volta sconfezionata e pronta per collegarla alla TV dovrete però procurarvi un alimentatore USB, infatti in dotazione alla console troverete oltre al cavo HDMI il cavetto d’alimentazione microUSB, ma niente spina; per collegare la piccola PlayStation alla presa di corrente dovrebbero andare più che bene gli alimentatori in dotazione alla maggiorparte dei tablet e smartphone, ma a nostro parere sarebbe stato preferibile da parte del produttore inserirne uno nella confezione. Una volta completato i collegamenti ed avviata mediante il pulsante d’accensione inizierete il vostro tuffo nel passato a partire dal nostalgico suono d’avvio della console che precede il lancio dell’OS della console.
L’interfaccia del sistema della mini console di Sony è abbastanza intuitivo, si può scorrere tra i giochi (purtroppo solo a rotazione), avviarli o gestire le memory card virtuali ed i punti di ripristino ad essi associati; per mantenere il senso di familiarità col passato, anche gli altri due pulsanti presenti nella parte superiore della console offrono delle funzioni simili a quelle che abbracciavano in passato: il pulsante Reset permette di uscire dal gioco, solo che invece di riavviare la console vi riporterà alla schermata di selezione dei giochi creando al contempo un punto di ripristino della partita in corso, il pulsante Open invece, in assenza del lettore CD e relativo sportello, viene usato dal software per emulare il cambio del CD nei titoli tra quelli inclusi che erano suddivisi fra più dischi.
Parlando dei giochi, la lista dei 20 della PlayStation Classic in parte delude: anche se sono presenti capolavori come Final Fantasy VII e Metal Gear Solid, così come l’originale Rainbow Six -la cui trama è basata sull’omonimo libro di Tom Clancy- ed il primo Resident Evil, si sente la mancanza di tanti altri classici che hanno contribuito alla fama della console di Sony a partire dai Crash Bandicoot e dagli Spyro (oggetto però recentemente di due remastered), arrivando a Silent Hill, passando per i Gran Turismo; al loro posto troviamo dei validi sostituti in Ridge Racer Type 4 e Syphon Filter, ma anche dei titoli come Super Puzzle Figher II Turbo e MrDriller che sembrano essere presente quasi solo per far numero.
Il vero problema dei giochi presenti sulla retroconsole di Sony è quello che ai tempi rappresentava il loro punto di forza: il 3D. Vent’anni fa molti di quei titoli rappresentavano le vette della grafica 3D del tempo, grafica per cui al tempo si rimaneva sbalorditi e si parlava di realismo, ma, a differenza di 2D e pixel art, da allora la grafica tridimensionale ha fatto passi da gigante, e provare solo lontanamente a fare un confronto sarebbe letteralmente come sparare sulla crocerossa, la dura realtà è che la grafica 3D invecchia male, e lo si vede ancora di più sulle TV moderne. Quindi per goderseli l’imperativo è mettere da parte i gloriosi ricordi della spettacolarità grafica, ed assaporare quello che di buono hanno ancora da offrire dal punto di vista della trama o del gameplay.
Passando invece ai controller, nonostante siano ben fatti e ricordino con piacere il feel dei controller originali, la scelta del layout classico penalizza un po la godibilità dei giochi usciti nell’era del celebre “dual-shock“, sia per l’assenza del force feedback sia per l’assenza dei due stick analogici.